Come posso contestare un accertamento fiscale?
I motivi più frequenti di nullità dell’atto impositivo e la procedura per difendersi, con ricorso tributario o direttamente davanti all’Agenzia delle Entrate.
I rilievi per imposte e tasse non pagate possono colpire i contribuenti in qualsiasi momento, e spesso costituiscono una vera e propria mazzata, visto l’elevato ammontare delle cifre richieste per il tributo presuntivamente evaso, più sanzioni e interessi. Perciò, se hai ricevuto, o temi di ricevere, un atto impositivo dall’Agenzia delle Entrate ti chiederai: come posso contestare un accertamento fiscale?
A volte il Fisco contesta errori commessi in buona fede, od omissioni che non ci sono, e ricostruisce i redditi personali ed i ricavi professionali o d’impresa in modo presuntivo, ma in realtà il contribuente non ha affatto guadagnato quelle somme. Si tratta di capire come evidenziare gli elementi a proprio favore, in modo da far desistere l’Agenzia delle Entrate dalla propria pretesa impositiva.
In questo articolo ti spiegheremo gli step da seguire, sia a livello amministrativo, per ottenere l’annullamento o lo sgravio in autotutela, sia sotto il profilo giudiziario, se si preferisce impugnare l’avviso di accertamento presentando ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria (l’ex Commissione tributaria).
Lettere di compliance e avvisi bonari
Siccome prevenire è meglio che curare, da qualche anno l’Agenzia delle Entrate invia periodicamente a milioni di contribuenti italiani delle lettere di compliance, o avvisi bonari, invitando gli interessati a mettersi in regola spontaneamente.
È un avvertimento anticipato per comunicare determinate violazioni, formali o sostanziali, rilevate dagli uffici specialmente in fase di controllo delle dichiarazioni dei redditi presentate. Se il contribuente accetta la contestazione, potrà pagare sanzioni ridotte, evitando l’arrivo dell’avviso di accertamento vero e proprio. Si può anche versare il dovuto a rate.
Leggi “Comunicazioni di irregolarità dall’Agenzia Entrate: cosa fare“.
Quando arriva l’accertamento fiscale
Ultimamente l’Agenzia delle Entrate è diventata molto più rapida rispetto al passato nell’emanare gli avvisi di accertamento, che vengono inviati ai contribuenti non più a ridosso dello spirare dei termini di prescrizione, come avveniva fino a qualche anno fa, ma con largo anticipo: grazie all’automazione, i tempi di lavorazione delle dichiarazioni dei redditi e di esecuzione dei controlli automatizzati si sono notevolmente ridotti, e in genere gli avvisi di accertamento arrivano dopo due o tre anni rispetto alla scadenza non rispettata, e anche prima quando si tratta di versamenti omessi a fronte di tributi regolarmente esposti in dichiarazione.
Bisogna ricordare che l’Agenzia delle Entrate ha 5 anni di tempo per controllare le dichiarazioni dei redditi presentate, e il termine si estende a 7 anni in caso di dichiarazione omessa. Leggi “Quanti anni di tempo ha l’Agenzia delle Entrate per fare accertamenti“, e tieni presente che, se questi termini non vengono rispettati, l’atto emanato è invalido per intervenuta decadenza dal potere di accertamento, e potrà essere annullato dal giudice tributario.
Accertamento a seguito di verifica fiscale
L’avviso di accertamento può sorgere anche a seguito di un’attività di verifica fiscale intrapresa dalla Guardia di Finanza o dalla stessa Agenzia delle Entrate, quando i militari o i funzionari si recano presso la sede del contribuente per effettuare accessi, controlli ed ispezioni.
In questa delicata fase, il contribuente può esercitare una serie di prerogative sin dal momento dell’accesso fisico degli ispettori presso la sede o l’abitazione. In particolare, ha diritto all’esibizione dell’ordine di servizio e a ricevere una copia del verbale delle operazioni di verifica giornaliere, nonché del processo verbale di constatazione (Pvc) redatto al termine delle operazioni e contenente la descrizione dei rilievi mossi.
Leggi “Come proteggere i miei diritti durante un controllo fiscale“.
Contraddittorio preventivo e nullità dell’accertamento
In queste situazioni di controllo diretto, inoltre, la difesa del contribuente è anticipata, perché esistono precise garanzie in suo favore. Tra queste, vi è l’obbligo di contraddittorio preventivo sui rilievi formulati: il contribuente deve essere messo in condizioni di interloquire e di presentare le proprie osservazioni a difesa, che devono essere valutate dall’ufficio impositore, e non possono, pertanto, essere trascurate.
In particolare, se l’avviso di accertamento viene emanato prima della scadenza di 60 giorni (decorrenti dalla data di consegna del processo verbale di constatazione), è nullo – salvi i casi di comprovata urgenza, che devono essere dimostrati dall’ufficio – e potrà essere impugnato davanti al giudice tributario [2].
Avvisi di accertamento: contenuto minimo
Gli avvisi di accertamento devono avere, per legge [3], un contenuto minimo, e inderogabile, che comprende:
- i valori dei componenti di reddito rettificati, con il maggior imponibile accertato e le correlative imposte liquidate in base alle aliquote vigenti;
- il calcolo degli interessi applicati e delle sanzioni irrogate;
- l’indicazione dell’ufficio presso il quale ottenere informazioni e il nominativo del funzionario responsabile del procedimento;
- l’organo giudiziario presso cui è possibile presentare ricorso e l’autorità amministrativa competente a ricevere le istanze di riesame in autotutela;
- gli istituti che consentono la definizione agevolata dell’accertamento o la riduzione delle sanzioni, come l’accertamento con adesione, e i modi per aderirvi;
- la sottoscrizione del capo dell’Ufficio o di un suo funzionario delegato (che deve appartenere alla carriera direttiva) e può essere apposta anche con la firma digitale;
- l’intimazione a pagare entro 60 giorni dalla notifica, con l’avvertenza che, in mancanza, l’Agente di riscossione avvierà le procedure di esecuzione forzata.
Va evidenziato che, dal 2010, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate sono atti esecutivi, al pari delle cartelle di pagamento, e perciò possono fondare la riscossione coattiva dopo che è spirato il termine di 60 giorni senza che il contribuente abbia pagato o proposto ricorso.
Accertamento fiscale: gli errori più comuni
Gli errori più comuni contenuti negli avvisi di accertamento possono essere di due tipi:
- formali – come il mancato rispetto della procedura di notificazione, specialmente se la consegna dell’atto è avvenuta a persone diverse dal diretto interessato, o l’errata individuazione del destinatario della pretesa impositiva, come spesso accade quando l’atto è indirizzato a soci di società estinte o a eredi per sanzioni del contribuente defunto, che essi non sono tenuti a pagare;
- di natura sostanziale, come l’omessa o insufficiente motivazione: l’Agenzia delle Entrate deve sempre esplicitare, nell’avviso di accertamento, le ragioni della pretesa impositiva, altrimenti l’atto è annullabile [4]. Lo stesso onere si estende al calcolo degli interessi e all’irrogazione delle sanzioni applicabili alla fattispecie.
Leggi “Come contestare avviso di accertamento privo di motivazione“.
Avviso di accertamento: la firma
La firma autografa e manoscritta dell’estensore, invece, non è più un requisito di validità dell’atto, da quando, negli anni Novanta, è stata introdotta la possibilità di sottoscrizione meccanizzata degli atti della Pubblica Amministrazione, che ormai nascono direttamente in formato informatico: in tali casi è necessaria, e sufficiente, la firma del Capo dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, o di un funzionario da questi delegato [1].
Leggi “Come contestare accertamento fiscale senza firma“.
Avviso di accertamento: la delega
La delega di firma rilasciata dal capo ufficio deve essere scritta, deve esporre le ragioni di servizio che l’hanno resa necessaria, e e va esibita in caso di contestazioni (ma non deve essere allegata all’avviso di accertamento notificato: basta che in esso venga richiamata con gli estremi del provvedimento).
In ogni caso la delega, per essere valida, va conferita ad un funzionario della carriera direttiva, non a un semplice impiegato. Leggi “Come contestare accertamento fiscale con delega“.
Avviso di accertamento notificato via Pec
Sono frequentissimi i casi di avviso di accertamento notificato via Pec, la posta elettronica certificata, che dal 2016 è obbligatoria per imprenditori e professionisti, e dal 2023 è diventata facoltativa anche per i privati, che possono creare il proprio “domicilio digitale” dotandosi di una casella Pec personale e iscrivendosi al registro Inad (indice nazionale dei domicili digitali), in modo da evitare le consegne tramite le tradizionali lettere raccomandate.
Mentre l’avviso di accertamento recapitato in forma cartacea deve contenere, oltre alla firma digitale di cui abbiamo parlato, anche un’esplicita attestazione di conformità all’originale, altrimenti è nullo, questa formalità non è necessaria quando la notifica avviene a mezzo Pec. In tali casi è sufficiente la firma digitale, con un file che avrà l’estensione “p7m”, ma la giurisprudenza ritiene valida anche la notifica dell’avviso di accertamento in formato pdf, se la casella del mittente è inequivocabilmente riconducibile all’Agenzia delle Entrate ed è inserita nel registro Ipa.
Leggi “Notifica cartella con Pec: come contestare“.
Come annullare un accertamento fiscale
Sulla base dei motivi di nullità e di invalidità che abbiamo esposto, o degli altri ravvisabili nella situazione concreta (per la casistica completa, leggi “Quando l’avviso di accertamento è nullo“), è possibile annullare l’accertamento fiscale in due modi:
- esercitando l’autotutela, cioè rivolgendosi direttamente all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emanato l’atto impositivo, per chiedere il riesame della posizione e lo sgravio dei tributi richiesti e/o delle sanzioni irrogate, spiegando perché si ritiene non dovuta la pretesa e allegando l’eventuale documentazione utile a sostegno della propria tesi;
- proponendo ricorso alla Corte di Giustizia tributaria di primo grado territorialmente competente, ed elencando i motivi in base ai quali si richiede l’annullamento dell’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate sarà controparte nel giudizio e, se decide di costituirsi, potrà presentare, nel corso della causa, le proprie deduzioni e osservazioni. Il ricorso va presentato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto da impugnare (fa fede la data di avvenuta notifica).
Ricorso contro accertamento fiscale: particolarità
È importante notare che l’autotutela non sospende né interrompe i termini di 60 giorni per proporre ricorso giurisdizionale, oltre i quali, come abbiamo detto, l’accertamento diventa esecutivo. Perciò non conviene affidarsi esclusivamente all’autotutela, perché in caso di rigetto il contribuente avrebbe le armi spuntate e sarebbe con ogni probabilità sottoposto ad esecuzione forzata per la riscossione del dovuto.
Per gli avvisi di accertamento fino a 50mila euro di valore (si calcola il tributo contestato, quindi la maggiore imposta applicata, al netto di interessi e sanzioni, salvo che l’avviso riguardi esclusivamente queste ultime) è necessario far precedere il ricorso dalla mediazione tributaria obbligatoria.
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