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Come ottenere un risparmio Irpef con la pensione integrativa

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(@paolo-remer)
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Vantaggi della previdenza complementare: a quanto ammonta e come si sfrutta la deducibilità fiscale dei contributi versati volontariamente nei fondi chiusi o aperti e nei Pip.

Molti italiani non sanno che è possibile ottenere un risparmio Irpef con la pensione integrativa, oppure hanno soltanto una visione generica delle potenzialità di questo strumento.

Prima di tutto chiariamo cos’è questa forma di previdenza complementare, che si realizza con dei versamenti volontari, dunque al di là dei contributi previdenziali obbligatori che vengono normalmente trattenuti in busta paga ai lavoratori dipendenti, oppure versati periodicamente da artigiani e commercianti o dagli iscritti alla Gestione Separata.

Pensione integrativa: cos’è e a cosa serve

Quando si pensa alla pensione, esistono due sole – e tristi – certezze: la prima è che arriverà molto tardi, quasi alle soglie della vecchiaia, salvi gli anticipi pensionistici riservati a poche categorie di lavoratori; la seconda è che l’importo del trattamento Inps, o delle Casse di previdenza analoghe, sarà quasi sicuramente inferiore a quello dello stipendio percepito durante la vita lavorativa.

Ciò significa che per ricevere un trattamento economico adeguato durante gli anni in cui non si sarà più capaci di lavorare bisogna “costruire” la propria pensione in modo autonomo, con dei versamenti volontari in appositi fondi privati, appositamente costituiti da operatori altamente qualificati per requisiti di solidità patrimoniale e vigilati dalle Autorità, come le banche, le imprese di assicurazioni e le società finanziarie costituite in forma di Sim (Società di investimento mobiliare) o di Sgr (Società di gestione del risparmio).

Forme di previdenza integrativa o complementare

In estrema sintesi, esistono tre fondamentali tipi di previdenza integrativa:

  • i fondi chiusi, destinati a determinate categorie di lavoratori individuate dai contratti collettivi o dagli accordi aziendali;
  • fondi aperti, ai quali tutti i lavoratori possono aderire, in forma individuale o anche collettiva;
  • i Pip (Piani Individuali Pensionistici): sono solo individuali, quindi non raccolgono adesioni di lavoratori su base collettiva, e rappresentano attualmente la soluzione più diffusa, con oltre 3 milioni di italiani iscritti.

I Pip consentono la possibilità di richiedere anticipazioni fino al 75% della posizione maturata per spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa e fino al 30% per qualsiasi altra esigenza imprevista, come una malattia o un infortunio. Inoltre sono flessibili, perché si può variare, o sospendere, la contribuzione in qualsiasi momento, semplicemente non eseguendo più i versamenti programmati.

Pensione integrativa: pro e contro

In linea generale, conviene avere una pensione integrativa perché consente di ridurre il divario tra quello che sarà l’assegno pensionistico pubblico e quello che è l’ammontare della retribuzione percepita dal lavoratore mentre è ancora in servizio: in sintesi, è un modo per ottenere una rendita per quando si raggiungerà l’età in cui si smetterà di lavorare.

In termini finanziari, i versamenti nelle varie forme di previdenza complementare si possono considerare una forma di accantonamento periodico di somme destinate al risparmio a lungo termine, con il vantaggio ulteriore della deducibilità fiscale sulle contribuzioni versate.

Di converso, gli svantaggi della pensione integrativa consistono nel fatto che il rendimento delle somme periodicamente versate e rivalutate non è certo e predeterminato, ma è condizionato ai tassi ed alle quotazioni di riferimento dei titoli che compongono il fondo. Quindi chi versa non può conoscere in anticipo a quanto realmente ammonterà la sua rendita, ma può soltanto fare ipotesi e proiezioni: infatti quasi tutti i fondi pensione mettono a disposizione appositi calcolatori per stimare l’importo che, presumibilmente, si riceverà al completamento del piano.

Inoltre, c’è il rischio – per quanto remoto, vista l’attenta vigilanza delle Autorità di controllo, e il patrimonio separato rispetto a quello della società di gestione – che, in caso di insolvenza, il fondo stesso possa essere sottoposto a liquidazione coatta amministrativa [1]: se ciò accadesse, i lavoratori perderebbero le somme versate e avrebbero scarse possibilità di recupero del loro investimento, salvi interventi statali da disporre ad hoc come talvolta è accaduto in passato nei casi di fallimento di importanti istituti di credito.

Versamenti in fondi pensione: deducibilità fiscale

Per incrementare le adesioni alle forme di pensione integrativa, e non pesare eccessivamente sulle tasche di chi compie i versamenti nei fondi o nei Pip, è prevista la deducibilità fiscale, fino a un determinato importo.

Deducibilità, ai fini dell’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche), significa che la somma ammessa in deduzione diminuisce l’ammontare dei redditi imponibili complessivi, cioè viene sottratta dall’importo che determina l’applicazione degli scaglioni Irpef e delle correlative aliquote di prelievo fiscale (che partono dal 23% ed arrivano al 43% per la parte eccedente i 50mila euro annui). Ad esempio, chi ha un reddito totale pari a 50mila euro e beneficia della deduzione per 10mila euro pagherà le imposte su un reddito imponibile netto di soli 40mila euro. E ciò si traduce in un notevole risparmio sulle imposte da pagare, ben più forte di quello ottenuto attraverso le detrazioni (che normalmente ammontano solo al 19% dell’imposta già calcolata).

In altre parole, lo Stato riconosce, agli aderenti ai fondi di pensione integrativa, un grosso incentivo ad eseguire i versamenti, perché gran parte della somma potrà essere recuperata dalle tasse da pagare. D’altronde anche allo Stato conviene, per evidenti motivi di stabilità sociale, che i cittadini costruiscano da sé una parte della propria pensione e, da anziani, non debbano ricorrere alle forme di assistenza previste per chi versa in situazioni di povertà o comunque di disagio economico.

Pensione integrativa: versamenti deducibili Irpef

Dopo queste necessarie premesse, vediamo, dunque, come ottenere un risparmio Irpef con la pensione integrativa.

Nel caso della pensione integrativa, i contributi versati ogni anno nel proprio fondo pensione prescelto possono essere interamente dedotti dal reddito imponibile Irpef, fino a un limite massimo di 5.164,57 euro annui.

Questo importo comprende anche l’eventuale contributo del datore di lavoro e i versamenti effettuati a favore dei soggetti fiscalmente a carico; è, invece, esclusa la quota del Tfr. Ricordiamo che il limite è stabilito per ogni contribuente, e non può essere aggirato, ad esempio, iscrivendosi a più fondi pensione contemporaneamente: la deduzione fiscale applicabile rimane unica.

Pensione integrativa: quanto si risparmia di Irpef?

Tutto ciò significa, in pratica, che chi versa, con un piano mensile, fino a 430,38 euro potrà recuperare l’intera somma grazie alla deduzione Irpef riconosciuta fino a 5.164,57 euro annui, mentre per chi contribuisce con un ammontare maggiore il rimborso fiscale non sarà pieno e totale, ma proporzionalmente inferiore. Comunque il risparmio d’imposta si fa sentire di più sui redditi elevati, ai quali si applicano le aliquote Irpef maggiori.

Ad esempio, un contribuente con reddito di 60mila euro annui avrà uno sconto Irpef di oltre 2mila euro, perché la deduzione dei versamenti nel fondo pensione taglierà la porzione di reddito soggetta all’aliquota marginale massima, quella del 43%. Viceversa, per un lavoratore con un reddito di 30mila euro, il risparmio d’imposta sarà inferiore, e arriverà a 1.500 euro circa, perché la deduzione opererà in parte sull’aliquota Irpef del 35% (applicabile alla porzione di reddito da 28mila euro in su) e in parte su quella del 25% (per i redditi compresi tra 15mila e 28mila euro).

In ogni caso, la possibilità di abbattere la base imponibile rimane consistente, e sarebbe un peccato non sfruttare la deduzione Irpef sui contributi versati, considerando che la maggior parte dei lavoratori italiani, in base alle proprie disponibilità economiche, non supera il tetto soglia di deducibilità di 5.164,57 euro annui (pari a 10 milioni di vecchie lire). E c’è un ulteriore vantaggio: se non verranno cambiate le regole attuali, quando si arriverà a percepire la pensione integrativa (che è sottoposta a tassazione separata e dunque agevolata), i contributi versati nel fondo pensione, nella parte in cui non erano stati dedotti perché eccedenti il limite massimo annuo, saranno fiscalmente esenti, perché hanno già scontato la loro imposizione Irpef nell’anno di versamento.

 
Pubblicato : 18 Aprile 2023 10:30