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Come ottenere la cancellazione delle cartelle esattoriali

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(@paolo-remer)
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Tre procedure per l’annullamento dei debiti fiscali: in autotutela, su ricorso o in automatico con lo stralcio.

Molti debiti fiscali non sono dovuti per i motivi più disparati: ad esempio perché non si è i veri soggetti passivi del tributo, o perché la somma è stata erroneamente conteggiata o è già stata pagata, oppure perché il credito dell’Ente impositore è caduto in prescrizione, o perché l’accertamento era invalido. In tutti questi casi si pone il problema di come ottenere la cancellazione delle cartelle esattoriali che comunque sono pervenute e che, se non vengono annullate, possono portare a gravi conseguenze, come il pignoramento e l’esecuzione forzata sui beni mobili ed immobili.

Ci sono tre principali modi per annullare i debiti fiscali richiesti in pagamento con una cartella esattoriale: l’autotutela, il ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado (da settembre 2022 questo è il nome assunto dalle ex Commissioni tributarie provinciali) o lo stralcio automatico, detto anche “strappacartelle”, che è stato varato in una nuova edizione nel 2023, ma solo per i debiti di piccolo importo e più antichi.

Annullamento cartelle in autotutela

Se ritieni che la richiesta di pagamento contenuta nella cartella esattoriale inviata dall’Agenzia Entrate Riscossione non sia dovuta, puoi chiederne l’annullamento in autotutela direttamente all’Ente creditore (che, a seconda dei casi, può essere l’Agenzia delle Entrate per i tributi erariali, l’Inps per i contributi previdenziali, la Regione per la tassa automobilistica, il Comune per l’Imu o la Tari, ecc.).

Ti ricordiamo che il titolare del credito azionato dall’Agente di riscossione è e rimane sempre l’Ente impositore che ha richiesto il pagamento della somma e che poi, iscrivendola a ruolo, l’ha affidata all’Agenzia Entrate Riscossione per procedere all’esecuzione forzata con gli strumenti coattivi, come i pignoramenti. Per questo l’annullamento definitivo del debito può provenire solo dall’Ente titolare del tributo: ad esempio, ti dovrai rivolgere al Comune di riferimento per ottenere  il riconoscimento dell’esenzione dalla tassa sui rifiuti e lo sgravio sulle somme già richieste.

La richiesta di autotutela non è altro che un’istanza con la quale si chiede all’Ente titolare del credito di correggere il proprio errore: ovviamente bisogna documentare le proprie ragioni, e, in caso positivo, l’Ente cancellerà – in tutto o in parte – il debito indicato nella cartella esattoriale e invierà all’Agenzia Entrate Riscossione una comunicazione di sgravio, con la quale la cartella verrà annullata.

Si può anche chiedere, entro 60 giorni dalla notifica, la sospensione della cartella di pagamento all’Agenzia Entrate Riscossione, con la particolarità che se non perviene risposta, di accoglimento o di diniego, entro 220 giorni, la cartella viene annullata di diritto.

Non c’è un termine per presentare la domanda di annullamento in autotutela, ma è consigliabile agire tempestivamente, anche perché l’istanza non sospende i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale con il quale si può impugnare la cartella, se si decide di far valere le proprie ragioni davanti al giudice – che deve necessariamente pronunciarsi – anziché nei confronti dell’Amministrazione, che potrebbe anche non rispondere.

Annullamento cartelle con ricorso al giudice

Puoi chiedere di annullare in tutto o in parte i debiti presenti nella cartella esattoriale proponendo ricorso al giudice , da individuarsi nella Corte di giustizia tributaria competente per territorio, o nel giudice di Pace per le multe stradali e le altre sanzioni amministrative, e nel tribunale civile in funzione di giudice del Lavoro per i debiti contributivi. Ogni cartella esattoriale deve contenere, per legge, le informazioni su come, entro quando e a chi presentare il ricorso. Per le modalità, i termini ed i motivi che possono essere fatti valere con l’impugnazione al giudice (ad esempio, prescrizione, decadenza, notifica invalida, ecc.), leggi “Come difendersi da Agenzia Entrate Riscossione” e “Come impugnare gli atti di Agenzia Entrate Riscossione“.

Se all’esito del processo il giudice ti darà ragione, accogliendo il ricorso, l’Ente impositore e l’Agenzia Entrate Riscossione dovranno annullare i debiti contenuti nella cartella impugnata. Se l’accoglimento è solo parziale, la cartella cadrà soltanto nelle voci e per gli importi stabiliti dal giudice. Chi nel frattempo ha pagato ha diritto ad ottenere il rimborso delle somme versate.

Annullamento cartelle per stralcio

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto, oltre alla definizione agevolata (detta anche «rottamazione quater», perché fa seguito alla terza edizione varata nel 2018) anche lo stralcio dei debiti iscritti a ruolo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 (la precedente edizione arrivava fino al 2010) e riportati nelle cartelle esattoriali fino a un importo di 1.000 euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.

Mentre la definizione agevolata richiede una domanda, che deve essere presentata, esclusivamente in via telematica, entro il 30 giugno 2023, l’annullamento dei debiti fino a mille euro avviene in automatico a cura dell’Agenzia Entrate Riscossione, cioè senza necessità di alcuna richiesta da parte del contribuente: le cartelle fino a quella soglia vengono cancellate alla data del 31 marzo 2023.

Per quanto riguarda gli Enti creditori diversi dalle Amministrazioni statali, dalle Agenzie fiscali e dagli Enti pubblici previdenziali, come l’Inps, l’annullamento c’è soltanto se essi hanno approvato e pubblicano una apposita delibera entro il 30 aprile 2023: molti Comuni hanno deciso di non aderire e quindi in futuro cercheranno di recuperare i propri crediti anche per importi inferiori a 1.000 euro.

Lo stralcio fino a mille euro non si applica per questi tipi di carichi affidati all’Agente della riscossione:

  • recupero degli aiuti di Stato considerati illegittimi dall’Unione Europea;
  • crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti;
  • multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • debiti relativi alle «risorse proprie tradizionali» dell’Unione Europea e all’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione.

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Pubblicato : 30 Giugno 2023 06:45