Come non pagare debiti altrui in condominio
Morosi in condominio: cosa fare se l’amministratore ripartisce il debito di un condomino sugli altri?
Un nostro lettore ci racconta della situazione venuta a crearsi all’interno del proprio condominio dove l’amministratore ha ripartito le quote non corrisposte da un condomino su tutti gli altri. Il “moroso”, risultato a lungo nullatenente, è peraltro da poco deceduto. Al momento, non ci sono eredi. Sicché il condominio, non potendo recuperare le somme da questi dovute sino ad oggi si è visto costretto a spalmarle tra tutti gli altri proprietari. Ci viene chiesto se tale comportamento sia legittimo. È giusto che chi riesce appena a pagare le proprie “bollette” debba far fronte a quelle degli altri? Come non pagare i debiti altrui in condominio? La questione merita un approfondimento.
Partiamo subito col fare due precisazioni che ci torneranno utili nel corso della seguente trattazione. Da un lato, la legge impone che le spese condominiali siano ripartite sempre per millesimi di proprietà. Dall’altro non esiste, per definizione, un condomino che possa definirsi effettivamente “nullatenente”. Ogni condomino è tale in quanto detiene la proprietà dell’immobile il quale peraltro è sempre pignorabile.
Proprio alla luce di queste due regole possiamo ora comprendere come non pagare i debiti altrui in condominio.
L’amministratore può far pagare le quote di un condomino agli altri?
L’amministratore non ha il potere di ripartire, sui condomini, le quote non pagate da uno di loro, neanche se questi dovesse risultare moroso da più tempo o, nel caso di specie, deceduto. L’ultima parola infatti spetta sempre all’assemblea. La questione quindi deve essere posta al voto nel corso di un’apposita delibera condominiale, preceduta dal consueto avviso di convocazione nei cinque giorni antecedenti alla data della prima convocazione.
L’assemblea può decidere di spalmare il debito di un condomino sugli altri solo se viene raggiunta l’unanimità. La delibera approvata a semplice maggioranza è nulla. Questo perché, come abbiamo anticipato sopra, la regola generale e inderogabile – se non appunto con il consenso di tutti i condomini – è quello della ripartizione delle quote secondo millesimi. A stabilirlo è l’articolo 1123 del Codice civile. Ripartire invece la quota di un condomino sugli altri significa sfasare l’equilibrio dei millesimi.
In sintesi, quindi, il condomino che non voglia pagare i debiti altrui in condominio, quando ciò dipenda dall’iniziativa personale dell’amministratore, può limitarsi a contestare per iscritto tale circostanza e a non versare le quote che non sono di sua competenza. Qualora invece tale circostanza sia il frutto di un delibera assembleare presa a maggioranza, il condomino deve impugnare la delibera stessa entro il termine di 30 giorni da quando è stata adottata o, se assente, da quando ha ricevuto il relativo verbale da parte dell’amministratore.
Inserire nel contratto con la ditta appaltatrice la clausola anti-morosi
Con la sentenza n. 19532 del 16 luglio 2024, la Cassazione ha ritenuto lecito l’inserimento, nel contratto di appalto con la ditta fornitrice del condominio (ad esempio quella per i lavori di ristrutturazione) la previsione di una deroga alla disciplina sulla responsabilità patrimoniale dei condomini. In base a tale previsione il creditore che rimane in tutto o in parte insoddisfatto nel pagamento della propria fattura può chiedere un decreto ingiuntivo solo nei confronti dei condomini morosi, di coloro cioè che, non avendo pagato le proprie quote, hanno fatto sì che l’amministratore non potesse adempiere all’obbligazione contratta con l’appaltatore. In questo modo, quand’anche il creditore del condominio dovesse rimanere insoddisfatto, coloro che sono in regola con il versamento delle “bollette”, non dovranno temere nulla. Contro di essi infatti la ditta dei lavori non potrà avviare alcuna azione giudiziaria o esecutiva. Maggiori approfondimenti nell’articolo: Come evitare di pagare il debito dei condomini morosi
Come fare se un condomino non può pagare?
Dicevamo in apertura che non esiste una condizione di completa nullatenenza in capo a un condomino. Il condominio può sempre pignorare l’appartamento anche se lo stesso dovesse essere già ipotecato da un terzo creditore come ad esempio la banca. Peraltro, non esistono soglie di debito al di sotto delle quali non sia possibile avviare il pignoramento immobiliare.
La procedura è tuttavia lunga e costosa. Innanzitutto, l’amministratore deve incaricare un avvocato di propria fiducia (anche senza autorizzazione dell’assemblea): si tratta di un dovere che il capo condomino deve attuare entro massimo 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio a cui il debito si riferisce.
L’avvocato provvederà a chiedere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti del condomino moroso. Dopo la notifica di tale atto giudiziario si può passare all’atto di pignoramento vero e proprio con cui si dà il via all’esecuzione forzata sull’abitazione del debitore (anche se questa dovesse essere “prima casa” e unico immobile di proprietà, non valendo per i soggetti privati i limiti previsti invece solo per l’Agente per la Riscossione esattoriale).
La giurisprudenza ha peraltro chiarito che il condominio può sottoporre a pignoramento anche la casa inserita nel fondo patrimoniale.
L’eventuale sussistenza di una precedente ipoteca consentirà al relativo creditore di soddisfarsi con priorità sul ricavato della vendita all’asta. Il residuo andrà al condominio.
Se, viceversa, non ci sono altre ipoteche anteriori a quella del condominio, quest’ultimo potrà soddisfare il proprio credito con il prezzo conseguito dall’aggiudicazione dell’immobile.
Come fare se non ci sono eredi?
Gli eredi hanno 10 anni per decidere se accettare o meno l’eredità, a meno che non fossero conviventi con il debitore. In tal caso, il termine è più breve: entro 3 mesi dal decesso bisogna fare l’inventario e nei successivi 40 giorni bisogna dichiarare se si accetta o meno l’eredità.
In assenza di eredi, la casa finisce allo Stato e resta ugualmente pignorabile.
Il condominio non può avviare il pignoramento nei confronti del defunto, né degli eredi se questi non hanno ancora accettato l’eredità. Tuttavia, può chiedere al tribunale (con apposito ricorso) di fissare un termine per l’accettazione dell’eredità più breve dei 10 anni previsti per legge. Accelerando così le pratiche di accettazione o di rinuncia dell’eredità, il condominio potrà anche tutelare i propri diritti avviando il pignoramento.
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