Come funziona il regime forfettario, vantaggi e svantaggi
A chi conviene davvero entrare nel forfettario e rimanerci: non c’è solo la flat tax da considerare, ma anche altri aspetti importanti.
Si parla molto del regime forfettario in termini di «convenienza», ma è necessario sapere nello specifico come funziona e quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Già, perché non tutti gli aspetti sono positivi: esiste anche l’altro lato della medaglia, che potrebbe renderlo poco appetibile per alcuni soggetti Iva. Vediamo.
Regime forfettario: cosa prevede?
Il regime forfettario consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva sui ricavi o compensi dell’attività imprenditoriale, commerciale e professionale. L’aliquota è del 15%, e viene ridotta al 5% durante i primi 5 anni di esercizio.
Inoltre la contabilità è notevolmente semplificata: i forfettari devono emettere le fatture e conservarle, ma non si applica l’Iva e non devono essere istituiti i registri.
Regime forfettario: chi può accedere?
Trattandosi di un regime tributario più favorevole di quello ordinario, sono previsti alcuni specifici requisiti di accesso al regime forfettario. In particolare occorre:
- essere residenti in Italia;
- non superare il limite annuo di ricavi o compensi maggiori di 85mila euro (fino al 2022 la soglia era di 65mila euro);
- non avere partecipazioni in società di persone (società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice);
- non avere partecipazioni di controllo in società di capitali (Spa, Srl o società in accomandita per azioni) nello stesso settore di attività da svolgere;
- avere un reddito da lavoro dipendente o assimilati (comprese le pensioni) non superiore a 30.000 euro annui lordi (salvo il caso in cui il rapporto di lavoro non sia cessato, per dimissioni o licenziamento);
- sostenere spese per il personale dipendente, o per lavoro accessorio, non superiori a 20.000 euro lordi annui.
In sintesi, il regime forfettario è precluso a chi non vive in Italia, percepisce dall’attività più di 85mila euro di ricavi o compensi, ha altri introiti per più di 30mila euro all’anno e/o ha partecipazioni sociali, e infine a chi ha un costo del lavoro per i dipendenti dell’attività maggiore di 20mila euro l’anno. Per maggiori dettagli, leggi “Come entrare nel regime forfettario“.
Quali sono i vantaggi per i forfettari?
Il principale e più evidente vantaggio per i forfettari è il trattamento fiscale agevolato, con la flat tax (tassa piatta e fissa) sui ricavi e compensi applicata nella misura fissa del 15%, ulteriormente ridotta ad appena il 5% nei primi 5 anni di attività.
In concreto, ciò significa che non si applicano i consueti scaglioni Irpef, che sono molto più pesanti ed onerosi. È un grosso sconto rispetto al regime Irpef ordinario, con aliquote che partono dal 23% per lo scaglione di redditi fino a 15mila euro e arrivano al 43% per la parte eccedente i 50mila euro. Così, in sostanza, un forfettario può risparmiare parecchio di tasse.
Un altro vantaggio, un po’ meno evidente del primo, sta nel fatto che questa tassazione agevolata si applica non all’intero reddito lordo percepito, bensì alla parte calcolata in base agli specifici coefficienti di redditività previsti per l’attività esercitata.
Questi coefficienti dipendono dal codice Ateco di inquadramento, come comunicato dal contribuente all’atto dell’apertura della partita Iva, e sono compresi tra il 40% per il commercio, la somministrazione di alimenti e bevande e la ristorazione, ed il 78% per le professioni intellettuali (ma chi opera nel settore delle costruzioni e attività immobiliari arriva all’86%), passando per il 54% degli ambulanti, il 62% per gli intermediari di commercio ed il 67% per le altre attività economiche residuali.
Cosa significa questo? Ad esempio, un commerciante al dettaglio con ricavi pari a 20mila euro annui pagherà il 15% di tasse solo su 8mila euro (il 40% del totale), mentre un avvocato o un consulente d’azienda che guadagna la stessa cifra avrà il 15% di imposte calcolate su un imponibile pari a 15.600 euro (il suo coefficiente è del 78%).
Non finisce qui, perché si possono dedurre interamente dal reddito anche i contributi previdenziali obbligatori versati all’Inps (ad esempio, dagli artigiani e commercianti), compresi quelli rientranti nella Gestione Separata, o pagati alla Cassa di riferimento dei professionisti iscritti ad Albi e Ordini.
C’è poi un vantaggio immateriale, ma che può far risparmiare parecchio in termini di tempo e denaro: la contabilità tenuta in forma semplificata, che, insieme alla non applicabilità dell’Iva in fattura sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi, consente di svolgere gli adempimenti fiscali in maniera easy: per questo quasi tutti i commercialisti praticano un consistente sconto per la tenuta della contabilità ai loro clienti che adottano il regime forfettario. Le tariffe sono agevolate proprio perché la tenuta della contabilità dei forfettari è molto più semplice.
Regime forfettario: quali svantaggi?
Il più grosso inconveniente del regime forfettario è che non consente la deduzione analitica dei costi sostenuti. Questo potrebbe penalizzare coloro che, specialmente all’inizio dell’attività, fanno investimenti consistenti, ma a causa dei coefficenti di redditività – che, come abbiamo visto, sono predeterminati e inderogabili – non possono scaricare quelle spese dalle tasse.
Infatti il reciproco del coefficiente di redditività stabilito per ogni categoria indica la misura della deducibilità fiscale dei costi: ad esempio, quello del 78% significa che i costi ammessi sono sempre pari al 22% dell’ammontare complessivo dei ricavi e dei compensi, né più né meno, mentre quello del 40% permette di detrarre – sempre forfettariamente – il 60%.
Questo potrebbe convenire a chi sostiene poche spese, ma non certo a chi affronta notevoli costi d’impianto e di esercizio o di funzionamento per mantenere l’attività a regime. Ad esempio, se un esercente paga un canone d’affitto annuo che assorbe la maggior parte dei suoi ricavi, o se consuma molta energia elettrica, o deve comprare merci ed attrezzature costose, se è nel forfettario non potrà recuperare fiscalmente quelle somme: può dedurre soltanto il 60% del suo volume d’affari, che spesso non è poco, e basta e avanza, ma talvolta non è sufficiente a coprire tutti i costi realmente sostenuti.
Un altro handicap del regime forfettario sta nel fatto che non si possono sostenere spese per lavoro dipendente superiori a 20mila euro annui, e questo – viste le retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva – in concreto impedisce di assumere più di un lavoratore a tempo pieno o, se si preferisce, due persone con contratto part-time. Molte attività economiche, invece, richiedono l’impiego di più personale, ma per questo motivo non possono entrare nel forfettario. Ti spieghiamo in dettaglio questo problema e le possibili soluzioni – come quella dell’impresa familiare – nell’articolo “Come assumere lavoratori nel regime forfettario?“.
Regime forfettario: a chi conviene?
Tirando le fila di quanto abbiamo detto, possiamo dire che il regime forfettario conviene a chi:
- non ha bisogno di assumere parecchi dipendenti;
- non ha la necessità di detrarre costi in maniera analitica, e si “accontenta” della percentuale forfettaria riconosciuta per la sua categoria di attività;
- ha un volume di affari ridotto, non superiore a 85mila euro annui e in ogni caso non maggiore di 100mila, altrimenti la fuoriuscita è immediata e si rientra automaticamente nel regime impositivo normale, e si dovrà versare l’Iva sulle fatture emesse in tutta la parte rimanente dell’anno (quelle emesse prima del superamento restano salve”).
Chi, invece, supera il limite annuo di 85mila euro ma non sfora la soglia di 100mila euro può permanere nel forfettario per l’anno d’imposta in corso e transiterà nel regime ordinario solo a partire dall’anno seguente (leggi “Regime forfettario: cosa succede si superano i limiti“). In ogni caso, per prevenire problemi di questo tipo è bene calcolare, con ragionevole prevedibilità, quali saranno i propri introiti ed evitare in partenza il forfettario se si pensa già all’inizio di poter superare il limite annuo di 85mila euro di ricavi e compensi.
-
Vaccino non obbligatorio senza consenso informato: c’è risarcimento?
2 giorni fa
-
Come fa il datore di lavoro a sapere il motivo della malattia?
4 giorni fa
-
Residenza persone fisiche: nuove regole
4 giorni fa
-
Quando è illegittimo il contratto a termine?
5 giorni fa
-
Proposta di acquisto casa legata alla concessione del mutuo
6 giorni fa