Come funziona il diritto all’abitazione del coniuge superstite
A chi spetta la casa adibita a residenza familiare in caso di morte di una persona: i diritti del vedovo o della vedova e i rapporti con gli altri eredi.
Maria e Giovanni sono una coppia di anziani coniugi che hanno vissuto insieme nella stessa casa per decenni. Dopo la scomparsa di Giovanni, Maria si ritrova a confrontarsi con la dolorosa perdita del suo compagno di una vita e, contemporaneamente, con la preoccupante incertezza riguardo al suo futuro abitativo. In questi momenti delicati, emergono questioni legali fondamentali: come funziona il diritto all’abitazione del coniuge superstite? Questo diritto, infatti, gioca un ruolo importante nel garantire che chi rimane non debba affrontare anche la perdita della propria casa, oltre al dolore del lutto. Nell’articolo che segue, esploreremo le basi legali di questo diritto, la sua applicazione e le sue implicazioni pratiche, offrendo le informazioni necessarie per orientarsi in questo aspetto spesso complesso del diritto successorio.
Cos’è il diritto di abitazione?
L’art. 1022 cod. civ. regola il diritto di abitazione, definito come un diritto reale sugli immobili. Il termine “reale” deriva dal latino res (che significa “cosa”) e sta ad indicare che tale diritto è strettamente legato al bene che ne forma oggetto.
Il diritto di abitazione è intrinsecamente personale e concede all’abitante il permesso di risiedere nell’immobile insieme al suo nucleo familiare. Questa prerogativa esclude qualsiasi utilizzo indiretto dell’immobile o l’impiego dello stesso per scopi diversi, come attività professionali o commerciali, e si limita alle necessità personali del titolare e della sua famiglia.
Di conseguenza, solo le persone fisiche possono essere titolari di questo diritto, e l’oggetto del diritto deve essere esclusivamente un’abitazione adatta all’uso residenziale.
L’abitante non ha diritti sui frutti dell’immobile e le sue facoltà sono circoscritte alle necessità sue e della sua famiglia: non può, ad esempio, dare la casa in affitto ad altri e intascare i canoni di locazione. Egli deve limitare l’occupazione a quanto necessario per le esigenze logistiche proprie e della famiglia, come specificato dall’art. 1025 cod. civ.. In questo modo, il proprietario mantiene il diritto di godimento sulle parti dell’immobile non necessarie per queste esigenze.
Il diritto di abitazione si estende anche agli accessori e alle pertinenze dell’immobile, come balconi, giardini e rimesse, in quanto servono o abbelliscono l’abitazione, oltre alle accessioni (cioè eventuali aggiunte), come indicato dall’art. 983 cod. civ., richiamato nell’art. 1026 cod. civ..
Questo diritto non è trasmissibile ereditariamente per la sua natura strettamente personale. Può essere stabilito tramite un atto tra vivi o per testamento e può essere assegnato a più persone. In quest’ultimo caso, la perdita del diritto o il rifiuto di accettazione da parte di uno dei titolari aumenta la quota di godimento degli altri, sempre entro i limiti delle necessità abitative dirette di ciascuno. È inoltre possibile acquisire il diritto di abitazione tramite usucapione, per effetto dell’esercizio di fatto del diritto (pur senza esserne titolari), pacifico, ininterrotto e prolungato nel tempo.
In cosa consiste il diritto di abitazione del coniuge superstite?
Il diritto di abitazione a favore del coniuge superstite, insieme al diritto di uso sui mobili della casa familiare, è stabilito dall’art. 540 comma 2 del cod. civ.. Il vedovo o la vedova, anche in presenza di altri eredi, hanno garantiti i suddetti diritti, a due condizioni:
- costanza di matrimonio al momento del decesso di uno dei coniugi: occorre, cioè, che i due fossero sposati e non fosse intervenuto tra loro divorzio, scioglimento o dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale;
- la presenza di un’abitazione usata come residenza familiare, di proprietà del coniuge defunto o di entrambi.
La definizione di casa familiare corrisponde a quella fornita dall’art. 144 cod. civ.. In pratica, si riferisce all’abitazione dove i coniugi hanno stabilito la residenza della loro famiglia, in base alle necessità congiunte di entrambi e alle esigenze preponderanti della famiglia stessa.
Se ci sono altri eredi al coniuge spetta il diritto di abitazione?
Anche se vi sono altri eredi, al coniuge superstite spetta il diritto del quale ci stiamo occupando. Esso è considerato un prelegato ex lege. Il prelegato è un diritto che viene attribuito dal testatore a un erede, in aggiunta alla quota di eredità spettante a quest’ultimo. Nel caso del vedovo o della vedova, tale diritto viene stabilito non da una disposizione testamentaria, ma dalla legge stessa e va da aggiungersi alla quota di piena proprietà che gli spetterebbe per successione ereditaria.
Inoltre, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4847/2013, hanno chiarito definitivamente che i diritti assegnati al coniuge superstite dall’art. 540 cod. civ. sono da intendersi come prelegati ex lege in tutte le forme di successione, precisamente:
- quella legittima, che opera in assenza di testamento e che segue i criteri stabiliti da apposite norme del codice civile (art. 565 cod. civ.);
- quella testamentaria, che segue le disposizioni di ultime volontà del defunto (art. 587 e seguenti cod. civ.);
- quella necessaria, secondo cui alcuni stretti congiunti del defunto hanno comunque diritto a una quota di eredità, a prescindere dalla volontà dello stesso.
Il valore dei diritti di abitazione della casa e di uso degli arredi deve essere escluso dall’asse ereditario prima di procedere alla sua divisione tra tutti i coeredi.
Questo approccio si basa innanzitutto sulla finalità degli stessi diritti di uso e abitazione, che riflette l’intento del legislatore espresso nella legge n. 151/1975 (di riforma del diritto di famiglia) di promuovere, anche in ambito successorio, una nuova visione della famiglia, mirata a una piena parità tra i coniugi sia in termini patrimoniali (mediante l’introduzione del regime basato sulla comunione legale) sia a livello etico e affettivo. Si parte dal presupposto che la ricerca di una nuova abitazione per il coniuge superstite potrebbe causare un notevole disagio psicologico e morale, mettendo a rischio la stabilità delle abitudini di vita della persona, e questo scopo è valido per il coniuge superstite in tutte le forme di successione.
Al coniuge superstite separato spetta il diritto di abitazione?
Nella sentenza n.22566/2023, la Corte di Cassazione ha dichiarato che il diritto di abitare la casa destinata a residenza familiare e di utilizzare i mobili in essa contenuti è esteso anche al coniuge separato senza colpa.
In tale pronuncia, si sottolinea la necessità di un’eventuale chiarificazione normativa, ma si conclude che, a livello pratico, prevalgono le argomentazioni a favore dell’interpretazione secondo cui non è necessario che la casa sia effettivamente adibita a residenza familiare al momento dell’apertura della successione. In altre parole, il diritto non viene meno a causa della sola separazione legale tra i coniugi.
Inoltre, si osserva che la legislazione vigente non include la coabitazione tra i coniugi tra i requisiti per l’assegnazione di tali diritti. L’art. 548 cod. civ. esplicita, infatti, l’equiparazione dei diritti successori del coniuge separato senza colpa a quelli del coniuge non separato.
Pertanto, i diritti di abitazione e di uso dei mobili, conferiti al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, cod. civ., sono riconosciuti anche al coniuge separato senza colpa, a meno che, dopo la separazione, la casa non sia stata abbandonata da entrambi o non abbia perso ogni legame, anche solo parziale o potenziale, con la sua funzione originaria di residenza familiare.
Diritto di abitazione del coniuge superstite: quando non spetta?
Infatti i diritti del coniuge superstite di abitare la casa familiare e di utilizzare i mobili ivi presenti dipendono dalla condizione che tali beni siano di proprietà esclusiva del defunto o in comproprietà con il coniuge. Di conseguenza, tali diritti non sono riconosciuti nel caso in cui la proprietà della residenza familiare sia divisa tra il coniuge deceduto e un’altra persona.
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