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Come evitare i controlli fiscali: i consigli degli esperti

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(@paolo-remer)
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I migliori suggerimenti per prevenire gli accertamenti dell’Agenzia Entrate e della Guardia di Finanza: quali sono i comportamenti a rischio e cosa fare per non destare sospetti di evasione.

C’è una domanda che attanaglia molti cittadini italiani, e non solo quelli che hanno la coscienza sporca perché sono evasori, ma anche coloro che vorrebbero stare tranquilli ed evitare di correre rischi inutili o di instaurare contenziosi: come evitare i controlli fiscali. È un’ottima domanda, ed è giusto porsela in anticipo, prima di realizzare comportamenti a rischio, perché prevenire è sempre meglio che curare.

La lotta agli evasori, sempre sbandierata dai Governi, è diventata, in realtà, una facile caccia per stanare gli appartenenti alle categorie più esposte di contribuenti, che guardacaso, essendo più deboli e non potendo ricorrere a sofisticati trucchi contabili, finiscono sempre nel mirino. Così non riescono a sottrarsi ai colpi del Fisco: lavoratori autonomi, partite Iva, imprenditori, commercianti, professionisti, artigiani e, ultimamente, anche coloro che operano nell’ambito della new economy, come gli operatori di trading online e i detentori di attività finanziarie all’estero (titoli e criptovalute), chi affitta immobili avvalendosi di portali online per le inserzioni o chi ha un negozio di e-commerce o usa frequentemente i marketplace di piattaforme sul web o dei social netwotk.

Anche i lavoratori dipendenti ed i pensionati, però – che apparentemente non hanno nulla da temere, dato che subiscono il prelievo fiscale con trattenuta direttamente alla fonte – non dormono sonni tranquilli, specialmente se hanno consistenti depositi bancari o redditi extra, dai quali attingono per fare spese consistenti, che danno nell’occhio, o anche donazioni in favore dei figli o altri familiari.

In tutti questi casi, è bene sapere come evitare i controlli fiscali: vediamo quali sono i consigli degli esperti per agire al meglio, senza insospettire l’Amministrazione finanziaria, e così muoversi senza rischi in questo delicato campo minato degli accertamenti tributari. Ci soffermeremo su tre essenziali suggerimenti, che sono alla portata di tutti, con un po’ di buona volontà e molta attenzione.

Fare la dichiarazione dei redditi

Sembra banale, ma fare la dichiarazione dei redditi, se si è tenuti alla sua presentazione, è il miglior modo per prevenire i controlli fiscali.

È vero che le dichiarazioni vengono sottoposte a controlli, anche automatizzati, dall’Agenzia delle Entrate, e possono emergere irregolarità formali o sostanziali; ma è altrettanto vero che l’a mancata presentazione della dichiarazione dei redditi balza subito all’occhio, dato che i controlli incrociati fanno facilmente emergere i vari proventi soggetti a tassazione. E non è un caso che l’omessa dichiarazione dei redditi (o di altre dichiarazioni cui il contribuente è obbligato, come quella periodica Iva, o sulle successioni ereditarie) è punita molto più severamente degli errori interni, scovati in una dichiarazione presentata e che risulta incompleta o infedele.

Così chi non ha presentato la dichiarazione entro i termini (si considera omessa la dichiarazione presentata con più di 90 giorni di ritardo rispetto alla scadenza) subisce pesanti sanzioni, che possono arrivare a oltre il doppio dell’imposta dovuta e non versata; nei casi più gravi tale condotta costituisce anche reato tributario, ma soprattutto si rischia di subire un accertamento induttivo, cioè svincolato dalla contabilità e dalle risultanze ufficiali. La ricostruzione dei redditi viene compiuta dall’Amministrazione in base a presunzioni semplici, come la disponibilità di beni, cespiti, locali e attività finanziarie, da cui si desume la redditività dell’attività non dichiarata. In sostanza, in queste situazioni il Fisco ha le mani libere mentre l’evasore totale rischia grosso, e non è affatto al sicuro come comunemente si pensa.

Attenzione ai versamenti in banca

C’è un principio che ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, ma per molti ancora non lo è: mai versare sul proprio conto corrente bancario (o postale) soldi di cui non è possibile dimostrare la provenienza, se un domani si viene chiamati a giustificare l’operazione di accredito avvenuta. Ricorda che dal 2018 quasi tutti gli stipendi (salvo particolari categorie, come i lavoratori domestici) devono essere versati con strumenti tracciabili, quindi non è più una scusa dire di aver ricevuto quel denaro come retribuzione.

La casistica comprende le donazioni in denaro fatte tra familiari stretti, ad esempio da un genitore al figlio, anche in forma indiretta, come quando si fornisce la provvista necessaria per acquistare una casa, un’autovettura o un bene di consumo particolarmente costoso. Poi ci possono essere prestiti infruttiferi fatti a parenti o amici, e regalie di vario genere.

In tutte queste occasioni è sempre bene indicare, nel bonifico, la causale dell’operazione, in modo che il motivo della dazione risulti nero su bianco e possa prevenire le contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, quando chiederà spiegazioni sulla provenienza del denaro.

Il problema più serio riguarda coloro che versano in contanti grosse somme di denaro, ad esempio quelle frutto di risparmi accumulati nel corso degli anni: qui è molto difficile disporre di documenti scritti che dimostrino da dove vengono quelle somme. Oltre i 10mila euro mensili scatta anche la segnalazione all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, che allerterà gli organi competenti per individuare la provenienza del denaro, che potrebbe essere frutto di operazioni illecite, come il riciclaggio o il traffico di sostanze stupefacenti.

Ti ricordiamo che con il meccanismo degli accertamenti bancari – che l’Agenzia delle Entrate può compiere in qualsiasi momento, grazie all’Anagrafe tributaria che comprende i dati dei conti correnti – è il contribuente a dover dimostrare che le somme non costituiscono redditi imponibili, oppure che quei redditi sono esenti da imposizione fiscale, come le somme ricevute a titolo di risarcimento danni, o sono già stati tassati alla fonte, come le vincite al gioco. L’importante, quindi, è che non vi sia sproporzione tra il denaro accumulato sui conti correnti, e sulle altre forme di depositi bancari, ed i redditi dichiarati, calcolati al netto delle normali spese necessarie per la vita quotidiana.

Contabilità in ordine

Per coloro che sono soggetti alla tenuta delle scritture contabili – quindi tutto il popolo delle partite Iva: imprenditori, commercianti, artigiani e professionisti – compresi i contribuenti forfettari (che hanno adempimenti semplificati), il miglior suggerimento da dare è quello di tenere sempre la contabilità in ordine: sia per quanto riguarda gli adempimenti formali di fatturazione, annotazione e registrazione, sia dal punto di vista sostanziale, che riguarda la completezza e la fedeltà delle registrazioni, evitando, così, totalmente di compiere vendite o acquisti “in nero”.

Lo stesso discorso vale per i contribuenti privati, che se vogliono far valere una deduzione o detrazione fiscale devono conservare i documenti giustificativi e, possibilmente, sostenere le spese pagando con strumenti tracciabili (bonifici, carte di credito o di debito, assegni) anziché in contanti, salvo rari casi, come le spese farmaceutiche. Il Fisco ha 5 anni di tempo per chiedere chiarimenti sulle spese fiscalmente detratte, e può svolgere controlli su tutto ciò che esula dai dati contenuti nella dichiarazione precompilata: quindi la classica “cartellina” di documenti è ancora valida per tutto ciò che non risulta già direttamente all’Agenzia delle Entrate ma è stato inserito dal contribuente in modifica, o in aggiunta, ai dati preimpostati.

In tempi di fattura elettronica ormai quasi generalizzata (dal 2024 vi rientreranno anche i forfettari con volume d’affari inferiore a 25mila euro, per i quali l’emissione telematica del documento fiscale è ancora opzionale), e di scontrino elettronico per gli esercenti, tutti i dati confluiscono quasi immediatamente nel sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate, che grazie ai propri software di controllo automatizzato può facilmente rilevare qualsiasi discrasia e dunque far scattare l’alert, un allarme interno che pone sott’occhio il contribuente attenzionato. Quindi una contabilità irregolare, lacunosa o tardiva diventa un chiaro sintomo di probabile evasione fiscale, e allora scattano i controlli mirati e più approfonditi.

Oggi, inoltre, la macchina degli accertamenti tributari è diventata molto più “intelligente” rispetto al passato, perché grazie a una serie di sofisticati algoritmi – che si nutrono dei dati delle transazioni elettroniche e degli incroci tra le numerose banche dati, dal Catasto terreni e fabbricati al Pra per gli autoveicoli: dal 2024 confluiranno anche i dati dei portali di e-commerce su vendite di prodotti o servizi e affitti di immobili – gli indicatori di anomalia emergono facilmente. Perciò i contribuenti che rientrano in queste liste selettive di soggetti selezionati perché dichiarano una redditività minore di quella normalmente ritraibile dall’attività esercitata corrono un maggior rischio di subire accertamenti fiscali, controlli e verifiche a tavolino o anche presso la sede, da parte della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate. Il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), dotato di ingenti fondi stanziati dall’Unione Europea, prevede il potenziamento di questi meccanismi, anche con forme di intelligenza artificiale, per contrastare più efficacemente le varie forme di evasione fiscale.

Foto sui social

Infine, una particolare attenzione va dedicata a ciò che si pubblica sui social network, come Facebook, Instagram e TikTok. Tutti ci tengono ad apparire e spesso – magari nel maldestro tentativo di imitare la vita dei vip – appaiono foto che ritraggono i protagonisti in posti esotici, in hotel a 5 stelle, resort, centri benessere e ristoranti di lusso, o con addosso oggetti molto costosi: gioielli, orologi di marca, accessori e capi di abbigliamento firmati. Per il Fisco tutto questo è un eloquente indice di redditività: mostra che il contribuente ha un potere di acquisto e di spesa notevolmente superiore a quello che risulta dalle sue dichiarazioni dei redditi, dove figurano magre entrate che non riescono a coprire questo tenore di vita. E spesso nelle foto compaiono anche magnifiche ville, sontuosamente arredate e con piscina, che catastalmente risultano ruderi.

L’Agenzia delle Entrate può utilizzare questi elementi digitali per la ricostruzione dei redditi, ed ha emanato apposite circolari per monitorare e verificare la situazione finanziaria dei contribuenti mediante il ricorso a «fonti aperte», cioè a quanto risulta pubblicato sul web; anche i giudici tributari ritengono queste informazioni fonti di prova, se il Fisco fonda in modo logico e plausibile su di essi la presunzione di maggior reddito e se l’interessato non riesce a smentire ciò che appare nelle foto e nei video (ad esempio, dimostrando che si trattava di una vacanza low cost, o di una cena aziendale pagata dal datore di lavoro, di un abito preso a noleggio o in prova, e così via). Certo, una sola foto occasionale non basta a provare l’evasione, ma se i comportamenti sono ripetuti e frequenti il contribuente dovrà spiegare come ha fatto a permettersi quegli acquisti ed eventi particolarmente costosi.

 
Pubblicato : 13 Aprile 2023 06:45