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Come difendersi in un processo penale per reati di famiglia

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(@elda-panniello)
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L’unica strada per difendersi da un’ingiusta accusa per un delitto contro la famiglia è quella di rivolgersi a un avvocato penalista esperto della materia.

Nell’ordinamento giuridico italiano la famiglia è tutelata non solo dal punto di vista civilistico, attraverso il riconoscimento dei diritti e dei doveri dei coniugi e della prole, ma anche dal punto di vista penale mediante la punizione delle condotte criminose che offendono l’istituzione della famiglia stessa e il vincolo che si crea tra familiari. Infatti i reati di famiglia o, meglio ancora, i delitti contro la famiglia si configurano sia quando si attenta all’incolumità fisica dei membri del nucleo familiare sia quando viene leso il decoro dell’”istituto familiare” inteso quale fonte di moralità, onestà, educazione, energia e lavoro. In questo modo si spiega la previsione di alcune ipotesi delittuose come la bigamia e l’incesto, di per sé reati privi di violenza o di condotta fraudolenta eppure ugualmente pericolosi per la famiglia. Ma come difendersi in un processo penale per reati di famiglia?

Se ci si trovasse nella necessità di doversi difendere in un processo penale per un delitto contro la famiglia sarà opportuno affidarsi a un avvocato esperto della materia in quanto non sempre è facile entrare nei meandri di un nucleo familiare e comprenderne le dinamiche. Quella dei reati di famiglia è una branca altamente specialistica del diritto penale; pertanto, è importante scegliere bene l’avvocato che dovrà assistere la persona accusata della commissione di uno di tali delitti.

Quali sono i delitti contro la famiglia?

I delitti contro la famiglia sono divisi in quattro categorie:

  • delitti contro il matrimonio;
  • delitti contro la morale familiare;
  • delitti contro lo stato di famiglia;
  • delitti contro l’assistenza familiare.

Per ognuna di queste categorie facciamo degli esempi.

Tra i delitti contro il matrimonio rientra la bigamia [1], che è la condizione di chi ha più di un coniuge. Nel nostro ordinamento giuridico tale condotta è considerata illecita sia perché la libertà di stato è un requisito indispensabile per contrarre matrimonio sia perché il codice penale punisce chi essendo già sposato, contrae un altro matrimonio. La pena prevista, ovvero la reclusione da 1 a 5 anni, si applica anche a chi, non essendo coniugato, si sposa con persona già unita in matrimonio.

Nei delitti contro la morale familiare è invece ricompreso l’incesto. Secondo la legge chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente (un figlio o anche un nipote) o un ascendente (genitore o nonno) o con un affine in linea retta (ad esempio la suocera) ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni [2]. Per pubblico scandalo deve intendersi quello che crea un profondo senso di turbamento e di disgusto in un numero indeterminato di persone estranee alla cerchia familiare degli incestuosi.

Dei delitti contro lo stato di famiglia fanno parte:

  • la supposizione di stato, che è la condotta di chi dichiara una nascita mai avvenuta;
  • la soppressione di stato, che si ha quando si sopprime lo stato civile di un neonato mediante il suo occultamento. In altre parole i genitori naturali non dichiarano la nascita del bambino al Comune [3];
  • l’alterazione di stato, che si configura quando si modifica lo status di un neonato già iscritto nei registri dello stato civile oppure quando si falsifica ab origine l’atto di nascita sulla base di dichiarazioni o di attestazioni non veritiere [4].

La pena prevista per tali reati è la reclusione da 3 a 10 anni.

Nella categoria dei delitti contro l’assistenza familiare sono ricompresi i reati che più frequentemente vengono commessi all’interno del nucleo familiare come ad esempio quelli di abuso dei mezzi di correzione [5] e quelli di maltrattamenti contro familiari e conviventi [6].

In particolare il primo reato si configura quando un soggetto abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente ed è punito con la reclusione fino a 6 mesi.

La fattispecie criminosa punisce i comportamenti di tutte quelle persone che per motivi familiari (i genitori oppure i nonni), di lavoro (ad esempio i maestri) o semplicemente di fatto (si pensi a una baby sitter occasionale) sono tenute a provvedere ad un’altra persona. Pertanto, se dette persone utilizzano in maniera distorta o eccessiva qualsiasi mezzo di cui dispongono per far rispettare la loro autorità rischiano di incorrere nel reato di abuso dei mezzi di correzione.

Per quanto attiene al reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi commette tale tipo di delitto chiunque maltratta una persona di famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia. Nella nozione di convivente rientrano non solo i familiari e i parenti in senso stretto, ma anche coloro che vivono sotto lo stesso tetto: vedi ad esempio la domestica costretta a subire le prepotenze del padrone di casa. Tale fattispecie criminosa si applica non solo a chi arreca delle sofferenze fisiche ma anche a chi causa un dolore psichico o una manipolazione psicologica, purché la vittima sia convivente. Infatti, nei maltrattamenti non rientrano solo le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità che causano sofferenze morali. Elemento fondamentale è che la condotta sia ripetuta nel tempo, ossia che sia abituale.

Se la condotta offensiva è posta in essere nei confronti di una persona affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, per l’esercizio di una professione o di un’arte (vedi il caso degli anziani in una casa di riposo o dei pazienti in un ospedale), ai fini della configurabilità del reato più che la coabitazione in senso stretto rileva quella sorta di soggezione che lega la vittima al carnefice e che impedisce alla prima di difendersi come vorrebbe.

La pena prevista per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi è della reclusione da 3 a 7 anni.

Come difendersi in un processo penale per reati di famiglia?

La migliore difesa in un processo per reati di famiglia passa attraverso la scelta dell’avvocato penalista che dovrà assistere chi è indagato o è stato rinviato a giudizio. Spetta a tale professionista individuare la linea difensiva più opportuna per far assolvere il proprio assistito. In sostanza l’avvocato deve effettuare tutte le opportune verifiche sull’attendibilità della presunta vittima e sulla sostenibilità in giudizio delle accuse mosse al suo cliente al fine di dimostrarne la pretestuosità. Altresì, deve impostare la propria difesa cercando di diradare le apparenze che possono impedire al giudice di scorgere la verità.

Ad esempio nell’ipotesi di una moglie che accusa il marito di maltrattamenti in famiglia può succedere che le accuse siano strumentali per una causa di separazione pendente tra i coniugi. In sostanza è possibile che la moglie abbia denunciato il marito per ottenere condizioni di separazione per sé più vantaggiose o l’affidamento esclusivo dei figli minori. È possibile anche che le accuse siano inventate perché la donna, una volta costituitasi parte civile nel processo penale, vuole ottenere un risarcimento dei danni abbastanza consistente. Altresì, può accadere che le accuse non siano del tutto false in quanto la querela presentata non è relativa a un vero e proprio reato di maltrattamenti in famiglia bensì a una serie di violenze che non vengono compiute solo dal marito ma pure dalla moglie. Infatti, se i due coniugi quando litigano si picchiano e si insultano a vicenda, esiste un rapporto paritetico tra il presunto carnefice e la presunta vittima, esiste cioè un meccanismo di azione e reazione che esclude il reato di maltrattamenti in famiglia. Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione [7] non si configura il reato di maltrattamenti in famiglia quando manca lo stato di soggezione della vittima ovvero uno stato di asservimento della vittima al suo carnefice. È compito quindi del difensore dimostrare l’assenza di soggezione della presunta persona offesa al fine di provare che il reato non sussiste. In quest’ottica un ruolo importante è sicuramente rappresentato dall’acquisizione delle prove dell’innocenza della persona indagata/imputata di un reato di famiglia.

Non si può accusare nessuno della commissione di reati così gravi che possono portare alla reclusione in carcere in assenza di prove e riscontri oggettivi.

L’avvocato penalista perciò deve giocare d’anticipo svolgendo sin da subito investigazioni difensive finalizzate ad acquisire dichiarazioni di parenti o amici, documentazioni di vario tipo quali messaggi, registrazioni audio e ogni altro elemento che possa servire a riabilitare la figura dell’accusato.

In ogni caso non bisogna mai sottovalutare la portata di una denuncia per reati di famiglia e neppure credere che sia sufficiente ritenersi innocente. Una difesa efficace deve prendere le mosse dalla fase delle indagini preliminari e puntare, se possibile, ad ottenere un’archiviazione già in tale sede.

 
Pubblicato : 5 Maggio 2023 13:00