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Come difendersi dall’azione di spoglio?

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(@mariano-acquaviva)
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A cosa serve e come funziona l’azione di reintegrazione? In cosa consistono il possesso e la detenzione? Come tutelarsi in giudizio?

Anche chi non è proprietario può rivolgersi alla giustizia per chiedere che un certo bene, di cui prima si aveva la disponibilità, gli venga restituito. Si pensi all’inquilino che, tornato dalle vacanze, trovi la sua abitazione illegittimamente occupata da un’altra famiglia. In una circostanza del genere il conduttore, pur non essendo il proprietario formale dell’immobile, può agire in giudizio per ottenere lo sgombero. Con questo articolo affronteremo questo particolare argomento, ma dal punto di vista opposto: vedremo cioè come difendersi dall’azione di spoglio.

In italiano “spogliare” non significa solamente “svestire” in senso letterale ma anche privare qualcuno di una certa cosa. È proprio questo, infatti, il senso giuridico del termine: chi esercita un’azione di spoglio chiede di essere reintegrato nel possesso che gli è stato illegittimamente sottratto. Ciò è possibile, però, solamente ad alcune condizioni. Vediamo allora quando si può esercitare l’azione di reintegrazione e come ci si può difendere da essa.

Che cos’è l’azione di spoglio?

L’azione di spoglio (detta anche di reintegrazione) serve a restituire all’originario possessore il bene che gli è stato sottratto violentemente (cioè, con la forza o la minaccia) o clandestinamente (cioè di nascosto o con l’inganno: si pensi a chi si è assentato da casa e, al rientro, trova una persona che si è insediata all’interno).

Con l’azione di spoglio si può ottenere tanto la riconsegna di un bene mobile come un cellulare, un computer o una macchina, tanto di un immobile come una casa o un terreno.

Ad esempio, è possibile esercitare l’azione di reintegrazione contro il condomino che, illegittimamente, ha chiuso il cortile comune apponendo un cancello all’ingresso.

Ugualmente, configura un atto di spoglio la sostituzione della serratura della porta di accesso all’immobile da parte dei detentori, se ad essa non sia seguita la consegna di copia delle chiavi ai proprietari che ne avevano fatto richiesta.

Chi può esercitare l’azione di spoglio?

L’azione di spoglio può essere esercitata:

  • dal possessore, cioè da chi aveva la disponibilità della cosa pur non essendone il proprietario. Il possesso su un bene si manifesta con un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà. Ad esempio, chi occupa il terreno del vicino senza che questi gli abbia dato alcun permesso diventa il possessore del fondo. Anche il ladro, quindi, è il possessore del bene che ha rubato;
  • dal detentore, cioè da chi aveva la disponibilità della cosa in virtù di un regolare permesso. Si pensi a chi guida l’auto altrui ricevuta in prestito, oppure all’inquilino che vive in affitto all’interno dell’abitazione del locatore. In questi casi c’è detenzione e non possesso perché la disponibilità del bene deriva da un rapporto qualificato (comodato, locazione, ecc.), in virtù del quale il detentore non si sognerebbe mai di trattare il bene come se fosse proprio.

È quindi chiaro che l’azione di spoglio possa essere esercitata anche da chi non è proprietario; anzi: può essere esercitata perfino contro il proprietario.

È il caso dell’inquilino che agisce con l’azione di reintegrazione contro il locatore che, a dispetto del contratto, non vuole più lasciarlo entrare in casa, oppure del ladro che fa valere il suo possesso contro il proprietario.

Entro quanto tempo si può chiedere la reintegrazione?

L’azione di reintegrazione va esercitata tassativamente entro un anno dal momento in cui lo spoglio è avvenuto oppure è stato scoperto.

Ad esempio, se il proprietario di casa si è accorto solo al rientro da una lunga trasferta estera che la sua casa è stata illegittimamente occupata, l’anno utile per l’esercizio dell’azione comincerà a decorrere solamente da quando ci si è effettivamente resi conto dello spoglio.

Come funziona l’azione di spoglio?

L’azione di spoglio si caratterizza per la velocità della tutela che garantisce al possessore. A differenza delle azioni a tutela della proprietà, infatti, il possessore non deve produrre in giudizio i documenti che dimostrano la titolarità del bene (rogiti, donazioni, compravendite, ecc.), bensì solamente di essere stato illegittimamente privato del possesso non oltre l’anno.

Il giudice, quindi, sulla base delle informazioni fornite da chi lamenta lo spoglio, deve solo accertare se il bene è stato sottratto a chi lo possedeva prima, ordinandone la restituzione se ritiene fondata l’azione.

Solamente se viene fatta opposizione contro questa decisione si aprirà una seconda fase del giudizio con cui il giudice dovrà stabilire a chi appartiene effettivamente il bene oggetto della disputa.

Il procedimento che nasce a seguito dell’esercizio dell’azione di spoglio, quindi, si compone di due fasi:

  • la prima, a cognizione sommaria, si conclude con l’ordine di reintegrazione o con il rigetto della domanda;
  • la seconda, di merito, si conclude con la sentenza definitiva che statuisce sulla fondatezza della pretesa.

Come difendersi dall’azione di spoglio?

Chi intende difendersi dalla reintegrazione deve dimostrare l’insussistenza dei requisiti tipici dell’azione, e cioè che:

  • lo spoglio è avvenuto da oltre un anno;
  • l’azione non è esercitata né dal possessore né dal detentore. Ad esempio, la legge dice che non può esercitare lo spoglio chi ha la disponibilità di una cosa per ragioni di servizio (si pensi al lavoratore subordinato che detiene i materiali che utilizza per lavorare) o di ospitalità (è il caso, appunto, dell’ospite a casa di amici);
  • lo spoglio non è stato violento né clandestino. È il caso di chi entra nel terreno altrui sotto gli occhi del proprietario, il quale non dice niente e non fa nulla per fermarlo.

In tutte queste ipotesi, è possibile difendersi dall’azione di spoglio, ottenendo un provvedimento con cui il giudice rigetta la pretesa dell’attore, conservando quindi il proprio possesso.

 
Pubblicato : 8 Luglio 2023 17:15