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Come dichiarare casa assegnata al coniuge

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(@paolo-remer)
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Chi paga Irpef, Imu e Tari quando l’immobile è di proprietà di un coniuge ma con la separazione o il divorzio viene assegnato all’altro; come indicare la casa nel modello 730.

In questo articolo ti spiegheremo come dichiarare la casa assegnata al coniuge, nel modello 730 ed anche ai fini dell’Imu. Questo argomento riguarda tutte le ipotesi in cui l’ormai ex casa familiare, viene assegnata al cosiddetto genitore collocatario, cioè colui (o colei) presso il quale i figli rimarranno a vivere dopo la separazione della coppia.

Ma l’ex coniuge che diventa assegnatario potrebbe non essere il proprietario dell’immobile. Bisogna vedere, quindi, a chi toccano i vari adempimenti fiscali. Vedendo le cose in una prospettiva concreta: le tasse deve pagarle la moglie che occupa la casa, o il marito che ne rimane proprietario ma ne perde il godimento per parecchi anni? Le varie imposte sulla casa – in particolare, Irpef, Imu, e Tari – hanno un regime differente.

Assegnazione casa al coniuge: quando spetta?

Quando una coppia di coniugi con figli si separa, capita spesso che l’ex casa familiare venga assegnata a uno di essi – solitamente la moglie – anche se è di proprietà dell’altro. Questo provvedimento di assegnazione della casa coniugale viene adottato per garantire la stabilità familiare: per i figli la separazione dei loro genitori è un trauma, che si può attutire facendoli continuare ad abitare nella stessa casa dove stanno crescendo, evitandogli il disagio di un trasloco e dell’ambientazione in una nuova residenza.

Una norma del Codice civile [1] dispone che «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli», non dell’ex coniuge: ecco perché, se non vi sono figli nati da quel matrimonio cessato (o se sono già adulti e indipendenti), la casa non può essere assegnata.

Casa assegnata al coniuge: quanto dura?

Così il genitore collocatario dei figli diventa titolare di un vero e proprio diritto di abitazione in quella casa, che può durare a lungo. Ovviamente il proprietario dell’immobile – se è diverso dall’assegnatario, come nel caso della casa del marito che con provvedimento del giudice viene data alla moglie – subisce una forte limitazione del suo diritto, perché dovrà tollerare a lungo il diritto di abitazione dell’ex coniuge in quei locali, almeno fino a quando i figli non diventeranno maggiorenni e in molti casi anche per parecchi anni dopo, fino a quando non raggiungeranno l’indipendenza economica.

Il diritto di abitazione nella casa coniugale, però, può cessare anche prima, se l’assegnatario vi rinuncia, si risposa o va a vivere altrove insieme ai figli e, come abbiamo detto, quando essi diventano economicamente autonomi e si trasferiscono (per maggiori informazioni, leggi “Quando cessa l’assegnazione della casa familiare“).

Casa assegnata al coniuge: va indicata nel 730?

Gli immobili di proprietà generano un reddito fondiario, che, per quanto piccolo sia, è imponibile ai fini Irpef in base alla rendita catastale [2]. Pertanto, nel modello 730 i dati vanno indicati nel quadro B – intitolato «Redditi dei fabbricati» (è lo stesso nel quale bisogna inserire i proventi degli immobili dati in locazione).

Come si dichiara la casa assegnata al coniuge? Occorre riportare nel quadro B del 730 – se non già presenti nella dichiarazione precompilata annuale – la rendita catastale, la percentuale di proprietà e il periodo di possesso dell’immobile.

Per l’abitazione principale c’è comunque una deduzione di importo pari alla rendita catastale, che neutralizza l’imposta: in pratica non bisogna versare nulla, fermi restando gli obblighi di dichiarazione.

Chi paga l’Irpef sulla casa familiare assegnata a un coniuge?

Il proprietario dell’immobile – ad esempio il marito – deve riportare nel suo modello 730 questi dati anche quando la casa è stata assegnata all’ex moglie, e quindi non ha la possibilità di utilizzare l’appartamento, del quale comunque rimane intestatario. Se la casa è in comproprietà, la percentuale di reddito è del 50% ciascuno: in tal caso, quindi, anche la moglie paga la sua parte, ma non in quanto assegnataria, bensì come comproprietaria.

L’Irpef è a carico del proprietario dell’immobile, non dell’assegnatario.

La conseguenza di tutto ciò è che se l’ex moglie diventa assegnataria della casa familiare ma non ne è proprietaria, o comproprietaria, non deve dichiarare alcun reddito di fabbricati, pur godendo del possesso e del diritto di abitazione in quell’immobile. Ovviamente ciò non la esime dal dover dichiarare tutti gli altri immobili di sua eventuale proprietà.

Tecnicamente, la spiegazione di ciò sta nel fatto che ai fini fiscali l’assegnatario della casa coniugale in caso di separazione o divorzio è titolare di un diritto personale di godimento, non di un «diritto reale», come la proprietà o l’usufrutto, rientrante nel novero di quelli che fanno scattare il presupposto imponibile previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi [2].

Secondo questa tesi, ormai recepita dall’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza [3], il diritto di abitazione previsto dal Codice civile [4] che è un vero e proprio diritto reale, è diverso dall’assegnazione in godimento della casa familiare, così come è diverso il diritto di abitazione del coniuge superstite.

Casa assegnata al coniuge: chi paga l’Imu?

L’Imu – imposta municipale unica, di competenza comunale – segue regole diverse da quelle previste per l’Irpef. Innanzitutto, è totalmente esente la prima casa, intesa come luogo di residenza anagrafica e dimora effettiva di chi la possiede (l’esenzione non vale per gli immobili di lusso: sono tali quelli compresi nelle categorie catastali A/1, A8 e A/9).

La normativa sull’Imu [5] stabilisce che l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione.

Quindi, di norma, l’ex coniuge assegnatario della casa coniugale non deve pagare l’Imu se sussistono questi requisiti, ossia se vive effettivamente in quell’immobile, e ciò vale per tutta la durata di efficacia del provvedimento di assegnazione del giudice. Quando l’assegnazione cesserà, torneranno in vigore le regole normali, pertanto il proprietario che non vi abita dovrà pagare l’Imu come seconda casa.

Il regime che abbiamo descritto vale anche per le pertinenze della casa assegnata, come il box e la cantina, che rientrano nell’esenzione Imu per l’immobile principale al quale si riferiscono, ma solo nei limiti di una per ogni categoria (quindi, ad esempio, non per due garage separati).

Casa assegnata al coniuge: chi paga la Tari?

La Tari – tassa sui rifiuti – si paga anche sulle prime case, non solo sulle seconde o terze. Non valgono le esenzioni previste per l’Imu. Le eccezioni riguardano gli immobili disabitati o inutilizzabili, ma non è questo il caso della casa assegnata all’ex coniuge per abitarvi insieme ai figli.

Dunque l’assegnatario della casa – non il proprietario formale – dovrà versare la Tari al Comune per tutta la durata dell’occupazione, come stabilita nel provvedimento del giudice. Alcuni regolamenti comunali prevedono delle riduzioni Tari per gli ex coniugi assegnatari dell’immobile in cui abitano insieme ai figli minori.

Il medesimo principio secondo cui i tributi locali legati alla fruizione di determinati servizi, come la raccolta dei rifiuti, ricadono sull’effettivo occupante dell’immobile vale anche per le altre spese inerenti la casa assegnata, come le quote condominiali e le bollette delle utenze, salvo che sia diversamente stabilito negli accordi di separazione o di divorzio. Per approfondire questi aspetti, leggi “Chi paga le spese della casa assegnata all’ex coniuge“.

 
Pubblicato : 29 Giugno 2023 10:30