Come bloccare un’asta con la ristrutturazione dei debiti
La ristrutturazione dei debiti offre una via d’uscita per chi è sovraindebitato e vuole evitare espropriazioni, senza il consenso dei creditori.
Sicuramente, tra i numerosi sistemi suggeriti dagli avvocati per contrastare un pignoramento immobiliare, uno dei più efficaci è la cosiddetta “ristrutturazione del debito”. Questa misura – inizialmente prevista dalla cosiddetta “legge salvasuicidi”, poi confluita nel codice della crisi d’impresa – consente, a chi non ha la possibilità di pagare i propri debiti, di liberarsi da ogni pendenza pagando una somma “a saldo e stralcio”. Cerchiamo di comprendere meglio come bloccare un’asta con la ristrutturazione dei debiti.
Cos’è la ristrutturazione dei debiti?
La ristrutturazione dei debiti rappresenta una soluzione efficace per chi si trova in difficoltà finanziarie e vuole evitare che i propri beni, come la casa, siano presi per saldare i debiti.
Questa opzione, prevista dagli articoli 67 e seguenti del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, funziona un po’ come un accordo obbligato con i creditori.
In pratica, chi si trova in una situazione di sovraindebitamento, cioè quando non è più in grado di pagare i propri debiti, può proporre al tribunale un piano per rivedere e ridimensionare le proprie obbligazioni in modo da renderle più gestibili rispetto ai propri redditi. Questo piano non richiede l’approvazione dei creditori (questi ultimi possono solo presentare eventuali opposizioni).
Ma chi può usufruire di questa opportunità? Il “consumatore” come definito dallo stesso Codice: si tratta di persone fisiche che non agiscono per scopi legati alla propria attività professionale o imprenditoriale, compresi coloro che sono soci di società di persone.
In realtà, tale strumento è aperto anche agli imprenditori ma, in tal caso, il piano deve ottenere il consenso dei creditori che rappresentano il 60% del totale dei crediti.
Quando è possibile ottenere la ristrutturazione del debito?
La condizione fondamentale per accedere a questa procedura è trovarsi in uno stato di sovraindebitamento. Questo non significa solo essere insolventi nel presente, ma avere prospettive future tali per cui non si è in grado di onorare le proprie obbligazioni. Anche chi ha già subito un’espropriazione, quindi, rientra tra coloro che possono richiedere la ristrutturazione dei propri debiti. In altri termini, se hai la casa all’asta e vuoi bloccare il pignoramento, puoi farlo con questa procedura.
Come funziona la ristrutturazione del debito?
Se ti trovi in una situazione di sovraindebitamento e vuoi avviare una procedura di ristrutturazione dei debiti, è possibile presentare la domanda tramite un Organismo di Composizione della Crisi (Occ) senza necessariamente avvalerti di un avvocato. Tuttavia, avere il supporto di un legale è fortemente raccomandato, specialmente per gestire eventuali opposizioni da parte dei creditori, che potrebbero non essere d’accordo con il piano di ristrutturazione proposto.
La domanda va depositata presso l’Occ della tua zona. Dovrai preparare un piano di rimborso che preveda condizioni favorevoli per i creditori, come pagamenti dilazionati nel tempo. Questo piano deve essere allettante e realistico, tenendo conto delle tue capacità di pagamento.
È possibile includere nel piano proposte particolari, come la parziale soddisfazione dei debiti garantiti da ipoteche o pegni, soprattutto se si prevede che, in caso di liquidazione forzata dei beni, i creditori riceverebbero meno del valore nominale del credito.
Inoltre a proposta può prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente se è attestato che nella liquidazione controllata sarebbero comunque regolati meno del valore nominale.
Si può poi prevedere il rimborso delle rate a scadere del mutuo fondiario se il debitore ha adempiuto alle proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito maturato alla data del deposito: in quest’ipotesi, il peso del debito accumulato può rendere necessario ottenere finanza esterna.
Questa facoltà può essere esercitata anche quando il credito ipotecario è inferiore al valore di realizzo del bene, dunque i creditori potrebbero essere soddisfatti meglio in un’eventuale liquidazione del bene rispetto al piano.
L’autorizzazione del giudice
Una volta presentata la domanda al tribunale competente, il giudice può autorizzare lo stralcio dei debiti e stabilire un termine per eventuali contestazioni.
Con le nuove norme, hai la possibilità di ottenere un piano di stralcio totale dei debiti, senza pagare neanche una quota di questi, se riesci a dimostrare di essere completamente incapace di procurarti risorse economiche per pagare.
La domanda può essere respinta se hai già usufruito della procedura di esdebitazione due volte, o una volta negli ultimi cinque anni, oppure se l’indebitamento è avvenuto a causa di comportamenti fraudolenti o gravemente negligenti.
Importante: se una finanziaria ha concesso un prestito senza adeguata valutazione della tua capacità di rimborso, potrebbe perdere il diritto di opporsi alla conferma del piano di ristrutturazione.
Inoltre, il tribunale può bloccare le azioni esecutive contro di te, come l’espropriazione della tua casa, per garantire che le risorse disponibili siano utilizzate secondo quanto previsto dal piano di ristrutturazione. Questo può evitare situazioni stressanti come dover cercare una nuova abitazione e affrontare ulteriori spese.
L’omologa
Dopo aver esaminato le eventuali contestazioni sollevate dall’Organismo di Composizione della Crisi (Occ) o dai creditori, il tribunale ha la facoltà di approvare definitivamente, o “omologare“, il piano di ristrutturazione dei debiti proposto. L’omologazione avviene se nessun creditore ha sollevato obiezioni, o se il giudice valuta che le obiezioni presentate non siano tali da garantire ai creditori una condizione migliore rispetto a quella che avrebbero in una liquidazione ordinata dei beni del debitore.
Una volta ottenuta l’omologazione, il piano diventa vincolante per il debitore, che deve procedere all’adempimento delle condizioni stabilite. Questa fase è attentamente monitorata dall’Occ, che vigila sull’effettiva realizzazione delle operazioni previste, come la vendita o la cessione di beni, che devono essere eseguite attraverso processi competitivi per garantire trasparenza e correttezza.
È fondamentale che il debitore segua scrupolosamente il piano omologato. Se il piano non viene rispettato, ci sono conseguenze significative. Un creditore, o anche il Pubblico Ministero in presenza di sospetti di frode, può richiedere al giudice di revocare l’omologazione del piano. In questo caso, il giudice può decidere di convertire la procedura di ristrutturazione in una liquidazione controllata dei beni del debitore. Questo passaggio rappresenta una sorta di “piano B” che si attiva quando il piano di ristrutturazione fallisce, con l’obiettivo di salvaguardare, per quanto possibile, gli interessi dei creditori attraverso la vendita ordinata dei beni del debitore.
Quanto tempo per pagare ed estinguere il debito?
Secondo la Cassazione (ord. n. 4622 del 21/02/2024), il debitore può pagare con calma perché ha diritto a una seconda chance, grazie al regolamento Ue sull’insolvenza. Nelle procedure da sovraindebitamento, dunque, il consumatore ha la facoltà di estinguere le obbligazioni assunte nel piano anti-crisi anche oltre un anno dopo l’omologazione da parte del giudice. E pure senza il consenso del creditore con diritto di prelazione, a condizione che quest’ultimo possa pronunciarsi sulla proposta del debitore non fallibile, che comunque spetta al giudice approvare.
Nel silenzio della legge sui termini massimi per adempiere, infatti, conta soprattutto che si trovi una soluzione per cui le ragioni dei creditori possano essere soddisfatte: i tempi lunghi possono giovare a tutti.
È vero, il piano del consumatore per uscire dalla crisi determina un’imposizione giudiziale ai creditori che possono solo contestarne la convenienza, mentre il giudice può comunque omologarlo se lo ritiene più conveniente rispetto alla soluzione liquidatoria. E dunque per evitare pregiudizi eccessivi ai creditori una parte della giurisprudenza di merito ha indicato una durata massima alla procedura pari a cinque-sette anni, in analogia ai termini individuati per le procedure concorsuali.
Il punto è che gli interessi del creditore possono essere tutelati anche da una dilazione più lunga. Ad esempio quando il debitore ha un solo bene di rilievo, la casa, che ha un valore pari o inferiore alle passività: dalla vendita all’asta, infatti, si ricava una somma spesso molto inferiore al valore dell’immobile: si può offrire un corrispettivo fino a quarto del prezzo base e dal ricavato vanno decurtati i costi della procedura.
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