Come agire in caso di mancato pagamento?
Procedura di recupero crediti nei confronti del debitore: cosa deve fare il creditore.
Il recupero crediti è uno dei temi più discussi e controversi dell’apparato giudiziario italiano: è il punto debole, la spina nel fianco, la ferita che non si è mai rimarginata. E ciò perché, per recuperare un credito, non c’è solo bisogno di un sistema che garantisca regole certe e procedure veloci ma anche di soggetti solvibili: che possano cioè pagare o che abbiano beni a sufficienza per poter essere pignorati in caso di inadempimento. È proprio quest’ultimo il principale scontro: come si fa a spremere un limone già secco e a trasformare la carta bollata (quella delle sentenze) in carta filigranata (il denaro da riscuotere)? Non potendo risolvere questo problema vecchio quanto l’uomo, in questo articolo ci limiteremo a indicare quali sono le procedure da seguire, ossia come agire in caso di mancato pagamento, tenendo conto che la legge prevede una regola generale per qualsiasi credito e, accanto a questa, soluzioni alternative in caso di crediti già certi, liquidi ed esigibili. Ma procediamo con ordine.
Come si recupera un credito?
Il procedimento di recupero del credito si articola in due fasi:
- l’accertamento del credito;
- l’esecuzione forzata.
La fase dell’accertamento è rivolta ad accertare il diritto del creditore.
La fase esecutiva è eventuale: scatta cioè solo se il debitore non ha ancora pagato spontaneamente ed è rivolta ad apprendere i suoi beni per poter soddisfare il creditore.
Prima di vedere come funzionano queste fasi, sarà bene sintetizzare in poche parole come funziona tutta la procedura.
Chi avanza un credito verso un’altra persona deve agire in via civile con un avvocato facendo causa al debitore per sentirlo condannare dal giudice. Se però il creditore ha un documento scritto o una fattura che sancisce il suo credito, può chiedere al giudice l’emissione del decreto ingiuntivo che andrà poi notificato al debitore affinché questi sappia che deve pagare.
Se, nonostante la notifica della sentenza di condanna o del decreto ingiuntivo, il debitore non adempie, il creditore dovrà avviare il pignoramento dei suoi beni. E potrà sapere quali sono i beni intestati al debitore avviando una ricerca telematica attraverso l’ufficiale giudiziario, il quale si interfaccia con l’Anagrafe dei conti correnti e il Registro dei Rapporti finanziari. Si tratta di due banche dati che il fisco usa per conoscere tutti i beni intestati ai contribuenti, i conti correnti e gli immobili. Con queste informazioni il creditore può procedere al pignoramento degli eventuali beni del debitore, a colpo sicuro.
Abbiamo appena sintetizzato tutta la procedura che sancisce come agire in caso di mancato pagamento. Ma qui di seguito ci soffermeremo sulle singole fasi.
L’accertamento del credito
Per recuperare un credito ci vuole innanzitutto ciò che il diritto chiama titolo esecutivo ossia un documento che sancisca ufficialmente l’esistenza del diritto da parte del creditore e il suo ammontare.
Quali sono questi documenti? Innanzitutto le sentenze di condanna del giudice, quelle cioè emesse a seguito di una regolare causa. Lo sono anche i decreti ingiuntivi che, come vedremo più avanti, sono anch’essi provvedimenti nel giudice emessi tuttavia a seguito di un giudizio accelerato e sommario.
Sono altresì titoli esecutivi le cambiali e gli assegni: chi si trova in mano uno di questi documenti non deve fare una causa contro il debitore, potendo direttamente avviare l’esecuzione forzata (ossia il pignoramento dei beni).
Ed ancora, nell’elenco dei titoli ci sono gli atti notarili che sanciscono obblighi di pagamento, come nel caso del mutuo.
Per uscire fuori dall’ambito dei rapporti tra privati, sono titoli altresì le cartelle esattoriali (e difatti il fisco non fa mai causa contro un contribuente che non ha pagato le imposte: si limita a notificargli l’accertamento e, dopo di questo, la cartella per poi procedere al pignoramento dei beni); gli attestati di credito della Siae(ossia gli accertamenti fatti dai relativi ispettori per la violazione dei diritti d’autore); alcune ingiunzioni di pagamento della P.A. come gli accertamenti dell’Inps o dell’Agenzia delle Entrate.
Non sono titoli di credito i contratti, le fatture, le bollette delle utenze domestiche, le promesse di pagamento, ma si tratta pur sempre di documenti che sono prova del credito.
Cosa deve fare il creditore per agire contro il debitore?
Dunque, la prima cosa che deve fare il creditore è avviare una causa civile contro il debitore affinché il giudice accerti se il suo diritto di credito sussiste davvero e a quanto ammonta.
Ad esempio, una persona che lamenti un danno provocati da un’altra (si pensi al locatore che vuole dall’inquilino il risarcimento per aver lasciato l’appartamento in condizioni precarie) deve rivolgersi al giudice affinché:
- verifichi se effettivamente c’è stata la violazione di una norma giuridica (nell’esempio di prima, quella di sottoporre il bene a ordinaria manutenzione e custodirlo con la diligenza del buon padre di famiglia);
- quantifichi il danno secondo le prove offerte dal creditore;
- condanni il debitore con la sentenza, addebitandogli anche le spese di giudizio sostenute dal creditore.
In termini pratici questo significa che il creditore deve:
- rivolgersi a un avvocato civilista;
- anticipargli le spese necessarie al processo;
- presentare le prove del proprio credito (ad esempio un contratto non adempiuto).
Non sempre i contratti sono scritti: in tali casi è possibile dimostrare il credito con prove testimoniali o con la prestazione svolta in favore del debitore e del suo conseguente arricchimento.
Come accelerare i tempi per il recupero dei crediti?
Dicevamo in apertura che la legge prevede delle forme di recupero dei crediti più celeri quando il diritto del creditore è certo, liquido ed esigibile, il che avviene quando è documentato in una prova scritta. Questa prova scritta può essere, ad esempio:
- un contratto firmato da entrambe le parti;
- una fattura (per quanto sia un documento formato unilaterlamente, a fronte della stessa bisogna comunque corrispondere all’erario le imposte e nessuno, che non abbia effettivamente diritto al pagamento, si azzarderebbe a emettere una fattura falsa solo per fregare il debitore);
- una promessa di pagamento sottoscritta dal debitore o altro documento che, anche se tacitamente, dimostri l’ammissione del debito da parte del debitore (si pensi a una richiesta di dilazione o di saldo e stralcio);
- una transazione sottoscritta dalle parti per trovare un accordo bonario a una precedente contestazione;
- un assegno o una cambiale;
- il verbale dell’assemblea di condominio che approvi il bilancio e il piano di riparto dell’amministratore.
In questi casi, il creditore può – depositando la prova scritta presso la cancelleria del giudice – chiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo ossia l’ordine di pagamento al debitore, senza che quest’ultimo sia sentito.
Il decreto deve essere poi notificato al debitore entro 60 giorni e questi ha 40 giorni di tempo per pagare o per fare opposizione, contestando l’esistenza o l’entità del credito. In tal caso si aprirà un giudizio regolare in cui l’onere della prova spetta in capo al creditore.
Come agire per recuperare uno stipendio?
Le procedure appena viste (la causa ordinaria prima, il decreto ingiuntivo dopo) possono essere utilizzate anche dal dipendente che non si è visto pagare lo stipendio. Ma quest’ultimo ha anche ulteriori strumenti come la richiesta di intervento dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Dinanzi a tale ufficio si può “denunciare” (è un termine improprio) il datore di lavoro per ottenere un incontro con questi rivolto a trovare una mediazione. Se non si raggiunge l’accordo, l’Ispettorato comminerà le sanzioni al datore. Diversamente il verbale di conciliazione sarà “titolo esecutivo”, varrà cioè come una sentenza e quindi consentirà, in caso di inadempimento, di passare alla seconda fase del recupero del credito, quella dell’esecuzione forzata.
Quando non è necessaria una causa contro il debitore?
Come visto prima, la fase dell’accertamento del credito – sia che questa avvenga con una causa ordinaria e l’emissione di una sentenza, sia che avvenga in via sommaria, con l’emissione di un decreto ingiuntivo – è un momento fondamentale. Essa però non è necessaria se il creditore è munito già di un titolo esecutivo come una cambiale o un assegno protestati o un contratto autenticato dal notaio che sancisce appunto l’esistenza del credito. In tal caso si può passare direttamente alla fase esecutiva.
Il pignoramento
Il creditore deve notificare al debitore il titolo esecutivo (ad esempio la sentenza di condanna o il decreto ingiuntivo) così chiedendogli di pagare. Dopodiché deve inviargli un secondo atto a mezzo dell’ufficiale giudiziario che si chiama precetto: è una sorta di ultimo invito a pagare entro 10 giorni. Se l’adempimento non avviene spontaneamente, il creditore può avviare il pignoramento dei beni del debitore, scegliendo quelli che ritiene di più facile e immediato realizzo (ad esempio il conto in banca, lo stipendio, la pensione, la casa, ecc.).
Per ogni tipo di pignoramento ci sono regole speciali e limiti che non è possibile trattare in questa sede.
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