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Coltivazione di cannabis per uso personale: cosa dice la legge

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(@angelo-greco)
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Marijuana: l’articolo 75 si applica solo a piccole coltivazioni di uso domestico. Non c’è reato, ma ciò non significa che la coltivazione sia stata legalizzata. 

La coltivazione di cannabis per uso personale è un argomento dibattuto che genera spesso dubbi ed equivoci interpretativi. Chiariamo subito che la coltivazione di cannabis per uso personale non è stata liberalizzata come alcuni invece credono a seguito di un recente intervento della Cassazione secondo cui l’esiguo numero di piante esclude qualsiasi incriminazione penale. Ma l’assenza dei presupposti per il reato di spaccio non significa certo che tale attività sia lecita. Restano infatti pur sempre possibili le sanzioni amministrative.

In questo articolo qual è l’attuale situazione in Italia. Vedremo cioè cosa dice la legge in tema di coltivazione di cannabis per uso personale, le condizioni per poter predisporre sul balcone o nel giardino di casa una piccola serra per la produzione di marijuana e quali i possibili rischi e le sanzioni in caso di violazione delle norme. Ma procediamo con ordine.

Coltivazione di cannabis per uso personale: la legge italiana

In Italia, l’articolo 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti (DPR 309/90) stabilisce le pene per chi coltiva, produce, vende o distribuisce sostanze stupefacenti, qualsiasi esse siano. Le pene però vengono graduate a seconda del tipo di sostanza psicotropa. In particolare, la legge distingue tra: 

  • sostanze di tabella I (come cocaina ed eroina): in tali casi è prevista la reclusione da 6 a 20 anni e una multa da € 26.000,00 a 260.000,00: 
  • tabella II (come cannabis e marijuana): in tal caso sono previste pene più lievi. In particolare, la pena di cui al precedente punto viene diminuita da un terzo a metà.

La coltivazione domestica di cannabis non è sempre punita penalmente, a condizione che si rispettino determinate circostanze. Di tanto ci occuperemo meglio nei successivi paragrafi.

Quando la coltivazione domestica di cannabis non è punita

La Corte di Cassazione, con la sentenza 20389/21, ha stabilito che la coltivazione domestica di cannabis non è punita penalmente – e pertanto non è reato – se rispetta alcune condizioni, tra cui:

  • esiguo numero di piante (non indicato dalla Cassazione ma si ritiene inferiore a 5/6);
  • rudimentale tecnica di coltivazione (assenza di strumenti di misurazione umidità, fertilizzanti, macchine per la lavorazione della terra, assenza di locali di stoccaggio);
  • modesto quantitativo di principio attivo;
  • assenza di sostanze da taglio;
  • assenza di prodotti per il confezionamento della sostanza ricavata;
  • mancato inserimento nel mercato dello spaccio.

Tutte queste condizioni infatti portano a escludere che si possa essere in presenza di una finalità rivolta allo spaccio. Difatti è solo lo spaccio che la legge penale vieta: lo spaccio è reato, il consumo personale no. Il consumo personale è solo un illecito amministrativo punito con sanzioni come la sospensione della patente o la revoca del porto d’armi (ne parleremo a breve). 

Dunque, la coltivazione di cannabis non rivolta allo spaccio non è reato perché si considera per uso personale. Essa quindi implica solo le sanzioni amministrative. 

Se tutte le condizioni appena elencate sono soddisfatte, l’imputato potrebbe non essere punito penalmente.

Sanzioni amministrative per la detenzione di sostanza stupefacente destinata al consumo personale

La detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale può comportare sanzioni amministrative, come previsto dall’articolo 75 del DPR 309/90. Queste sanzioni variano a seconda del tipo di droga e possono includere: 

  • la sospensione o il divieto di conseguire patente di guida, 
  • la sospensione o il divieto di conseguire porto d’armi, 
  • la sospensione o il divieto di conseguire il passaporto e permesso di soggiorno per motivi di turismo.

Coltivazione per uso terapeutico

La Cassazione ha detto che non è reato coltivare due piantine di cannabis a scopo terapeutico: si tratta infatti di una mera attività domestica che porta ad ottenere un modesto quantitativo di sostanza. Anche in questo caso, però, la pronuncia non sta a significa che tale attività sia ritenuta lecita o legalizzata, ma semplicemente che è depenalizzata, ossia che non rientra nell’ambito del penale in quanto non ritenuta finalizzata allo spaccio.

Coltivazione di cannabis sul balcone di casa

La coltivazione di cannabis sul balcone di casa per uso personale non è reato purché siano rispettate le condizioni sopra descritte. Si tratta infatti di un semplice illecito amministrativo e quindi non è penalmente rilevante quando il prodotto ricavabile è di entità minima e la coltivazione non connotata da abitualità è di tipo domestica e rudimentale.

Tuttavia, è importante ricordare che la legge italiana non fornisce un’indicazione precisa sul numero massimo di piante che si possono coltivare e che le sanzioni potrebbero essere applicate se si supera il limite stabilito dalla giurisprudenza.

La Cassazione [1] ha precisato che la coltivazione di una piantina alta 1,60 metri, in grado di produrre circa 160 dosi di sostanza stupefacente, può rientrare nell’ambito dell’illecito amministrativo e non dell’illecito penale: non è cioè reato.

Attenzione: non esiste una quantità minima di piantine di cannabis entro la quale l’attività non costituisca neanche illecito amministrativo. L’attività resta sempre illegale, per quanto non penalmente rilevante.

La Cassazione, chiamata a decidere sulla vicenda, ha fatto riferimento alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 12348/19, che stabilisce la distinzione tra coltivazione penalmente rilevante e coltivazione penalmente non rilevante, basandosi sulla prevedibilità della potenziale produttività. La coltivazione penalmente non rilevante è caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima e deve rispondere a diversi criteri, tra cui: 

  • la minima dimensione della coltivazione;
  • la sua realizzazione in forma domestica e non industriale;
  • la rudimentalità delle tecniche utilizzate;
  • il basso numero di piante;
  • l’assenza di indizi di inserimento nel mercato degli stupefacenti.

Alla luce di questo orientamento giurisprudenziale, la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’appello, ritenendo che il fatto non sussista. La sentenza stabilisce quindi che la coltivazione di una pianta di cannabis nel cortile dell’abitazione, in assenza di elementi che possano dimostrare un’attività di spaccio, può essere considerata legale se destinata all’uso personale, anche se la piantina è alta 1,60 metri e può produrre 160 dosi di sostanza stupefacente.

 
Pubblicato : 22 Marzo 2023 15:15