Chi riscuote le spese processuali?
Cosa succede se non si pagano le spese legali in caso di sconfitta di una causa civile, amministrativa o tributaria oppure in caso di condanna in un processo penale.
Se hai perso una causa civile o sei stato condannato in un processo penale e, in ragione di ciò, il giudice ti ha obbligato a pagare le spese legali, ti chiederai a chi dovrai corrispondere tali importi, in che modalità e soprattutto quali rischi corri se non lo fai. La risposta è differente a seconda di chi sia la tua controparte: se un privato, una pubblica amministrazione o lo Stato. Cerchiamo di fare il punto della situazione e vediamo chi riscuote le spese processuali.
Questo articolo esplora le dinamiche del recupero delle spese legali, seguendo le procedure stabilite dalla legge italiana sia per le cause civili che penali.
Come vengono decise le spese processuali in una causa civile?
La condanna alle spese processuali viene determinata dal giudice con la sentenza finale del processo. La regola generale, nota come “regola della soccombenza“, stabilisce che la parte che perde il giudizio debba rimborsare tutte le spese legali sostenute dalla parte vincitrice: non solo i costi vivi, come il contributo unificato, i diritti di cancelleria, le notifiche, bolli e imposte, ma anche l’onorario dell’avvocato difensore. Tale parcella viene calcolata non già in base agli accordi intercorsi tra l’avvocato e il proprio cliente ma secondo le tariffe professionali previste dal DM 55/2014.
Chi riscuote le spese legali in una causa civile?
Il diritto di credito conseguente alla condanna alle spese processuali spetta alla parte risultata vincitrice e non al suo avvocato. Tuttavia è quest’ultimo che agisce in nome e per conto del cliente al fine di fargli avere tali somme. Dunque, una volta emessa la sentenza, spetta all’avvocato riscuotere le spese processualidovute al proprio assistito. Lo farà seguendo questi passaggi:
- notifica, alla parte soccombente, della sentenza contenente la condanna alle spese processuali;
- successiva notifica dell’atto di precetto: si tratta di un’ultima intimazione alla parte soccombente di effettuare il pagamento entro dieci giorni.
Dopo aver riscosso le spese legali, l’avvocato può versarle direttamente al proprio cliente o trattenere l’importo a copertura dei propri onorari, a seconda degli accordi preesistenti tra le due parti.
Che succede se non si pagano le spese processuali?
Se la parte soccombente, nonostante le intimazioni, non paga spontaneamente le spese processuali, l’avvocato avversario può avviare il pignoramento dopo 10 giorni (e non oltre 90) dalla notifica del precetto.
Il pignoramento potrà avere ad oggetto qualsiasi bene del debitore: il quinto dello stipendio o della pensione, la casa, i beni mobili, l’auto, il conto corrente, i canoni di locazione, eventuali crediti da riscuotere nei confronti dei propri clienti, quote o azioni di società, portafoglio titoli, obbligazioni, polizze vita a scopo investimento, ecc.
Cos’è la “distrazione delle spese processuali”?
In alcuni casi, su richiesta dell’avvocato, il giudice può disporre la cosiddetta “distrazione delle spese processuali“, che attribuisce all’avvocato il diritto di ricevere direttamente le spese legali, senza passare per il cliente. In questi casi, il diritto di credito è dell’avvocato. Anche in questo scenario, la riscossione delle spese è curata dall’avvocato secondo le procedure viste sopra.
Che succede se la controparte è una Pubblica Amministrazione?
Potrebbe succedere che il cittadino abbia agito in via civile o amministrativa (quindi davanti al TAR) contro un ente pubblico, altra Pubblica Amministrazione o lo stesso Stato (ad esempio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ecc.). In questi casi, di norma, la P.A. è rappresentata o da un avvocato del foro libero oppure dall’Avvocatura di Stato. In entrambi i casi è sempre l’avvocato a riscuotere le somme per conto dell’ente per il quale ha agito. Quindi l’iter è quello visto in precedenza: notifica della sentenza e del successivo precetto, con conseguente avvio – in caso di inadempimento – della riscossione forzata con il pignoramento dei beni.
Chi riscuote le spese legali in una causa penale?
Proprio come avviene nel processo civile, anche il processo penale segue il criterio della soccombenza(sebbene ovviamente in un contesto completamente differente).
Ai sensi infatti dell’articolo 535 del cod. proc. pen., con la sentenza di condanna dell’imputato, quest’ultimo viene condannato a pagare le spese processuali. In questo caso però il creditore è lo Stato. Ne consegue che la riscossione spetta all’Agente per la Riscossione esattoriale. In pratica, se il condannato non corrisponde gli importi dovuti, verrà notificata presso la sua residenza una cartella esattoriale che darà il via al pignoramento da parte dell’Agente della Riscossione esattoriale.
Anche in questo caso la procedura è simile (ma non identica) a quella vista in precedenza; tuttavia sussistono alcuni limiti come ad esempio:
- il divieto di pignoramento della prima casa di residenza (sempre che il debitore non abbia altri immobili di proprietà);
- il limite di pignoramento dello stipendio o della pensione è di un decimo se questo non supera 2.500 euro; è di un settimo se supera 2.500 euro ma non è maggiore di 5.000 euro; negli altri casi è di un quinto.
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