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Chi può usare il parcheggio in condominio?

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(@raffaella-mari)
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Diritti e vincoli legali sulle aree di parcheggio condominiali, secondo la Cassazione.

Non sempre è chiaro chi può usare il parcheggio condominiale e cosa preveda la legge a riguardo. In linea generale, quando c’è uno spiazzo in corrispondenza di un edificio vien quasi spontaneo ritenere che l’area sia destinata a parcheggio dei residenti. L’intuizione non è così dissimile da quanto stabilito dal legislatore: l’articolo 1117 del codice civile prevede infatti che i cortili si presumono, salvo prova contraria, un bene comune, di proprietà cioè dei condomini. Questi ultimi pertanto son liberi di utilizzarli per posteggiare le proprie auto e quelle degli eventuali ospiti.

Ma le cose non vanno sempre così e ben è possibile che il costruttore dell’edificio si riservi la titolarità dell’area – pur con l’obbligo di destinarla a parcheggio – per poi venderne le singole porzioni con autonomi rogiti.

Difatti se, di regola, l’atto di compravendita comprende non solo l’unità immobiliare in esso specificata ma anche le eventuali pertinenze non menzionate (come garage e posti auto), ciò non esclude che possa sussistere un esplicito patto contrario.

Recentemente, una sentenza della Cassazione (n. 33122/2023, depositata il 29 novembre) ha chiarito alcuni punti essenziali di tale disciplina, stabilendo chi può utilizzare il parcheggio condominiale.

Il seguente articolo esplora i dettagli di tale decisione e come essa influenza i residenti di un condominio.

Cosa dice la legge sulle aree di parcheggio in condominio?

Secondo la normativa vigente, specificatamente l’articolo 18 della legge 765/1967, è obbligatorio riservare un’area a parcheggio nelle nuove costruzioni, in particolare nel vano cantinato. Si tratta di un vincolo pertinenziale rivolto a garantire la sostenibilità della circolazione e degli spazi urbani. Tuttavia la legge si limita a prescrivere solo l’obbligo di destinare tali spazi a parcheggi ma nulla stabilisce in merito alla proprietà che, se di regola si presume essere di tutti i condomini, ai sensi dell’articolo 1117 del codice civile, nulla esclude che possa risultare diversamente dal regolamento o dagli atti di compravendita.

Le aree di parcheggio possono essere esclusive?

In molti condomini, sorge la domanda se le aree di parcheggio possano essere destinate esclusivamente ad alcuni condòmini. Questa domanda è stata al centro di un contenzioso giudiziario, culminato nella sentenza della Cassazione. La Corte ha fornito risposta positiva. Come appena anticipato infatti, sebbene queste aree siano destinate a parcheggio, non necessariamente devono essere considerate parti comuni dell’edificio. Lo si presume in assenza di diversa indicazione, ma non è obbligatorio.

Qual è il principio stabilito dalla Cassazione?

La Cassazione ha sottolineato che l’obbligo di riservare spazi per parcheggio non implica automaticamente che questi diventino di proprietà comune. Se l’area è stata accatastata separatamente e dispone di un’autonoma caratura millesimale, come nel caso specifico giudicato, essa può essere considerata di proprietà esclusiva e quindi non soggetta alla condominialità ex lege.

Quando un’area di parcheggio è considerata comune?

La Cassazione ha precisato che solo in assenza di un’espressa riserva di proprietà, o se nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari non si fa alcun riferimento a tali aree, queste possono essere considerate parti comuni, secondo l’articolo 1117 del Codice civile.

Quali sono le conseguenze pratiche di questa sentenza?

Questa decisione stabilisce un importante precedente per la gestione delle aree di parcheggio in condominio. Significa che, in alcuni casi, queste aree possono essere di proprietà esclusiva e non necessariamente a disposizione di tutti i residenti del condominio.

È tuttavia necessario che il costruttore si riservi la proprietà già con la prima compravendita. Difatti, è con questa che si forma il condominio (ricordiamo infatti che il condominio si costituisce non appena, nello stesso edificio, ci sono almeno due proprietari). Sicché, formatosi il condominio, tutte le aree indicate nell’articolo 1117 cod. civ. (tra cui appunto i cortili) diventano di proprietà comune.

A chi spetta l’uso del parcheggio?

Se non vi sono vincoli di proprietà predisposti dal costruttore o nel regolamento condominiale approvato all’unanimità, l’uso del parcheggio deve essere riservato a tutti i condomini, con preferenza in favore dei disabili dei posti più vicini al portone.

Ai sensi infatti dell’articolo 1102 del codice civile, tutti i condomini possono fare uso della cosa comune senza che gli altri possano impedirglielo. Ecco perché, se lo spazio è appena sufficiente per un’auto a testa, si può vietare a un condomino di occupare un’area superiore. Ed è sempre per questa ragione che, laddove il parcheggio non garantisca a tutti il posto, ciascun condomino può imporre all’assemblea di deliberare l’adozione di un criterio rotatorio (ossia dei turni). Se la delibera non viene assunta, l’interessato può rivolgersi al tribunale.

Il costruttore può riservarsi la proprietà del cortile?

La risposta è affermativa. Come chiarito dalla sentenza della Cassazione sopra menzionata, La disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, impone un vincolo di destinazione, di natura pubblicistica, per il quale gli spazi in questione sono riservati all’uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari delle quali si compone il fabbricato o che ad esse abitualmente accedono, senza però obbligare l’originario proprietario dell’intero immobile a cederne la proprietà unitamente alla cessione a tale titolo di ciascuna unità, in quanto le finalità perseguite dal legislatore, d’interesse collettivo e non individuale dei singoli acquirenti di porzioni del fabbricato, o del complesso di essi, sono egualmente conseguite sol che il vincolo di destinazione venga rispettato con il riconoscere e garantire a costoro uno specifico diritto reale d’uso sulle aree stesse. Da ciò deriva che solo in caso di mancato godimento dell’area di parcheggio, prevista dalla norma, si può avere, in favore del titolare pretermesso, il diritto al risarcimento del danno, in conseguenza della violazione di norma pubblicistica che incide sul regime della proprietà privata.

Cosa si intende per parcheggio?

Con la locuzione “aree di parcheggio” pertinenti a fabbricati urbani devono intendersi gli spazi tanto necessari alla sosta quanto alla manovra ed all’accesso dei veicoli (ossia i corridori carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato). Tali spazi possono consistere in un’area scoperta (cd. posto auto) o in un’area coperta, chiusa su tre lati (box) o su tutti i lati (garage) e devono essere considerati nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici purché sia garantito un numero minimo di parcheggi.

L’uso del parcheggio deve essere gratuito?

Se, come detto sopra, la normativa prevede che nelle nuove costruzioni – ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse – debbano essere riservati appositi spazi per parcheggi, la stessa non comporta che le aree di parcheggio, fermo il vincolo di destinazione, rientrino fra le parti comuni dell’edificio, a norma dell’art. 1117 cod. civ. e tanto meno che il loro godimento da parte dei proprietari delle unità abitative debba essere gratuito ove esse siano rimaste di proprietà del costruttore o di un terzo. In altri termini, non viene a mutare la proprietà delle aree, ma solo la destinazione delle stesse.

 
Pubblicato : 6 Dicembre 2023 16:45