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Chi paga le spese condominiali deliberate prima della vendita?

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(@angelo-greco)
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Lavori deliberati prima del rogito: deve pagare il venditore o il compratore?

Può succedere che, dopo la vendita di un appartamento, risultino ancora da versare delle spese condominiali. È facile allora che sorgano contestazioni tra il venditore e l’acquirente in merito a chi debba farsene carico. Esistono però delle regole molto chiare, diverse a seconda che si tratti di lavori di ristrutturazione o di sostituzione di impianti (le cosiddette spese straordinarie) o di oneri condominiali ordinari (ossia le spese ordinarie). Cerchiamo di comprendere allora chi paga le spese condominiali deliberate prima della vendita alla luce della più recente giurisprudenza distinguendo proprio tra le due ipotesi appena menzionate.

Chi paga le spese condominiali ordinarie?

L’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile stabilisce chi debba pagare le spese condominiali relative alla gestione ordinaria dopo che un appartamento è stato venduto. 

In questi casi, per le spese di competenza dell’anno in cui l’appartamento è stato venduto e per quelle dell’anno precedente, il condominio può rivalersi indifferentemente sia contro il venditore che contro l’acquirente. C’è insomma ciò che tecnicamente viene chiamata responsabilità solidale. 

In buona sostanza, l’amministratore può chiedere il pagamento – e, in caso di inadempimento, farsi rilasciare dal giudice un decreto ingiuntivo – tanto nei confronti del precedente condomino che di quello successivo. 

Proprio questa regola dovrebbe spingere chi è interessato ad acquistare casa a verificare, prima di firmare il compromesso, se ci sono arretrati con il condominio di cui, altrimenti, egli potrebbe essere chiamato a rispondere. Ed è proprio a causa di ciò che, per prassi, al momento del rogito, al venditore si chiede di esibire una liberatoria rilasciata dall’amministratore ove si attesti lo stato dei pagamenti degli oneri condominiali. È chiaro infatti che chi compra una casa con debiti nei confronti del condominio potrebbe essere chiamato a risponderne limitatamente all’anno in corso e a quello precedente. 

Dall’altro lato, chi vende casa non deve ritenere che, per ciò solo, si è liberato di tutti i debiti del condominio. Se infatti per quelli dell’anno in corso e quello precedente egli è corresponsabile con l’acquirente, per quelli ancora precedenti è responsabile personalmente e da solo. Resta ferma solo la prescrizione che è di cinque anni: oltre tale termine non è possibile esigere il pagamento (salvo che la prescrizione stessa sia stata interrotta con lettere di diffida). 

In sintesi, il condòmino che vende la propria unità immobiliare, benché diventi soggetto estraneo al condominio, resta comunque tenuto al pagamento delle spese di gestione fatte nel periodo in cui era proprietario. E ciò indipendentemente da quando l’assemblea approva il rendiconto. Seppure infatti tale delibera dovesse essere successiva alla vendita, il suo valore sarebbe meramente ricognitivo: si riferirebbe cioè a spese di competenza di un periodo anteriore. E questo significa che il relativo pagamento ricade comunque sul venditore (eventualmente in solido con l’acquirente). Così ha argomentato la Cassazione con una recente e interessante ordinanza il cui testo è riportato qui a tergo [1].

In ogni caso, l’atto di compravendita può anche prevedere che di tali oneri debba farsi carico solo il venditore o solo l’acquirente: un accordo del genere, però, non avrebbe alcun valore nei confronti del condominio. L’amministratore quindi resterebbe legittimato ad agire – a propria scelta – tanto nei confronti del venditore che dell’acquirente.

Che succede se l’acquirente deve pagare le spese condominiali per conto del venditore?

Come anticipato, ben potrebbe avvenire che il condominio pretenda il pagamento delle spese arretrate, lasciate insolute dal venditore, nei confronti dell’acquirente. Tuttavia, la responsabilità solidale tra i due, imposta dal codice civile, non toglie il diritto del nuovo condomino di rivalersi nei confronti del venditore che gli ha taciuto l’esistenza del debito. In buona sostanza, l’acquirente può trascinare il venditore dinanzi al giudice per chiedere il rimborso di quanto abbia pagato per una gestione che non gli appartiene, quella cioè anteriore alla compravendita. 

Chi paga le spese condominiali straordinarie?

Più facile è invece stabilire chi paga le spese per lavori di manutenzione straordinaria, ristrutturazione o innovazioni . In tal caso bisogna verificare chi era venditore al momento in cui è stata approvata la delibera che ha autorizzato l’amministratore a firmare il contratto di appalto o comunque ad eseguire i lavori. È in questo momento infatti che nasce l’obbligazione per il condominio e, quindi, anche per i singoli condomini. Ragion per cui non rilevano tutte le altre eventuali delibere precedenti ad esse con cui si è stabilito di vagliare l’opportunità dei lavori, valutare i preventivi, ecc. Ciò che conta è la decisione finale. 

Dunque, secondo la Cassazione [2], le spese dei lavori straordinari spettano a chi «era proprietario dell’immobile compravenduto al momento dell’approvazione di detta delibera». E solo lui infatti che riveste la qualifica di “condomino” e, come tale, di soggetto debitore.

Pertanto, se proprietario dell’unità abitativa al momento di approvazione della delibera era il venditore, non importa poi se i lavori siano iniziati dopo il rogito ed anche le quote siano state riscosse in un momento successivo al rogito stesso: la compenetra si è ormai “radicata” all’atto della precedente votazione in assemblea. 

Ciò non toglie che, anche in questo caso, il venditore e acquirente possano concordare diversamente in sede di compravendita. Si tratta però di patti che non sono opponibili al condominio.  

Che succede se il venditore tace all’acquirente l’imminente realizzazione di lavori straordinari?

Potrebbe succedere che, poco prima della firma del rogito, il condominio abbia deciso di effettuare lavori di ristrutturazione straordinaria particolarmente costosi, rinviando la delibera per la relativa approvazione definitiva in un momento successivo all’atto di compravendita.

In tal caso, il venditore che nasconda all’acquirente l’imminente incombenza del debito – che ricadrebbe esclusivamente su quest’ultimo – resta comunque responsabile per violazione del dovere di buona fede, non avendo comunicato al compratore tutte le circostanze necessarie a determinare compiutamente il suo consenso. Ciò significa che l’acquirente potrebbe fargli causa e chiedergli un risarcimento. 

Quando vanno in prescrizione le spese condominiali?

Per completare la trattazione sarà bene ricordare i termini di prescrizione delle spese condominiali:

  • le spese ordinarie si prescrivono in 5 anni (come tutti i pagamenti che devono essere fatti almeno una volta all’anno);
  • le spese relative a ristrutturazioni, lavori di manutenzione straordinaria e innovazioni si prescrivono in 10 anni dal giorno della delibera di approvazione.

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Pubblicato : 11 Ottobre 2022 15:00