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Chi è depresso può stare in carcere?

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(@mariano-acquaviva)
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Per quali patologie si può chiedere il rinvio dell’esecuzione della pena oppure la sostituzione della detenzione con i domiciliari?

La legge consente di chiedere il differimento dell’esecuzione della pena detentiva tutte le volte in cui sussistano particolari ragioni, ivi comprese quelle legate allo stato di salute dell’imputato. È in tale contesto che si inserisce il seguente quesito: chi è depresso può stare in carcere?

Rispondere a questa domanda significa capire se la depressione può rientrare tra quelle patologie che rendono inapplicabile la detenzione. Vediamo cosa dicono la legge e la giurisprudenza.

Rinvio dell’esecuzione della pena: quando può essere chiesto?

La legge stabilisce espressamente in quali casi il condannato può chiedere il rinvio dell’esecuzione della pena detentiva. A tal proposito, il Codice penale distingue tra rinvio obbligatorio e facoltativo. Analizziamo entrambe le ipotesi.

Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena

L’esecuzione della pena detentiva è obbligatoriamente differita se deve applicarsi nei confronti di:

  • donna incinta;
  • madre di bambino che ha meno di un anno;
  • persona affetta da Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate;
  • persona affetta da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione;
  • persona che si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alle terapie curative (si pensi ai malati terminali, ad esempio) [1].

Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena

L’esecuzione della pena detentiva può essere differita se:

  • è stata presentata domanda di grazia al Presidente della Repubblica. In questa ipotesi, il differimento non può comunque essere superiore a sei mesi;
  • deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
  • deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni, sempreché la donna non sia stata privata della responsabilità genitoriale oppure il figlio non sia stato affidato ad altre persone con provvedimento del giudice [2].

Quando si possono chiedere i domiciliari per malattia?

Le norme viste sinora per il rinvio dell’esecuzione di una pena detentiva definitiva valgono in buona sostanza anche nell’ipotesi in cui il giudice ordini all’imputato di andare in carcere in via cautelare, cioè in attesa della definizione del giudizio.

Secondo la legge, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato è affetto da Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere [3].

Al ricorrere di queste circostanze, il giudice dispone che la custodia cautelare sia scontata presso idonee strutture sanitarie penitenziarie; se ciò non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza.

La depressione è compatibile con il regime carcerario?

Alla luce di quanto detto sinora, chi è depresso può stare in carcere oppure la patologia è incompatibile con lo stato di reclusione?

Secondo la Cassazione, il detenuto affetto da una forte depressione può ottenere gli arresti domiciliari [4].

La Suprema Corte ha rilevato in proposito che la sindrome ansioso – depressiva può costituire causa di differimento della pena quando assuma aspetti di tale gravità da non essere fronteggiabile in ambiente carcerario (nel caso in questione il detenuto aveva perso trenta chili) o assuma addirittura le caratteristiche di vera e propria infermità psichica.

Con un’altra sentenza, invece, la Corte di Cassazione [5] ha stabilito che i problemi psico-fisici del condannato che soffre di depressione non giustificano né il differimento della pena né che la stessa possa essere scontata in regime di detenzione domiciliare.

In linea di massima, spetta al giudice valutare se la depressione del detenuto sia tale da fare sì che l’espiazione della pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze che da essa deriva.

La depressione è quindi compatibile con il regime carcerario ogni volta che non è grave e può essere curata con la normale assistenza medica assicurata a tutti i detenuti.

Al contrario, quando la depressione assume i connotati della patologia particolarmente grave che sconsiglia la prosecuzione della detenzione, allora il giudice ordinare il rinvio dell’esecuzione della pena oppure la scarcerazione (se la pena è già in corso), eventualmente sostituendola con la detenzione domiciliare.

La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che quando la protrazione del regime custodiale si pone come fattore di potenziale aggravamento delle patologie va sostituito con altro meno afflittivo [6].

Ancora, è stato stabilito che il carcere è incompatibile con ogni stato morboso o fisico che determini una situazione di esistenza al di sotto della soglia di dignità umana [7].

Tirando le fila di quanto detto sinora, possiamo affermare che chi è depresso può stare in carcere, a meno che il suo stato patologico non sia talmente grave da risultare incompatibile con il regime detentivo.

 
Pubblicato : 27 Agosto 2023 15:30