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Che succede se la colf si fa male durante le faccende domestiche?

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(@angelo-greco)
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Infortunio della domestica: la donna delle pulizie che cade dalla scala mentre lavora ha diritto a essere risarcita dal datore di lavoro.

Ecco una ragione in più per cui bisognerebbe regolarizzare le colf, pagando contributi e assicurazione obbligatoria all’Inail: il datore di lavoro infatti è responsabile per qualsiasi infortunio occorso durante lo svolgimento delle mansioni. Sicché, nel caso della domestica “in nero” che cade a terra, prende la “scossa” o subisce altri incidenti, in assenza di regolare assunzione da parte del proprietario dell’immobile, questi dovrà risarcirle di tasca propria tutti i danni fisici e morali.

Proprio di recente la Cassazione ha risposto a una domanda frequente: che succede se la colf si fa male durante le faccende domestiche? La questione si è posta perché una donna delle pulizie era caduta da una scala. La pronuncia della Suprema Corte (l’ordinanza n. 25217/2023) trae anche l’occasione per spiegare come si ripartisce l’onere della prova: a chi spetta cioè dimostrare l’adozione di adeguate misure di sicurezza e che l’ambiente lavorativo non presentava condizioni di pericolosità? Ecco le riposte fornite dai giudici supremi.

Cosa dice la sentenza della Cassazione sull’infortunio sul lavoro della colf?

Si è appena detto che se la colf non è stata “denunciata” agli uffici del lavoro – sicché il lavoro è “in nero” – tutte le responsabilità derivanti da infortuni sul lavoro ricadono sul datore.

Tuttavia, anche nel caso di regolare assunzione, il datore potrebbe essere ritenuto responsabile per gli eventuali incidenti. Egli infatti è comunque tenuto ad adottare tutte le misure di sicurezza per garantire al lavoratore un ambiente salubre e sicuro.

Sicché, in caso di infortunio sul lavoro derivante dalla mancata adozione delle misure di sicurezza, l’Inail può rifarsi sul datore di lavoro per il risarcimento versato alla colf infortunatasi.

Come si ripartisce l’onere della prova in caso di infortunio della colf?

La richiesta di risarcimento del danno presentata al datore di lavoro da una domestica che si è infortunata cadendo dalla scala mentre rimuoveva delle tende ha fornito alla Cassazione l’occasione per ricordare come deve ripartirsi la prova in materia di responsabilità del datore di lavoro conseguente alla violazione delle regole in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, spetta al datore dimostrare di aver vietato alla domestica di svolgere l’attività pericolosa in sua assenza e di averle comunque fornito una scala in regola con le norme di sicurezza. E dunque di aver adottato tutte le cautele necessarie a evitare il danno: la responsabilità del datore è contrattuale e può scattare per fatti commissivi o comportamenti omissivi.

Quindi, se la scala era vecchia, traballante o comunque difettosa, il datore di lavoro può subire l’azione di rivalsa dell’Inail che ha dovuto indennizzare la donna delle pulizie infortunatasi mentre svolgeva le faccende domestiche.

La vicenda

Nella vicenda, una colf proponeva causa contro il suo ex datore di lavoro per via di una caduta dalla scala occorsa mentre lavava le tende.

La donna era solita svolgere tale mansione nei cambi di stagione con l’ausilio di un’altra persona che le reggeva la scala. Quest’ultima, di solito, era lo stesso datore di lavoro. Il quale però, nel caso di specie, si era assentato, lasciando la lavoratrice da sola.

La domanda della colf però veniva respinta sia in primo che in secondo grado. Secondo i giudici infatti, la donna avrebbe dovuto provare, oltre alla mancata adozione dele misure di sicurezza da parte del datore, l’esistenza di un rapporto di causa-effetto tra tale inadempimento e il danno alla salute subìto a seguito dell’infortunio.

Per la Corte d’appello mancava la prova che fosse stato il datore di lavoro a dire alla colf di provvedere da sola e che la scala non avesse una base stabile o antiscivolamento. Si riteneva, infine, non addebitabile al datore la presenza di un tappeto su cui la scala sarebbe scivolata, potendo essere quest’ultimo facilmente rimosso dalla donna.

Di parere totalmente contrario la Cassazione secondo cui, una volta dimostrata l’esistenza del rapporto di lavoro, dell’infortunio e del nesso di causalità tra l’impiego di un determinato strumento di lavoro e il danno, incombe sul datore l’obbligo di dimostrare di avere adottato tutte le misure cautelari necessarie a evitare il danno, dal momento che la domestica aveva subito l’infortunio lavorando e senza aver messo in atto alcun comportamento abnorme.

Cosa ha deciso la Cassazione?

Secondo la Suprema Corte, spetta al datore di lavoro dimostrare in giudizio, per affermare l’assenza di colpa, l’aver predisposto misure idonee a prevenire incidenti.

La Corte di legittimità ha ricordato che sussiste la responsabilità del datore per la violazione delle regole dettate per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, in base agli articoli 2087 e 1374 del Codice civile.

Compete quindi al datore dimostrare di aver ordinato al dipendente di non provvedere in sua assenza alla mansione pericolosa perché da svolgere in altezza. E nello stesso tempo di averlo dotato di strumenti che rispondono a tutte le prescrizioni di sicurezza, sia per caratteristiche intrinseche sia per il posizionamento e le modalità di utilizzo nell’ambiente di lavoro.

Da questo contesto – chiarisce la Cassazione – non deriva una responsabilità oggettiva del datore ma occorre pur sempre l’elemento della colpa. Pertanto grava sul datore l’onere di provare di aver ottemperato all’obbligo di protezione, mentre il lavoratore deve provare, come detto, sia le lesione all’integrità psico-fisica, sia il nesso di causalità tra tale evento dannoso e l’espletamento della prestazione lavorativa.

 
Pubblicato : 27 Agosto 2023 07:30