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Che succede se il venditore non ha pagato le quote condominiali?

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(@angelo-greco)
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È legittima la clausola di esonero dalle spese condominiali a favore del costruttore?

Il tema dell’esenzione dal pagamento delle spese condominiali da parte della ditta costruttrice dell’edificio è un argomento che continua a tornare nei tribunali. Questo perché la clausola di esonero è diventata un elemento standard per i costruttori che, di solito, la includono di default nel regolamento del condominio allegato alla prima vendita dell’edificio, ovvero al rogito notarile che trasferisce la proprietà della prima unità immobiliare e allo stesso tempo dà vita automaticamente al condominio. 

Questo costante riproporsi del tema dimostra la necessità di una maggiore attenzione e regolamentazione in merito. Cosa possono fare i condomini se si trovano dinanzi alla necessità di pagare gli oneri anche per conto del venditore-costruttore, trattandosi a volte di cifre particolarmente elevate, specie quando ancora molti appartamenti non sono stati ceduti? Che succede se il venditore non ha pagato le quote condominiali?

In questo articolo vedremo come si orientano i tribunali in merito alla legittimità della clausola di esonero dal pagamento del condominio a favore della ditta costruttrice. 

È legale che il costruttore non paghi il condominio?

Come dicevamo, il tema non è affatto nuovo. Ci sono già numerose sentenze, anche della stessa Cassazione, che nell’affrontare il problema tengono conto della necessità di tutelare gli acquirenti e impedire che su di essi venga scaricato un insopportabile peso economico. Così, ad esempio, secondo alcuni tribunali [1], la clausola inserita nel regolamento, anche se approvato all’unanimità (cosiddetto “regolamento contrattuale”), con cui il costruttore si esonera dal pagamento delle spese condominiali deve considerarsi illegittima perché “vessatoria” e quindi abusiva. Essa infatti determina uno squilibrio ai danni del compratore: su di questi, infatti, finiscono per gravare tutti gli oneri dell’immobile. 

Ciò vale, ancor di più, se l’immobile viene acquistato come civile abitazione e senza riferimento ad attività commerciali: in tal caso infatti si può applicare la normativa in tema di tutela del consumatore che vieta appunto le clausole abusive del venditore.  

La Corte Suprema di Cassazione [2] ha stabilito che le norme sul diritto del consumo sono applicabili ai regolamenti di spese condominiali stabiliti dal costruttore o dal proprietario originario dell’edificio condominiale, in quanto questi sono correlati all’attività imprenditoriale o professionale svolta dall’autore. Tuttavia, questo è valido solo se il condomino che acquista un’unità immobiliare come consumatore, agisce per soddisfare bisogni personali e non legati all’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale.

Per comprendere meglio il tema che ci siamo proposti di affrontare bisogna innanzitutto ricordare come avviene la ripartizione delle spese condominiali. La regola generale vuole che la divisione degli oneri necessari alla gestione dell’edificio, alla manutenzione ordinaria e straordinaria avvenga secondo i millesimi di proprietà. L’assemblea condominiale non può modificare i criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge, ma deve applicarli rigorosamente. Non è quindi possibile far pagare di più alcuni condomini rispetto ad altri, né esonerare alcuni e, al loro posto, traslare l’onere sugli altri (così come succede se il costruttore, essendo condomino in quanto proprietario di appartamenti, decide di non pagare le proprie quote).

Tuttavia, eccezionalmente, la legge consente di siglare un accordo contrattuale che ripartisca le spese in modo diverso dai millesimi, ma solo se c’è il consenso di tutti i condomini. E questo consenso si può ottenere in due modi: o con una delibera assembleare approvata da tutti i condomini dell’edificio o con l’approvazione del regolamento da parte degli stessi (cosiddetto regolamento contrattuale). Questa seconda opzione viene realizzata attraverso la predisposizione del regolamento da parte dell’originario costruttore del palazzo che, allegandolo ai rogiti di vendita, riesce così ad ottenere il consenso di tutti i futuri condomini. Ed è proprio quel che succede nella pratica: il costruttore-venditore incarica un tecnico di compilare il regolamento, in cui inserisce una clausola con cui si auto-esonera dal contribuire alle spese condominiali, e poi lo fa firmare a tutti i condomini dinanzi al notaio all’atto dell’accettazione della compravendita.

Tale iter consentirebbe così di derogare al criterio legale dei millesimi perché realizzerebbe quell’accordo contrattuale previsto dalla legge per derogare il principio dei millesimi.

L’esonero del costruttore ha valore solo per un tempo limitato

Di recente il tribunale di Roma [3] si è pronunciato proprio sulla legittimità della clausola di esonero del costruttore dalle spese condominiali, clausola contenuta in un regolamento contrattuale. 

Come detto tale clausola potrebbe rientrare in quei famosi “accordi contrattuali” stretti dai condomini con cui si deroga al criterio dei millesimi. Tuttavia, secondo il tribunale di Roma [3], in linea con la Corte d’appello di Genova [4], è bene limitare nel tempo l’efficacia di tale esonero e contenerla entro un termine massimo. Sul punto è stato ripetutamente affermato che, secondo la disciplina dei contratti (qual è la “diversa convenzione”), una clausola del genere non può essere valida senza scadenza in quanto andrebbe a incappare nel divieto contenuto nell’articolo 1355 del Codice civile secondo cui «è nulla l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore». Ne deriva che la previsione di uno specifico termine di scadenza dell’esonero (nel nostro caso, cinque anni) rende certa e oggettiva la previsione contrattuale. E, in quanto tale, valida.

Proprio per questa ragione il tribunale di Roma – in linea con la Cassazione [5] ha ritenuto valido l’esonero a favore della ditta costruttrice in riferimento alle unità immobiliari rimaste “invendute”, il tutto per massimo 5 anni. 

Il problema principale con la clausola di esonero dalle spese condominiali a favore del costruttore non riguarda la sua creazione, che ormai è diventata una pratica comune nel settore immobiliare. Il problema sta nel fatto che questa clausola potrebbe non essere valida per i futuri condomini, ovvero coloro che acquisteranno un’unità immobiliare in un momento successivo all’approvazione della clausola stessa. Questi condomini potrebbero non essere coperti dall’esonero a causa di una mancata trascrizione o di un richiamo insufficiente nel loro contratto d’acquisto. Questa situazione non è rara e richiede un’attenta verifica prima di procedere.

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Che fare se il venditore non paga le quote condominiali?

Nel momento in cui il venditore non paga le spese condominiali, bisogna innanzitutto verificare se esiste nel regolamento la clausola di esonero. In caso negativo, bisogna incaricare un avvocato affinché proceda contro il costruttore con la richiesta di un decreto ingiuntivo da presentare al tribunale. Lo dovrà fare l’amministratore del condominio. In sua assenza o in caso di inerzia, a chiedere il decreto ingiuntivo può essere ogni singolo condomino. Il decreto ingiuntivo è un ordine del giudice di pagare le somme in questione.

Se invece il regolamento contiene la clausola di esonero, bisogna verificare se essa ha un termine prestabilito, nel qual caso sarebbe lecita e nulla si può fare contro il costruttore-venditore. Se invece tale termine non è stato previsto, ciascun condomino può ricorrere al giudice affinché annulli la clausola o ne limiti l’efficacia nel tempo.

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Pubblicato : 24 Febbraio 2023 13:00