Che succede agli eredi di una persona che ha commesso un reato?
Rischi per i familiari di un imputato o di una persona condannata penalmente.
Se una persona muore nel corso di un processo penale o al termine di esso, le eventuali sanzioni non si trasferiscono agli eredi che potranno essere eventualmente chiamati dalla vittima a risarcire solo i danni. Cerchiamo di comprendere meglio che succede agli eredi di una persona che ha commesso un reato tutte le volte in cui l’imputato o il condannato muore.
Conseguenze di un reato
Quando si commette un reato, le conseguenze sono due:
- la prima è di carattere penale ed è rappresentata dalla pena che lo Stato infligge al colpevole: pena che può essere pecuniaria o detentiva. Come vedremo a breve, questa pena è intrasmissibile a terzi, anche ai genitori del minore. Quindi, come nessuno può andare in carcere per conto di un altro, allo stesso modo non può scontare la relativa multa;
- la seconda è di carattere civile ed è rappresentata dal risarcimento che il colpevole deve versare alla eventuale vittima, nei limiti in cui sussista la prova di un concreto ed attuale pregiudizio economico, fisico o morale. A deciderne l’ammontare è il giudice civile; tuttavia il giudice penale può già fissare un risarcimento forfettario se la parte lesa si costituisce nel relativo processo contro l’imputato, tramite il proprio difensore (si parla di “costituzione di parte civile”). A differenza della responsabilità penale, quella civile invece si trasferisce agli eredi.
La responsabilità penale degli eredi dell’imputato
La responsabilità penale è solo personale: fa cioè capo solo al responsabile che ha commesso il reato. Non si trasferisce a terzi in nessun caso, neanche se si tratta degli eredi conviventi.
Dunque, il familiare di una persona imputata o condannata per un reato non deve preoccuparsi: non deve rinunciare all’eredità per non dover subire le conseguenze penali del defunto.
Diversa è invece la conclusione, come vedremo a breve, per le conseguenze civili, quelle cioè relative al risarcimento.
Gli eredi devono risarcire i danni del defunto?
Se anche la pena non si può trasferire agli eredi, invece l’obbligo (di natura civile) di risarcire i danni alla vittima ricade su coloro che accettano l’eredità. Solo l’accettazione (esplicita o tacita) determina il passaggio del debito in capo agli eredi. Prima di tale momento o in caso di rinuncia all’eredità, questi ultimi non sono tenuti a pagare nulla.
Il singolo erede tuttavia non può essere chiamato a versare l’intero importo. La responsabilità infatti è limitata alla singola quota del patrimonio pervenuto in successione. Così, ad esempio, un erede al 50% dovrà pagare solo metà di ciascun debito.
La morte dell’imputato estingue i rapporti processuali
La morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza penale, determina sia la cessazione del processo, sia il venir meno della condanna al risarcimento stabilita dallo stesso giudice penale (Cass. sent. n. 32134/2024).
Facciamo un esempio pratico. Ipotizziamo una persona che, condannata in primo e in secondo grado per un reato, faccia ricorso alla Cassazione. Nelle more però del giudizio l’imputato muore. Il processo penale si estingue ma la vittima del reato, nonostante ciò, si rivolge agli eredi per chiedere loro quantomeno il risarcimento già decretato dal giudice di appello. Può farlo? Assolutamente no. La condanna infatti si è estinta perché la sentenza non era ancora divenuta definitiva (in pendenza del ricorso in Cassazione). Cosa dovrà fare quindi la parte lesa per far valere i propri diritti economici? Intraprendere un autonomo giudizio (questa volta però di natura civile) contro gli eredi del defunto per ottenere il pagamento dei danni.
«La morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza – ricordano infatti i Supremi Giudici – comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale, che del rapporto processuale civile nel processo penale, e determina, di conseguenza, anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale».
È «l’esistenza e permanenza in vita dell’imputato – difatti a fungere – da presupposto processuale della sentenza e della sussistenza del rapporto processuale, anche civilistico» (cfr., tra le altre Cass. n. 47894 del 23/03/2017).
Ne deriva, aggiungono i giudici della suprema Corte, «che, in tale ipotesi, è preclusa agli eredi dell’imputato la possibilità di impugnare, al posto del predetto defunto, le suddette decisioni relative al risarcimento. Del resto, l’art. 574 cod. proc. pen. riserva la possibilità di impugnazione la sentenza penale al solo imputato.
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