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Che fare se l’ex marito cede la casa e si rende nullatenente

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(@angelo-greco)
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Azione revocatoria esercitabile anche se il debitore sta regolarmente pagando e non c’è un debito in atto.

La giurisprudenza è stata spesso interessata dai conflitti tra ex coniugi, specie quando questi hanno ad oggetto il mancato versamento dell’assegno di mantenimento. Ma c’è un aspetto che spesso sfugge alle coppie di separati e divorziati: le tutele offerte dalla legge non esigono che sia già in atto un inadempimento. Esse possono essere azionate anche in via cautelare e retrocedere a un momento anteriore. Dunque, che fare se l’ex marito cede la casa e si rende nullatenente? Come difendersi in anticipo se il coniuge tenuto a versare gli alimenti comincia a cedere le sue proprietà a terzi (magari alla nuova compagna o al figlio) ingenerando così il sospetto di preparare il terreno ad una morosità?

Per comprendere meglio la questione, di recente analizzata dalla Corte di Appello di Bologna (sent. del 13 luglio 2023) e decisa sulla scorta del costante orientamento della Cassazione, facciamo un esempio pratico.

Il marito che cede la casa alla nuova compagna

Ipotizziamo il caso di un uomo che, venendo fuori da un matrimonio fallito, sia stato condannato dal giudice a versare all’ex moglie e alla figlia un assegno mensile complessivamente di 700 euro. Questi, nel frattempo, ha iniziato una nuova relazione con un’altra donna con cui è andato a convivere.

Mentre la casa familiare è rimasta all’ex moglie, un secondo appartamento dell’uomo è diventato la dimora sua e della nuova compagna.

L’ex marito teme però che un giorno, non potendo più pagare l’assegno di mantenimento, gli venga pignorato anche questo secondo immobile. Così decide di fingere una vendita alla sua nuova compagna.

La precedente moglie sospetta che la manovra sia architettata ad arte per fregarla. Cosa può fare per tutelare i suoi diritti?

Come si può tutelare l’ex moglie se il marito vende o intesta la casa ad altre persone?

L’articolo 2901 del codice civile offre una tutela per tutti i casi in cui un soggetto, obbligato a una prestazione economica (come appunto un pagamento periodico), si renda nullatenente, vendendo o donando i propri beni più significativi.

Il creditore può esercitare la cosiddetta azione revocatoria. Con questa azione, la cessione dei beni a terzi viene dichiarata inefficace. Cosa significa? Che il trasferimento sarà come se non fosse mai avvenuto. Con la conseguenza che il creditore, nel caso in cui il debitore dovesse smettere di pagare, potrà comunque sottoporre a ipoteca l’immobile per poi pignorarlo e metterlo all’asta.

Per esercitare l’azione revocatoria bisogna chiaramente rivolgersi al giudice e intentare una causa sia contro il debitore cedente, sia contro il terzo cessionario (colui cioè che ha ricevuto in donazione o in vendita la casa).

Come funziona l’azione revocatoria e quando può essere esercitata?

L’importante chiarimento della giurisprudenza è che, per esercitare l’azione revocatoria, non è necessaria una situazione di morosità conclamata. È sufficiente che esista il debito, anche se questo è puntualmente onorato.

L’azione revocatoria diventa così uno strumento “cautelare” volto a evitare un futuro ed eventuale danno irreparabile alle ragioni del creditore.

Quindi, anche se il marito sta regolarmente versando l’assegno di mantenimento, l’ex moglie può tutelarsi da eventuali vendite o donazioni.

Tuttavia l’azione revocatoria può essere accolta dal giudice ad alcune condizioni:

  • non devono essere decorsi più di 5 anni dalla trascrizione della vendita o della donazione;
  • il patrimonio del cedente sia rimasto sostanzialmente privo di beni utilmente pignorabili nel caso in cui questi si renda nullatenente (non sarebbe possibile la revocatoria se comunque residuano altri e consistenti beni);
  • nel caso di cessione a titolo oneroso (ossia la vendita), l’acquirente deve essere consapevole del pregiudizio arrecato al creditore (deve quindi essere “partecipe” dell’intento fraudolento del venditore). Questa consapevolezza si può dimostrare anche con semplici indizi, come la sussistenza di un legame di parentela.

La prova della partecipazione fraudolenta del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria in caso di compravendita, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo acquirente, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente. Si pensi al caso di un uomo che venda le sue proprietà immobiliari alla nuova moglie.

 
Pubblicato : 30 Ottobre 2023 16:00