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Che fare se l’amministratore non esegue le delibere?

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(@maria-monteleone)
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L’amministratore non esegue le delibere assembleari. Cosa può fare il condominio? I condòmini possono sostituirsi all’amministratore nell’esecuzione degli interventi urgenti di riparazione, con rimborso da parte del condominio?

La mancata esecuzione delle deliberazioni assembleari costituisce una grave irregolarità che giustifica la revoca giudiziale dell’amministratore. Così l’art. 1129, comma dodici, nr. 2), a tenore del quale «Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità: la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea».

Ciò significa che se l’assemblea rifiuta di revocare l’amministratore inadempiente ciascun condomino potrà adire l’autorità giudiziaria e chiedere la sua rimozione semplicemente dimostrando il suo inadempimento, cioè la mancata esecuzione delle deliberazioni.

In altre parole, se l’assemblea, appositamente convocata, non si riunisce o non delibera la revoca dell’amministratore, il singolo condomino può rivolgersi al tribunale per ottenere la revoca giudiziale dell’amministratore che ha commesso gravi irregolarità.

In caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato.

Se poi dalla condotta inadempiente dovesse derivare un pregiudizio per il condominio, allora sarà possibile agire contro l’(ex) amministratore per chiedergli il risarcimento.

Oltre all’azione revocatoria e risarcitoria, i condòmini possono costringere l’amministratore ad eseguire le deliberazioni inattuate facendo ricorso all’autorità giudiziaria. Per la precisione, il quarto comma dell’art. 1105 cod. civ. stabilisce testualmente che «Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore».

Tale disposizione, prevista per la comunione in generale, è in realtà applicabile anche alla compagine condominiale; in questo senso la prevalente giurisprudenza: «in materia di gestione condominiale il ricorso all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 c.c. presuppone ipotesi tutte riconducibili ad una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta amministrazione della cosa comune per mancata assunzione dei provvedimenti necessari o per assenza di una maggioranza o per difetto di esecuzione della deliberazione adottata; detta norma non è, invece, applicabile quando l’assemblea condominiale abbia approvato dei lavori considerati necessari per la manutenzione delle parti comuni dell’edificio, contestati da taluni compartecipanti, in quanto l’intervento del giudice in tal caso si risolverebbe in un’ingerenza nella gestione condominiale ed in una sovrapposizione della volontà assembleare» (così Cass., sent. n. 1201/2002).

Facendo ricorso a questo strumento è dunque possibile ottenere un provvedimento giudiziario che ordini l’esecuzione della deliberazione. L’autorità giudiziaria si può quindi sostituire all’amministratore dando l’impulso necessario all’esecuzione della delibera ma non può, in presenza di un amministratore, nominarne uno ad hoc solo per eseguire l’intervento richiesto (cfr. Trib. Salerno, 12 febbraio 2008).

Per quanto riguarda la possibilità di sostituirsi all’amministratore inerte, l’art. 1134 cod. civ. afferma che «Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente».

Sono urgenti le spese che non possono essere rinviate senza che da ciò ne derivi un danno per il condominio (ad esempio, la riparazione di una tubatura rotta che ha causato l’allagamento delle scale) e senza che vi sia il tempo di avvertire l’amministratore o gli altri condòmini.

Il rimborso delle spese anticipate da parte del singolo condomino si regge quindi sui due presupposti oggettivi dell’urgenza e della trascuranza, intesa come omissione nella cura che si richiederebbe.

Accanto a queste ipotesi di “intervento autonomo” o in sostituzione dell’amministratore, la giurisprudenza ha individuato altri casi in cui i condòmini volenterosi possano sostituirsi all’amministratore inerte.

Si ritiene ad esempio che se l’amministratore non compie i necessari atti conservativi, ciascun condomino possa agire giudizialmente in difesa delle cose comuni dell’edificio insidiate da azioni illegittime di altri condòmini o di terzi.

Si pensi, ad esempio, al caso di una costruzione eretta abusivamente da un condomino su una parte comune dell’edificio: contro l’autore dell’illecito può procedere anche uno solo dei condòmini, atteso che ciascuno di essi ha il diritto di esigere la rimozione dell’opera abusiva.

Allo stesso modo, secondo la giurisprudenza (Cass., sent. n. 4468/1995 e n. 16562/2015. Trib. Ascoli Piceno, sent. n. 1154/2015), in mancanza di attivazione dell’amministratore i singoli condòmini possono agire nei confronti dei morosi per riscuotere le quote di gestione ordinaria e straordinaria non versate.

È vero che si tratta di un obbligo prettamente dell’amministratore e che, anzi, questi ha il dovere di agire a pena di responsabilità personale; ma poiché dagli ammanchi e dal mancato pagamento delle fatture possono derivare effetti pregiudizievoli per i condòmini virtuosi (potendo i creditori pignorare il conto corrente condominiale e i beni personali dei proprietari di appartamenti), la giurisprudenza ha riconosciuto loro una legittimazione processuale al recupero dei crediti per conto del condominio.

Sulla possibilità di agire in sostituzione è stata invece più prudente un’altra sentenza della Suprema Corte (n. 9177/2017), la quale ha stabilito che l’intervento sostitutivo del singolo condomino è ammesso nei casi in cui, in presenza di un’esigenza che richiede un urgente intervento, non dilazionabile nel tempo, non appaia ragionevolmente prevedibile investire dell’attività l’amministratore, senza porre in concreto pericolo il bene condominiale. Per contro, ove il condominio versi in una situazione di stasi patologica, cioè in una inerzia operativa stabilizzata, non è consentito al singolo condomino sostituirsi, salvo i casi urgenti di cui s’è detto, agli organi condominiali in via generalizzata.

Alla luce di quanto detto sinora, deve ritenersi che i condòmini possano sostituirsi all’amministratore solamente se l’intervento di video-ispezione (e la conseguente riparazione) sia indifferibile, nelle altre ipotesi dovendosi invece ricorrere all’autorità giudiziaria per la revoca dell’amministratore ovvero per ottenere un provvedimento che imponga l’intervento.

Se la delibera è inattuata da tre anni (o comunque da lungo tempo), non sembrano sussistere le condizioni dell’urgenza che permettono di sostituirsi all’amministratore, a meno che nelle more non si siano verificati episodi che hanno aggravato il rischio che possa verificarsi un nuovo incidente.

A sommesso parere dello scrivente, la soluzione più semplice per risolvere l’inerzia dell’amministratore è quello di revocarlo, eventualmente anche in via giudiziaria, ed eseguire poi le delibere rimaste inattuate mediante nomina di un nuovo amministratore.

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Pubblicato : 28 Gennaio 2023 09:00