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Che fare se arriva un avviso di accertamento?

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(@paolo-remer)
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Quali rimedi per il contribuente che riceve una richiesta di pagamento dall’Agenzia delle Entrate; quando conviene fare ricorso.

Chi ha ricevuto un avviso di accertamento proveniente dall’Agenzie delle Entrate sa che questo atto è “pesante” in tutti i sensi: non solo per l’ammontare della pretesa impositiva – cioè i soldi che vengono chiesti in pagamento – ma anche nelle dimensioni fisiche. Mediamente, la comunicazione è composta di almeno dieci pagine, metà delle quali sono dedicate ai conteggi e alla spiegazione dei motivi della richiesta, e l’altra metà alle avvertenze. Il più delle volte, anche queste risultano incomprensibili a chi non ha una specifica competenza in materia tributaria. Perciò adesso ti spieghiamo che fare se arriva un avviso di accertamento, illustrandoti da un punto di vista pratico quali sono i rimedi a tua disposizione e cosa succede se non li attivi.

Avviso di accertamento: perché è importante

L’avviso di accertamento è l’atto ufficiale con cui l’Agenzia delle Entrate richiede al contribuente il pagamento di determinateimposte di sua competenza, come l’Irpef, l’Irap, l’Iva, l’Ires ed anche, se dovute, le imposte di registro o di successione ereditaria.

Per tutti questi tributi, dal 2011 l’avviso di accertamento ha praticamente sostituito la cartella esattoriale, perché, al pari di essa, ha un valore immediatamente esecutivo: vale a dire che, se la somma richiesta non viene pagata (o rateizzata, o impugnata) entro i termini intimati, il Fisco può intraprendere l’esecuzione forzata nei confronti del contribuente debitore, pignorando i suoi beni mobili, compresi conti correnti, stipendi e pensioni, e, se la cifra dovuta è consistente, anche gli immobili, per farli vendere all’asta.

L’avviso di accertamento va tenuto ben distinto dalla comunicazione di irregolarità, che è un invito preliminare inviato al contribuente per mettersi in regola senza sanzioni, e quindi costituisce un avviso bonario, che viene inviato per sollecitare l’adesione spontanea, prima dell’emanazione dell’atto impositivo vero e proprio di cui ci stiamo occupando.

Avviso di accertamento: quali rischi se non si paga

In sintesi: l’avviso di accertamento non va sottovalutato, perché ha conseguenze importantissime. Entro 60 giorni dalla sua ricezione bisogna decidere cosa fare. Vediamo quali possibilità ci sono.

Non fare nulla è la scelta peggiore, perché, dopo 30 giorni dalla scadenza (e quindi dopo 90 giorni dalla notifica) il “carico” tributario – cioè le somme dovute e iscritte a ruolo – viene affidato all’Agenzia Entrate Riscossione, che presto sarà unificata con la stessa Agenzia delle Entrate: l’Ufficio avvierà il recupero coattivo del credito, più interessi, sanzioni, aggi e spese di procedura.

Il contribuente è esposto a queste azioni esecutive con tutti i suoi beni, mobili e immobili. L’Agenzia – che, come abbiamo detto, grazie all’avviso di accertamento si è munita in partenza di un titolo esecutivo – può decidere, in base all’entità del credito e alla tipologia del contribuente, quali beni ipotecare, pignorare o sottoporre a fermo amministrativo, se si tratta di veicoli.

Avviso di accertamento: quando conviene pagare

Pagare il dovuto entro i 60 giorni dall’arrivo dell’avviso di accertamento può essere una scelta saggia, specialmente se ci si rende conto che la pretesa impositiva formulata dall’Amministrazione finanziaria è fondata e pertanto sarebbe inutile contestarla.

In tal caso si dice, tecnicamente, che il contribuente presta acquiescenza, e ci sono diversi modi per ridurre l’ammontare dovuto, che vengono indicati nello stesso avviso di accertamento. La più importante e conveniente è la definizione agevolata, che consente di ottenere la riduzione delle sanzioni a un terzo del minimo. In cambio, il contribuente rinuncia a proporre ricorso e dunque evita di instaurare una controversia con l’Agenzia delle Entrate.

Avviso di accertamento: definizione agevolata

Con la definizione agevolata dell’accertamento, il contribuente paga il tributo dovuto con le sanzioni ridotte a 1/3. È possibile ottenere la rateizzazione, in 8 rate trimestrali di pari importo (si arriva a 16 rate se la somma dovuta supera i 50mila euro).

Il pagamento deve avvenire entro i 60 giorni dalla ricezione dell’atto; se si è scelta la modalità rateale, entro i 60 giorni bisogna pagare la prima rata e inviare copia del modello F24 quietanzato all’Ufficio accertatore.

Volendo, anziché chiudere l’intero accertamento, si può limitare la definizione agevolata alle sole sanzioni, riservandosi così la possibilità di presentare ricorso solo per le maggiori imposte.

Avviso di accertamento: come fare ricorso

Se il contribuente decide di impugnare l’avviso di accertamento, deve presentare, entro il termine di 60 giorni dalla notifica, ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (l’ex Commissione Tributaria Provinciale, che dal 2022 ha cambiato denominazione), illustrando specificamente i motivi per i quali richiede l’annullamento dell’atto impositivo.

È importante sapere che:

  • è possibile presentare, preliminarmente al ricorso, una richiesta di accertamento con adesione: si tratta di una proposta di accordo con il Fisco, che si concretizza in appositi incontri con i funzionari dell’Agenzia, nel corso dei quali il contribuente (che può farsi assistere dal proprio avvocato o commercialista) può produrre documentazione e altri elementi utili a ridefinire e ridurre la pretesa impositiva;
  • anche presentando il ricorso bisogna pagare all’Agenzia delle Entrate entro i termini un terzo dell’ammontare dei tributi accertati e dei relativi interessi (non delle sanzioni irrogate); quando poi il ricorso verrà definito dal giudice tributario con sentenza, in caso di accoglimento al contribuente spetterà il rimborso, altrimenti, se il ricorso viene rigettato, si dovrà versare la differenza dovuta, più le eventuali spese di giudizio liquidate dal giudice;
  • si può presentare, anche contestualmente alla proposizione del ricorso, la cosiddetta richiesta di sospensiva, cioè un’istanza di sospensione dell’esecutività dell’avviso di accertamento, se si hanno fondati motivi di ragione delle proprie tesi e quando potrebbe esserci un «danno grave e irreparabile» [1] per il contribuente (ad esempio, il rischio di chiusura dell’attività).

Per ulteriori informazioni e per tutti i dettagli su quanto ti abbiamo esposto qui in sintesi, leggi “Come posso contestare un accertamento fiscale?” e “Come chiudere i debiti con l’Agenzia delle Entrate“.

 
Pubblicato : 13 Dicembre 2023 11:47