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Che differenza c’è tra ingiuria e diffamazione?

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(@angelo-greco)
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Offese e insulti: in cosa consiste l’ingiuria e in cosa la diffamazione. Quale è reato, quali prove fornire e come ottenere il risarcimento del danno.

Quando una persona insulta un’altra potrebbe commettere un’ingiuria o una diffamazione a seconda delle modalità dell’azione. È quindi bene comprendere che differenza c’è tra ingiuria e diffamazione, trattandosi di due illeciti completamente diversi. Il primo infatti non è un reato, mentre il secondo lo è. Ciò determina una sostanziale diversità anche nella procedura da seguire per ottenere giustizia. Ma procediamo con ordine.

Ingiuria: in cosa consiste?

L’ingiuria consiste nell’offesa riferita direttamente alla vittima, che pertanto può ascoltarla o, nel caso in cui avvenga tramite email, messaggio o chat, leggerla. È ingiuria anche se a sentire l’offesa ci sono più persone (tale circostanza può incidere sull’entità del risarcimento).

Secondo la Cassazione, c’è ingiuria anche quando una persona parla male di un’altra in una chat in cui quest’ultima fa parte, anche se in quel momento non è “online” e legge l’offesa in un momento successivo.

Come vedremo a breve, l’ingiuria non è un reato ma un semplice illecito civile che dà tutt’al più diritto al risarcimento del danno. L’ingiuria non viene punita se è la reazione a una offesa subita. Una persona che venga offesa da un’altra può, per difendersi, offenderla a sua volta senza commettere ingiuria.  

Diffamazione: in cosa consiste?

La diffamazione consiste invece nell’offesa rivolta ad una persona quando questa non è presente e quindi non è in grado di sentire o di leggere l’insulto. Affinché ci sia diffamazione però è necessario comunicare tale offesa ad almeno due persone (o anche più). Quindi, la diffamazione è quando si parla male di taluno alle sue spalle.

Non c’è diffamazione quando si offende qualcuno dinanzi a una sola persona. Ma se la stessa frase viene poi ripetuta, in occasioni tra loro temporalmente diverse, ad altri soggetti, allora scatta la diffamazione.

La diffamazione è un reato. Tuttavia essa è giustificata – e non viene punita – quando è la reazione a una offesa ricevuta (sia quest’ultima una ingiuria o un’altra diffamazione).

Ingiuria e diffamazione: quando c’è il diritto di critica

Affinché si possa parlare di ingiuria o diffamazione è necessario che l’offesa superi l’esercizio del diritto di critica riconosciuto dalla Costituzione: deve quindi trattarsi di un gratuito attacco all’altrui moralità personale o professionale. 

Non è necessario dire una parolaccia per aversi ingiuria o diffamazione: anche definire “leccapiedi”, “fantoccio”, “venduto” integra ingiuria o diffamazione. Infatti viene qui leso l’onore e la reputazione del soggetto. 

È invece lecita la critica sull’operato della persona quando questa non diventa un modo per offendere quest’ultima. Ad esempio dire di un ristoratore che è un imbroglione è diffamazione ma scrivere una recensione negativa sul locale, affermando che non si è mangiato bene, è normale critica.

Come punire la diffamazione?

Essendo la diffamazione un reato, per punire il colpevole è sufficiente sporgere una querela dinanzi alla polizia (polizia postale se si tratta di uno fatto avvenuto online), ai carabinieri o direttamente alla Procura della Repubblica.

Per chiedere il risarcimento del danno, si può optare per due strade:

  • ci si può costituire parte civile nel processo penale e in tale sede ottenere una “provvisionale” ossia una prima condanna, da quantificarsi poi completamente e in via definitiva in un ulteriore giudizio civile;
  • si può agire direttamente con una causa civile per il risarcimento del danno; ciò non pregiudica comunque la querela e l’avvio del processo penale. 

Come punire l’ingiuria?

Per l’ingiuria invece il procedimento è più complesso. Infatti, non trattandosi di un reato, non è possibile sporgere querela. Bisogna avvalersi di un avvocato affinché avvii un processo civile, anticipando anche le relative spese (salvo si rientri nei limiti del «gratuito patrocinio»). L’avvocato notificherà alla controparte l’atto di citazione e il giudice determinerà alla fine l’entità del risarcimento.

Nel caso dell’ingiuria, però, oltre alla condanna al risarcimento, il giudice dispone anche una sanzione pecuniaria da pagare allo Stato che va da 200 a 12.000 euro.

Prove per dimostrare l’offesa

Ogni prova è buona per dimostrare le offese subite, sia che si tratti di ingiuria che di diffamazione. Di solito quindi si ricorre ai testimoni o a una registrazione video o audio. Quando si tratta di offese sul web si può procedere allo screenshot della pagina. Lo stesso dicasi per gli insulti in chat: qui si può chiedere una trascrizione a una ditta specializzata che stilerà una sorta di “perizia” giurata.

Attenzione però: nella diffamazione la prova può essere costituita anche dalle dichiarazioni della vittima così come succede in ogni processo penale. Nell’ingiuria invece ciò non può succedere: nel processo civile infatti le parti non possono essere testimoni a propri favore. La conseguenza è abbastanza  dirompente: perché, se è vero che l’ingiuria si consuma di solito a “tu per tu”, chi non è in possesso di un registratore e non è in grado di attivarlo prima che venga proferita l’offesa, non avrà modo di difendersi.

A quanto ammonta il risarcimento del danno per un’offesa?

Per le offese – siano esse ingiurie o diffamazioni – il risarcimento del danno può essere di due tipi:

  • danni patrimoniali: ad esempio la perdita di clientela per un medico che sia stato diffamato ingiustamente;
  • danni morali: ad esempio la sofferenza per essersi visti derisi dalla collettività.

È il giudice a determinare l’entità del risarcimento sulla base di una serie di variabili come:

  • le specifiche parole che sono state proferite (una cosa è dire “sei un fantoccio”, un’altra “sei un mafioso”);
  • le persone che hanno sentito o letto le offese;
  • l’attività lavorativa e la visibilità della vittima;
  • la durata durante la quale si è protratta l’offesa (ad esempio il risarcimento viene ridotto per una offesa online prontamente cancellata);
  • il contesto in cui è stata proferita l’offesa (ci sono contesti più “belligeranti” come le riunioni di condominio o i rapporti lavorativi dove è quasi normale usare un tono aspro);
  • le conseguenze per la vittima, conseguenze che quest’ultima deve dimostrare.

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Pubblicato : 10 Novembre 2022 07:30