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Che differenza c’è tra annullamento e divorzio

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(@elda-panniello)
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Un matrimonio annullato è come se non fosse mai stato celebrato poiché si considera invalido dall’inizio. Il divorzio invece pone fine a un matrimonio validamente contratto.

Nella maggior parte dei casi, quando il matrimonio tra due persone finisce, i coniugi per dirsi addio, chiedono prima la separazione e poi il divorzio. In presenza di determinate condizioni la coppia può percorrere una strada diversa ovvero può ottenere la cancellazione del vincolo matrimoniale attraverso l’annullamento. Ma che differenza c’è tra annullamento e divorzio?

Con l’annullamento perde di efficacia un matrimonio che non è stato valido fin dall’inizio, stante la sussistenza di una specifica causa di invalidità. Con il divorzio invece si pone fine a un matrimonio legalmente valido.

In quest’articolo vedremo insieme cos’è l’annullamento del matrimonio civile e che differenza c’è con il divorzio.

Cos’è l’annullamento del matrimonio?

L’annullamento è un istituto disciplinato dal Codice civile che determina la cancellazione del vincolo matrimoniale fin dalla sua celebrazione.

Le cause che giustificano la richiesta di annullamento sono espressamente previste dalla legge. Pertanto, il matrimonio può essere annullato per:

  • impedimenti assoluti o relativi;
  • vizi della volontà;
  • incapacità del coniuge;

Più precisamente gli impedimenti assoluti sono:

  1. la minore età dei soggetti che si sono sposati, posto che la legge richiede il compimento dei 18 anni per contrarre matrimonio o di 16 anni in casi particolari e previa autorizzazione del Tribunale;
  2. l’interdizione giudiziale, se uno dei coniugi al momento della celebrazione del matrimonio era stato dichiarato interdetto per infermità di mente oppure era infermo di mente anche se la sentenza di interdizione è stata pronunciata successivamente;
  3. la non libertà di stato o bigamia, ovvero l’esistenza di un precedente legame coniugale di uno dei coniugi con altra persona;
  4. il lutto vedovile, che impedisce alla donna di sposarsi se non sono trascorsi almeno 300 giorni dall’evento che ha provocato l’estinzione del matrimonio antecedente.

Invece, gli impedimenti relativi sono riferiti solo a determinati soggetti i quali non possono sposarsi tra loro perché esistono rapporti di natura familiare (parentela, affinità, adozione) oppure perché uno dei due è stato condannato per omicidio o tentato omicidio del coniuge dell’altro.

Sono causa di annullamento del matrimonio anche i vizi della volontà quali: l’errore sull’identità personale del coniuge, l’errore essenziale, ovvero determinante ai fini del consenso, sulle sue qualità personali che, se conosciute, non avrebbero condotto l’altro coniuge a dare il suo consenso (vedi ad esempio una malattia fisica o psichica, un’anomalia o una deviazione sessuale tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale), la violenza posta in essere su uno dei coniugi per costringerlo a contrarre il matrimonio oppure il timore di eccezionale gravità che consiste nella pressione esterna, familiare o sociale che induce uno dei coniugi al matrimonio.

Ancora, il matrimonio può essere annullato per l’incapacità naturale (incapacità di intendere e di volere), permanente o transitoria, di uno degli sposi al momento della celebrazione del matrimonio oppure per simulazione, quando i coniugi si sono accordati in modo che il matrimonio non produca gli effetti che la legge vi ricollega. In sostanza le parti vogliono contrarre matrimonio ma non i suoi effetti. Tipico l’esempio di chi contrae matrimonio per far ottenere al coniuge straniero la cittadinanza.

Chi può chiedere l’annullamento del matrimonio?

L’annullamento del matrimonio può essere chiesto dai due coniugi e in determinati casi anche da altri soggetti [1].

In particolare se le nozze sono state contratte in violazione della libertà di stato [2], dei vincoli di parentela, affinità, adozione [3] o in caso di delitto commesso, anche in forma tentata, in danno del coniuge dell’altro [4], possono essere impugnate, ai fini dell’annullamento, dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che hanno un interesse attuale e legittimo a impugnarlo.

Il matrimonio contratto da soggetti che non hanno compiuto l’età richiesta (18 anni o 16 anni in presenza di gravi motivi) può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero.

Qual è l’iter per l’annullamento del matrimonio?

Per chiedere l’annullamento del matrimonio va presentata apposita domanda dinanzi al Tribunale del luogo ove il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio. Nello specifico se l’iniziativa parte da uno solo dei coniugi, il suo legale dovrà notificare all’altro un atto di citazione e un’eventuale richiesta di separazione, se la convivenza è divenuta intollerabile. Si aprirà quindi un procedimento i cui tempi potranno essere anche di qualche anno, poiché sarà necessario disporre perizie, ascoltare testimoni, ecc.

Se invece entrambi i coniugi concordano sull’annullamento, potranno promuovere un’azione congiunta e il Tribunale ratificherà l’annullamento, sempre che non vi siano ragioni ostative (violazione di legge o invalidità) e non venga pregiudicato l’interesse dei figli minori.

La domanda può essere proposta entro un anno dal giorno della celebrazione o dalla scoperta delle cause previste ai fini dell’annullamento, tranne se, nel frattempo, i coniugi hanno tenuto comportamenti dai quali si desume la volontà di mantenere in vita il matrimonio.

Il coniuge minorenne che intende chiedere l’annullamento deve agire entro un anno dal compimento della maggiore età, mentre l’azione proposta dal genitore o dal pubblico ministero deve essere respinta se, mentre pende il giudizio, il minore raggiunge la maggiore età, c’è stata procreazione o concepimento o il minore ha comunque manifestato la volontà di voler mantenere in vita il vincolo matrimoniale.

Quali sono gli effetti dell’annullamento del matrimonio?

A seguìto della dichiarazione di annullamento del matrimonio entrambi i coniugi riacquistano lo stato libero dalla data di celebrazione delle nozze e vengono meno tutti gli obblighi derivanti dal matrimonio, vedi ad esempio l’obbligo di coabitazione o di fedeltà. Cessa anche il vincolo di affinità con genitori e parenti dell’ex coniuge. Inoltre, a differenza del divorzio, non è previsto l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento all’altro coniuge economicamente più debole tranne in presenza di:

  • buona fede dei coniugi al momento della celebrazione del matrimonio, se entrambi non conoscevano le cause che hanno determinato la nullità delle nozze oppure se il loro consenso è stato estorto con violenza o timore. Il giudice, in questo caso, può disporre il mantenimento per il coniuge più debole economicamente, che tuttavia non può superare i tre anni;
  • mala fede di uno dei coniugi, se era al corrente di una causa di nullità ma l’ha tenuta nascosta all’altro coniuge. In tale ipotesi il coniuge ignaro ha diritto al mantenimento per tre anni o gli viene riconosciuto un importo a titolo di alimenti, sempre che non ci siano altri soggetti coobbligati.

Si scioglie inoltre l’eventuale fondo patrimoniale costituito, si perdono i diritti ereditari, viene meno la comunione legale e non hanno più efficacia le donazioni fatte durante il matrimonio. Infine, chi ha spontaneamente eseguito prestazioni di mantenimento in favore dell’altro coniuge, non può chiederne la restituzione.

Per quanto attiene ai figli, anche in caso di annullamento del matrimonio, la legge tutela la prole. L’annullamento del vincolo matrimoniale infatti, non comporta la venuta meno degli obblighi che la legge pone in capo ai genitori e i figli mantengono la qualifica di “legittimi“, a meno che essi non siano frutto di rapporti adulterini o incestuosi.

Gli ex coniugi devono quindi provvedere in ogni caso al mantenimento, cura, istruzione ed educazione dei figli, nella misura e nelle modalità stabilite dal giudice.

Che differenza c’è tra annullamento e divorzio?

Con l’annullamento il matrimonio perde di efficacia dal momento della celebrazione ed è come se non fosse mai stato contratto. Il vincolo coniugale viene meno e di conseguenza vengono meno tutti gli obblighi derivanti dal matrimonio.

Con il divorzio invece si pone fine a un matrimonio che è stato validamente contratto, quindi, che è effettivamente esistito.

Se i coniugi si sono sposati con rito civile, cioè se il matrimonio è stato celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile, il divorzio determina lo scioglimento del matrimonio. Invece, se si sono sposati con rito concordatario, ovvero se il matrimonio è stato celebrato in chiesa davanti al sacerdote e regolarmente trascritto nel registro di stato civile, il divorzio determina la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Esistono poi altre differenze tra annullamento del matrimonio e divorzio. Infatti, il primo può essere richiesto solo se sussiste una qualsiasi causa di invalidità tra quelle specificatamente previste dalla legge; il divorzio, invece, può essere chiesto più in generale quando sussiste un’incompatibilità di carattere tra i coniugi tale da rendere impossibile la prosecuzione della vita matrimoniale.

Per ottenere l’annullamento un coniuge o entrambi, se sono d’accordo, possono solo rivolgersi al Tribunale territorialmente competente ed avviare il relativo procedimento mentre è possibile divorziare dinanzi al Tribunale ma anche con la negoziazione assistita da un legale o dinanzi all’ufficiale di stato civile. Inoltre, il divorzio deve essere preceduto dalla separazione legale dei coniugi, che non è necessaria nel caso dell’annullamento.

L’annullamento può essere richiesto anche da altri soggetti oltre ai coniugi, diversamente da quanto accade nel divorzio.

Per quanto riguarda gli effetti dell’annullamento, non è previsto un assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole, se non in casi particolari e per un periodo di tempo limitato. Viceversa, il coniuge divorziato ha diritto a ricevere l’assegno solo però se si trova in stato di bisogno e fino a quando non passa a nuove nozze. Ha diritto altresì a una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge, a condizione che nel frattempo non si sia risposato e a una quota del trattamento di fine rapporto (tfr) se è titolare dell’assegno di mantenimento e detto mantenimento non è stato pagato con un unico assegno (cosiddetta «una tantum»), se non si è risposato e se il tfr è stato liquidato dopo la sentenza di divorzio.

 
Pubblicato : 11 Maggio 2023 14:00