Casa in comproprietà: come si usa e si gestisce
Amministrazione della comproprietà pro indiviso: ecco le regole che i comproprietari devono seguire e i relativi diritti.
Ti sei mai trovato a condividere la proprietà di un immobile con qualcun altro? Sai come funziona la comproprietà e quali sono i tuoi diritti e doveri? Questo articolo ti aiuterà a capire meglio come si usa e si gestisce una casa in comproprietà, come è regolata dal Codice Civile italiano e come regolare eventuali disaccordi tra i comproprietari.
La comproprietà può sembrare complicata, ma con una buona comprensione delle normative e alcune guide pratiche, potrai navigare in questo argomento con più sicurezza.
Cos’è la comproprietà immobiliare e come viene regolata?
La comproprietà è una situazione in cui più persone possiedono una quota di un immobile, che può essere una casa, un terreno, o qualsiasi altro tipo di proprietà. Questo tipo di proprietà è regolato dagli articoli 1100-1116 del Codice Civile italiano, che stabiliscono le regole per l’uso, la gestione e la vendita della proprietà condivisa.
Analizzeremo più nel dettaglio le regole qui di seguito.
Come può un comproprietario utilizzare l’immobile?
La legge, in linea generale, stabilisce che ciascuno dei comproprietari può utilizzare l’immobile, purché:
- non ne alteri la destinazione;
- non impedisca uguale uso agli altri partecipanti alla comunione.
Nel rispetto di questi principi, ciascun comproprietario può apportare autonomamente al bene in comunione le modifiche e migliorie utili al godimento, anche solo personale, della cosa.
Immagina, ad esempio, che tu e tuo fratello siate comproprietari di una casa al mare. Puoi utilizzarla per le tue vacanze, ma devi assicurarti che il tuo uso non impedisca a tuo fratello di godersi la casa quando ne ha bisogno.
I comproprietari inoltre possono ripartire concordemente l’utilizzo secondo il tempo, lo spazio o le diverse utilità ricavabili del bene.
È possibile apportare modifiche all’immobile in comproprietà?
Sì, ma ci sono delle limitazioni. Puoi apportare modifiche che migliorano il tuo godimento dell’immobile, ma non devono alterare la sua destinazione o impediscono agli altri comproprietari di utilizzarlo. E se le modifiche comportano una spesa significativa o un cambiamento radicale dell’immobile, è necessario il consenso della maggioranza dei comproprietari.
L’articolo 1108 cid. civ. stabilisce invece che le innovazioni – per tale si intende un’alterazione sostanziale o il mutamento di destinazione del bene – devono essere decise dalla maggioranza, purché non escludano dall’uso alcuno dei partecipanti o non comportino una spesa eccessivamente gravosa.
Cosa succede in caso di disaccordo sull’uso dell’immobile?
Se i comproprietari non riescono a trovare un accordo sulle modalità di uso dell’immobile, possono ricorrere al tribunale. Inoltre, ogni comproprietario ha il diritto di tutelare il proprio diritto all’uso tramite un’azione possessoria.
È possibile vendere o costituire diritti reali sul bene comune?
Per la vendita o la costituzione di diritti reali sul bene (ad esempio l’usufrutto) è necessario il consenso di tutti i comproprietari. Se, per esempio, tu e i tuoi cugini siete comproprietari di un terreno e tu desideri venderlo, avrai bisogno del loro consenso.
La modifica dell’immobile: chi la può fare e come?
Esaminiamo ora un aspetto delicato: le modifiche al bene comune. Ogni comproprietario ha la possibilità di migliorare l’immobile, ma ci sono regole ben precise da seguire. Supponiamo che Tizio voglia apportare delle modifiche all’immobile per renderlo più funzionale. Può farlo, ma solo se queste modifiche non alterano la natura dell’immobile stesso, né impediscano agli altri comproprietari di sfruttare il bene nei termini originari. Per esempio, Tizio non potrebbe trasformare un locale adibito a magazzino in un’abitazione senza il consenso degli altri comproprietari. E’ importante sottolineare che tutte le spese per le modifiche sono a carico di chi le apporta.
In caso di disaccordo, ogni comproprietario ha il diritto di richiedere la rimozione delle modifiche, a prescindere da quanto tempo sia passato. Questo significa che se Caio non concorda con le modifiche apportate da Tizio, può richiedere la loro rimozione in qualsiasi momento.
L’Importanza del rispetto della destinazione
La destinazione d’uso del bene comune è un elemento fondamentale da rispettare. Cos’è la destinazione d’uso? È la funzione intrinseca dell’immobile, determinata da elementi economici, giuridici e pratici. Prendiamo l’esempio di un immobile utilizzato come abitazione: la destinazione d’uso è quella residenziale. Nessun comproprietario può decidere di modificare questa destinazione d’uso senza il consenso di tutti gli altri.
Se Tizio, Caio e Sempronio hanno in comune un appartamento utilizzato come abitazione, nessuno di loro può decidere di affittarlo o di trasformarlo in un ufficio senza l’accordo degli altri. Questo perché la locazione rappresenterebbe una modifica della destinazione d’uso.
Un aspetto interessante riguarda gli atti di miglioramento del bene comune che non causano una variazione nella destinazione economica o una innovazione. Secondo la giurisprudenza italiana (Cass. 28 febbraio 2017 n. 5014, Cass. 17 gennaio 2012 n. 549), si presume che tali atti siano compiuti con il consenso di tutti i comproprietari o, almeno, della maggioranza.
La tutela dei diritti di godimento
Ciascun comproprietario ha il diritto di tutelare i propri diritti di godimento sulla cosa comune, sia attraverso azioni petitorie che possessorie (Cass. 22 febbraio 1983 n. 1333). È importante sottolineare che in un processo avviato da un singolo comproprietario, non è necessaria la partecipazione di tutti gli altri comproprietari, in quanto non esiste un litisconsorzio necessario (Cass. 5 giugno 1990 n. 5391).
La Locazione dell’immobile comune
Il singolo comproprietario può dare in affitto la casa senza il consenso degli altri comproprietari? La locazione dell’immobile comune può essere considerata un atto di ordinaria amministrazione, purché la durata del contratto sia inferiore o pari a 9 anni, nonostante il dissenso di una minoranza di comproprietari. Se invece la durata supera i 9 anni, l’atto viene considerato un atto di straordinaria amministrazione, rendendo necessario il consenso di tutti i comproprietari.
Gli atti di straordinaria amministrazione
La legge non elenca specificamente gli atti di straordinaria amministrazione, ma la dottrina e la giurisprudenza fanno distinzione tra innovazioni, ovvero modifiche che comportano un cambiamento dell’aspetto materiale dell’immobile, e altri atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, come l’acquisto di beni, la riscossione di capitali, la cancellazione di ipoteche, l’assunzione di obbligazioni non necessarie.
Come visto sopra, tra gli atti che vanno oltre l’ordinaria amministrazione ci sono anche quelli che prevedono la stipula di contratti di locazione di durata superiore a 9 anni e la promozione di cause giudiziarie, a meno che non si tratti di azioni possessorie, denunce di nuove opere o danni temuti, o di azioni per riscuotere frutti o ottenere provvedimenti conservativi.
La maggioranza necessaria per le innovazioni e gli atti di straordinaria amministrazione
In generale, per deliberare innovazioni o atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, è richiesta una maggioranza qualificata che rappresenti almeno 2/3 del valore complessivo dell’immobile.
Le decisioni sulle innovazioni possono essere prese solo se si rispettano determinate condizioni, che la dottrina ritiene applicabili anche alla deliberazione degli altri atti di straordinaria amministrazione.
Le condizioni sono le seguenti:
- devono migliorare obiettivamente l’immobile comune (è tale ad esempio il miglioramento che incide sulla destinazione economica o che comporta un miglior godimento dell’immobile, rendendolo più comodo o più redditizio);
- non devono pregiudicare il godimento da parte di un singolo comproprietario i cui diritti individuali non possono essere lesi, a meno che si tratti di pregiudizio limitato nel tempo e di intensità;
- non devono comportare una spesa eccessivamente gravosa, in relazione al valore della quota del singolo che non abbia approvato la delibera.
-
Vaccino non obbligatorio senza consenso informato: c’è risarcimento?
2 giorni fa
-
Come fa il datore di lavoro a sapere il motivo della malattia?
4 giorni fa
-
Residenza persone fisiche: nuove regole
4 giorni fa
-
Quando è illegittimo il contratto a termine?
5 giorni fa
-
Proposta di acquisto casa legata alla concessione del mutuo
6 giorni fa