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Casa cointestata: come uscirne

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(@paolo-remer)
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Comunione su immobile: cosa fare se i comproprietari non vogliono vendere? 

Hai una casa cointestata con alcuni familiari: potrebbero essere i tuoi fratelli e sorelle, a seguito della morte dei genitori, o altri parenti, come zii e cugini. In ogni caso, la gestione dell’immobile è diventata difficile per via di incomprensioni e attriti tra parenti che sono attualmente comproprietari di quel bene: alcuni di voi vorrebbero conservare quella che un tempo era stata la casa dei vostri cari, altri, invece, vorrebbero venderla, ritenendola improduttiva, e per non dover sostenere più spese e tasse.

Con questi contrasti di vedute, la situazione di comunione forzosa sullo stesso bene tra più comproprietari sembra irrisolvibile, anche perché non si riesce a trovare una maggioranza (che non sarebbe neppure vincolante per tutti, trattandosi di decisioni straordinarie, alle quali non è applicabile la disciplina del condominio) e così hai deciso di cedere la tua quota di proprietà. Ti chiedi, dunque, nell’ipotesi di una casa cointestata, come uscirne. Ecco alcuni suggerimenti che potrai trovare interessanti.

Cedere la quota a un comproprietario

La prima cosa che potresti fare per uscire da una casa in comproprietà è la cessione volontaria della tua quota ad uno degli altri comproprietari. Potresti decidere di regalargliela, mediante un atto di donazione, oppure di vendergliela. In entrambi i casi, per formalizzare la decisione, trattandosi di beni immobili, serve un atto notarile; ma, prima ancora di andare dal notaio, tutto dipende dalla volontà degli altri comproprietari di accettare o meno la quota donata (anche la donazione, infatti, è un contratto, e richiede il consenso del beneficiario) o il prezzo stabilito per la sua cessione.

In questo modo, ti spoglierai della titolarità della tua quota, a partire dalla data del rogito notarile (che è indispensabile per dare validità ai trasferimenti immobiliari); da quel momento, tutte le spese successive non saranno più di tua competenza. 

Vendere o donare la quota a terzi

Per uscire da una comproprietà immobiliare puoi anche vendere o donare la tua quota a terzi. In altri termini, ogni comproprietario può scegliere liberamente a chi cedere la sua quota, volendo anche in favore di un estraneo e non necessariamente a chi è già comproprietario del bene.

In queste situazioni, infatti, la legge non prevede alcun ordine di priorità o diritto di prelazione degli altri cointestatari, che non debbono essere neppure interpellati. Dunque, ciascuno può vendere la propria quota senza dire nulla agli altri, salve le importanti eccezioni che ti spieghiamo nel paragrafo seguente.

Chi ha diritto di prelazione?

Il diritto di prelazione, ossia di essere preferiti in caso di vendita dell’immobile, spetta solo in caso di eredità: prima della divisione dei beni, se si intende vendere la propria quota, bisogna prima preferire i coeredi, formulando loro la proposta di cessione (indicando anche il prezzo e le condizioni di pagamento) e dandogli un termine per accettare o rifiutare.

Se poi il bene da vendere è un terreno agricolo bisogna rispettare la cosiddetta «prelazione agraria» in virtù della quale il titolare di un fondo agricolo, se intende vendere il proprio terreno, deve preferire l’affittuario che, da almeno due anni, coltivi il fondo (deve trattarsi comunque di coltivatore diretto); in assenza di tale soggetto, va preferito il vicino confinante.

Se nessuno vuol acquistare la quota di comproprietà

Potrebbe, però, succedere di non avere alcuna intenzione di regalare la propria quota dell’immobile e, ciò nonostante, di non trovare soggetti interessati all’acquisto. D’altronde acquistare una quota di un immobile che rimane in comproprietà con altri non è quasi mai conveniente e perciò è arduo trovare potenziali compratori di una frazione di proprietà, piccola o grande che sia: il mercato predilige le compravendite di immobili “liberi”, in modo che l’acquirente possa ottenere la piena proprietà del bene.

In ipotesi del genere, allora, come si fa ad uscire dalla comproprietà della casa? Se non si trova un accordo con gli altri comproprietari, tramite i modi che abbiamo descritto, l’unica soluzione è quella ricorrere al tribunale. Si deve cioè, tramite un avvocato, fare una richiesta al giudice di divisione forzata del bene.

Questa procedura di divisione giudiziale, che può essere svolta anche se manca il consenso di tutti gli altri comproprietari, è rivolta a sciogliere la comunione esistente sul bene, e che si era creata, per qualsiasi motivo, in un momento pregresso (anche in epoche molto antiche): ciascun comproprietario, infatti, non può essere obbligato a conservare per sempre la propria quota dell’immobile e, quindi, può sciogliersi dalla comunione chiedendolo al giudice, che, all’esito della causa instaurata da uno o più comproprietari contro gli altri, si pronuncerà in sentenza. 

La procedura, però, è particolarmente lunga. Innanzitutto, il giudice verifica se qualcuno dei comproprietari è disposto ad acquistare la quota che ha dato origine al procedimento. Se così non dovesse essere, il tribunale demanda ad un esperto nominato Ctu (Consulente tecnico d’ufficio), la verifica della concreta possibilità di dividere il bene in natura, ossia in tante parti per quanti sono i comproprietari. Tale soluzione è di solito possibile in caso di villette o terreni che possono essere frazionati. È, invece, impossibile per appartamenti di piccole dimensioni. 

Quando si arriva alla vendita forzata

Così, se non dovesse essere possibile né la cessione della quota ai comproprietari, né la divisione del bene, il giudice mette in vendita l’immobile tramite la classica procedura dell’asta giudiziaria. All’esito, la somma ricavata dalla vendita giudiziaria verrà divisa tra i comproprietari secondo le rispettive quote. La soluzione della vendita forzata è, tuttavia, spesso poco conveniente visto che l’aggiudicazione dell’immobile avviene, il più delle volte, a un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato, con sconti di almeno un terzo rispetto al valore commerciale e spesso anche oltre, perché se gli acquirenti non rispondono alle offerte iniziali il giudice deve abbassare il prezzo di vendita. Meglio farebbero, in tal caso, i comproprietari ad acquistare la quota del soggetto “uscente” per poi vendere privatamente il bene alle proprie condizioni. 

 
Pubblicato : 1 Marzo 2023 19:55