Calcolo mantenimento se la coppia ha convissuto prima di sposarsi
Come la convivenza prematrimoniale incide sul mantenimento e come si determina l’assegno divorzile. Analisi della sentenza n. 35385 della Corte di Cassazione.
Tra i vari criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento vi è la durata del matrimonio. Ma che succede se, prima di sposarsi la coppia aveva convissuto? Può tale periodo incidere sul calcolo del mantenimento?
Poniamo il non raro caso di un uomo e una donna che decidano di vivere insieme e di formare una coppia di fatto. Dopo qualche anno i due convolano a nozze, ma dopo appena un anno si separano per poi divorziare definitivamente.
Lei si è sempre occupata della casa e, dopo la sua nascita, anche del bambino: il ché l’ha portata a rinunciare ad offerte lavorative e a sacrificare la propria carriera. Lui invece, anche grazie alla disponibilità della propria compagna prima e moglie dopo, si è potuto concentrare sulla propria attività.
Una volta sciolta l’unione, lei ottiene l’assegno di mantenimento, sostituito poi, dopo il divorzio, dall’assegno divorzile. E, nel calcolo di tale importo mensile, chiede al giudice che vengano conteggiati anche gli anni di convivenza prematrimoniale. Ne avrebbe diritto? Assolutamente sì.
In proposito, la recente sentenza n. 35385/2023 delle Sezioni Unite della Cassazione ha riconosciuto l’importante impatto della cosiddetta convivenza more uxorio sull’assegno divorzile. Questo articolo esplora le implicazioni di tale decisione, evidenziando come la stabilità e la continuità della vita congiunta prima delle nozze possano influenzare il contributo economico dopo il divorzio.
Cos’è l’assegno divorzile?
L’assegno divorzile è un contributo economico che un coniuge può essere obbligato a versare all’altro in seguito al divorzio. Ha essenzialmente due funzioni:
- assistenziale: aiutare il coniuge che non è autosufficiente economicamente a mantenersi da solo;
- perequativo-compensativa: ripagare il coniuge che si è sempre dedicato al ménage domestico del sacrificio compiuto che ne ha anche determinato, in tutto o in parte, l’allontanamento dal mondo del lavoro.
Sotto il primo aspetto, l’assegno divorzile non è più rivolto, come un tempo, a garantire al coniuge più debole lo stesso tenore di vita che aveva durante il periodo di convivenza (il che faceva sì che tanto più ricco era l’ex, tanto maggiore era l’ammontare dell’assegno). Esso mira solo a garantire l’indipendenza economica, il poter badare alle proprie necessità conducendo una vita decorosa, ma non necessariamente agiata. Sicché, chi dispone già di un proprio reddito che gli garantisce l’autosufficienza (anche se di importo non così elevato) non ha diritto ad alcuna somma (si pensi allo stipendio di una insegnante). E ciò indipendentemente dalle risorse dell’altro coniuge.
In ogni caso, per poter vantare il diritto all’assegno divorzile, è necessario dimostrare che lo stato di indigenza è incolpevole: quindi determinato da una scelta condivisa compiuta da entrambe le parti durante il matrimonio (ad esempio con assunzione dei compiti di casa in capo alla moglie) oppure per altre ragioni oggettive (sopraggiunti limiti di età, stato di salute, difficoltà a trovare un’occupazione all’interno di un contesto geografico depresso, ecc.).
Sotto il secondo aspetto, invece, l’assegno divorzile mira a ricompensare il coniuge che, durante la vita matrimoniale o la convivenza prematrimoniale, ha rinunciato alle proprie ambizioni lavorative per occuparsi della casa, dei figli, della famiglia in generale. Il riferimento è chiaramente rivolto alle donne che hanno optato per l’attività di casalinga (in accordo col marito), anche accontentandosi di un lavoro part-time. In casi del genere, il coniuge sacrificato ha diritto a un assegno che tenga conto della maggiore ricchezza conseguita dall’ex proprio in ragione di tale ripartizione interna dei compiti.
Come viene calcolato l’assegno di divorzio?
L’assegno di divorzio viene calcolato tenendo conto di vari fattori tra cui la disponibilità di beni mobili o immobili, l’assegnazione della casa coniugale (in presenza di figli non autosufficienti), i contributi personali ed economici forniti da ciascun coniuge alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune. Non in ultimo si tiene conto della durata del matrimonio. Una convivenza troppo breve non genera particolari aspettative e non può compromettere la capacità lavorativa di un coniuge; sicché, in tali ipotesi, il mantenimento subisce una forte riduzione.
In che modo la convivenza prematrimoniale influisce sull’assegno?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35385 del 18-12-2023, ha stabilito che la fase di convivenza prematrimoniale deve essere considerata nel calcolo dell’assegno divorzile. Se la convivenza è stata stabile e continua, può influenzare il riconoscimento e l’entità del contributo economico, in particolare quando il coniuge economicamente più debole, spesso la donna, ha fatto sacrifici lavorativi durante questo periodo.
È necessario accertare se, nel periodo precedente al matrimonio, i partner hanno assunto scelte condivise che poi ne hanno condizionato la vita durante le nozze, per esempio la rinuncia alla vita lavorativa e a opportunità di carriera da parte del coniuge economicamente debole, che spesso è la donna, ciò che le preclude di mantenersi in modo adeguato dopo la fine del matrimonio.
La decisione si basa sull’interpretazione dell’articolo 5, comma sesto, della legge n. 898 del 01/12/1970, modificata dalla legge n. 74 del 06/03/1987. Tale norma, come interpretata dalla Cassazione, prevede che il giudice tenga sempre conto di:
- condizioni dei coniugi;
- ragioni della decisione;
- contributo personale ed economico fornito da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio (di ciascuno o di quello comune);
- reddito di entrambi.
Tali elementi devono essere considerati anche in proporzione alla durata del rapporto. Compiuta la valutazione, il giudice del divorzio dispone a carico del coniuge più abbiente l’obbligo versare periodicamente l’assegno a favore dell’altro, quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
La sentenza delle Sezioni Unite dunque riconosce l’importanza della convivenza prematrimoniale nella vita di coppia, attribuendo valore legale ai sacrifici e ai contributi fatti da entrambi i partner durante questo periodo.
Come la giurisprudenza si adatta all’evoluzione sociale?
I giudici di legittimità sottolineano l’importanza di “farsi carico dell’evoluzione sociale”, interpretando sia la nozione attuale di “famiglia”, sia i vari modelli di convivenza. La convivenza prematrimoniale può stabilire una divisione dei ruoli domestici che influisce sul futuro matrimonio e su un eventuale divorzio. La legge deve quindi adattarsi a queste realtà sociali in evoluzione.
La legge Cirinnà, pur non introducendo un assegno divorzile per la fine della convivenza, implica che la convivenza prematrimoniale può portare a una solidarietà post-rapporto, proporzionata alla sua durata. Questo indica che anche la convivenza prematrimoniale, come ogni forma di convivenza, può generare obblighi economici tra le parti.
Cosa dice la Convenzione europea dei diritti umani riguardo alla famiglia?
Secondo l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, il diritto al rispetto della vita privata e familiare include anche gli interessi materiali. La famiglia viene considerata in tutte le sue forme, sia tradizionali che moderne, comprese le coppie non sposate ma semplicemente conviventi. La regolamentazione di questi modelli familiari non deve essere discriminatoria ma deve rispettare e salvaguardare le scelte familiari delle persone.
La sentenza n. 18287 dell’11.07.2018 delle Sezioni unite civili della Cassazione ha stabilito che il giudice deve valutare l’inadeguatezza economica del richiedente considerando l’intera storia familiare. La valutazione comprende un confronto delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, il contributo alla vita familiare e alla formazione del patrimonio, considerando la durata del matrimonio e l’età dell’avente diritto.
Conclusioni
La sentenza della Cassazione mette in luce l’importanza di considerare la convivenza prematrimoniale nel determinare l’assegno divorzile. In Italia, il diritto di famiglia evolve per rispecchiare i cambiamenti sociali e garantire equità e giustizia nelle relazioni familiari. Il giudice del divorzio gioca un ruolo cruciale nell’adattare la legge alle circostanze individuali, assicurando che i principi di solidarietà e supporto economico siano rispettati in tutte le forme di unione familiare.
-
Vaccino non obbligatorio senza consenso informato: c’è risarcimento?
2 giorni fa
-
Come fa il datore di lavoro a sapere il motivo della malattia?
4 giorni fa
-
Residenza persone fisiche: nuove regole
4 giorni fa
-
Quando è illegittimo il contratto a termine?
5 giorni fa
-
Proposta di acquisto casa legata alla concessione del mutuo
6 giorni fa