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Calcio: il fallo non è sempre reato di lesioni?

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(@mariano-acquaviva)
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Lesioni personali provocate durante una competizione sportiva che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari: quando c’è reato?

Capita spesso che, durante una partita di calcio, ci si faccia male. Il fallo di gioco, poi, è tanto più frequente quanto più la gara si fa importante. Ma qual è la soglia oltre la quale il fallo diventa reato di lesioni personali?

Per quanto possa sembrare strano, infatti, anche uno scontro di gioco particolarmente violento può diventare oggetto di discussione davanti a un giudice penale. Vediamo quando accade ciò, cioè quando è possibile sporgere querela per un intervento falloso.

Fallo di gioco: quando c’è reato?

Secondo la giurisprudenza [1], non è affatto detto che il fallo, anche se duro e causa di lesioni serie all’avversario, integri automaticamente il reato di lesioni volontarie; ciò infatti avviene solo se l’intervento fuoriesca dai limiti delle regole del gioco.

Se un calciatore sferra un pugno in pieno viso a un avversario mentre il gioco è fermo, la condotta può costituire il reato di lesioni personali.

Proprio per il fatto che l’episodio si verifica nel corso di una competizione sportiva che implica l’uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari scatta una causa di giustificazione che rende la condotta lesiva non punibile penalmente.

Fallo: c’è reato solo se il cartellino è rosso?

Secondo la giurisprudenza, la valutazione che dell’episodio fa il giudice di gara pesa anche sulle possibilità di ritenere il comportamento grave o meno.

Infatti, un cartellino giallo ha meno rilievo, anche ai fini penalistici, di un’espulsione.

Per i giudici, ciò andrebbe a dimostrazione del fatto che l’intervento non oltrepassa la soglia del rischio consentito nella pratica del gioco.

Ciò tuttavia non significa che sia l’arbitro a decidere se un fallo integra gli estremi del reato: la valutazione fatta dal giudice di gara può solamente aiutare a comprendere più facilmente l’effettiva gravità del gesto.

Ciò non toglie che un fallo violento punito solo col cartellino giallo non possa ugualmente essere considerato reato dalla giustizia ordinaria.

Lesioni personali: quando sono giustificate nello sport?

In materia di lesioni cagionate nel corso di competizioni sportive, la Cassazione ha sostenuto che “qualora i comportamenti violenti non oltrepassino la soglia del rischio consentito nella specifica attività ginnica, essi appartengono alla categoria degli illeciti sportivi che non rilevano per il diritto penale e quindi non costituiscono reato, per mancanza di danno sociale”.

Ciò perché “la pratica sportiva costituisce una causa di giustificazione“.

Pertanto, non è punibile chi, nel rispetto delle regole del gioco o violandole entro i limiti dell’illecito sportivo, cagioni un danno all’avversario [2].

Scatta invece il reato tutte le volte in cui non vengano rispettate le regole di gioco e, nello stesso tempo, il comportamento ecceda colposamente l’azione fisica consentita dalla specifica disciplina sportiva (in tal caso le lesioni personali saranno colpose) o si agisca intenzionalmente allo scopo di ledere l’avversario approfittando della circostanza del gioco (in tal caso le lesioni saranno dolose).

In quest’ultimo caso deve però emergere la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, della volontà del giocatore, anche se non finalizzata a causare il danno fisico, ma quantomeno diretta a compiere proprio quel determinato comportamento lesivo [3].

Cartellino rosso: quando è reato?

Recentemente la Corte di Cassazione [4] ha condannato per lesioni personali l’autore di un fallo commesso a seguito di un durissimo tackle avvenuto durante una partita di calcio.

Per la Suprema Corte,  ai fini della valutazione della responsabilità dei protagonisti dell’attività sportiva occorre procedere a un attento esame del contesto ambientale nel quale l’attività si svolge in concreto, onde rilevare il grado di violenza o di irruenza compatibile con il rischio consentito.

Nel caso di specie, l’azione di gioco di cui il calciatore si era reso responsabile era stata caratterizzata dal ricorso ad una “irruenza sproporzionata al contesto di una partita amichevole tra squadre dilettanti”.

 
Pubblicato : 27 Gennaio 2024 18:43