Buttare fuori di casa l’altro coniuge è sempre reato?
Sfratto del coniuge: è reato se c’è la convinzione di esercitare un proprio diritto per via di una sentenza di assegnazione della casa ottenuta dal tribunale?
Il matrimonio obbliga i coniugi alla coabitazione, cioè a vivere sotto lo stesso tetto. Il venir meno a tale dovere può costituire causa di addebito della separazione, esattamente come nell’ipotesi in cui si violi l’obbligo di fedeltà. A volte, però, la convivenza diventa talmente intollerabile da non lasciar altra scelta, a uno dei coniugi, di mandare via l’altro. Ciò è legale? Buttare fuori di casa l’altro coniuge è sempre reato? Approfondiamo la questione.
Sfrattare il coniuge è legale?
Non è possibile sfrattare il coniuge, neanche se la convivenza è diventata intollerabile.
In questa ipotesi, a chi ritiene di non poter più condividere lo stesso tetto con il partner non resta che fare le valigie e andare via, purché però vi sia una ragione valida (come, ad esempio, le percosse e i maltrattamenti subiti).
Secondo la legge, inoltre, la proposizione della domanda di separazione, di annullamento o di divorzio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare [1].
Mandare via l’altro coniuge è reato?
Chi butta fuori di casa, con violenza, l’altro coniuge subisce una condanna penale anche se abbia già ottenuto un provvedimento di assegnazione della casa familiare da parte del giudice.
Nell’ipotesi in cui venga usata violenza sulla persona allo scopo di buttare fisicamente il coniuge fuori di casa o di impedirne l’ingresso, la rilevanza penale della condotta appare palese.
In tal caso potrà essere contestato il reato di violenza privata o quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone.
Di conseguenza, chi impedisce al coniuge di fare ingresso in casa potrà essere chiamato a rispondere del reato in questione anche se la casa coniugale gli è stata assegnata dal giudice ed egli ha dato materiale esecuzione ad un ordine del tribunale a cui la controparte non aveva ancora spontaneamente adempiuto.
Il reato scatta anche se il coniuge lo fa per sottrarsi alle pressioni dell’altro o ai litigi.
Nel caso invece di violenza subita, andrà valutato caso per caso se ricorre la legittima difesa (ma solo nei casi più gravi).
In realtà, in quest’ultima ipotesi la vittima ben potrebbe lasciare l’abitazione senza timore che le venga contestato l’illecito di abbandono del tetto coniugale (come ricordato in precedenza).
Casa coniugale: si può cambiare la serratura?
Nella maggior parte dei casi, allo scopo di escludere l’altro dal godimento della casa familiare, uno dei coniugi provvede a cambiare la serratura della porta d’ingresso.
Anche una condotta di questo tipo è condannabile penalmente: in questo caso, infatti, si potrà configurare il reato di violenza privata [2] o l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.
Esercizio arbitrario e violenza: differenze
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni presuppone la convinzione, da parte di chi agisce, di fare valere un proprio diritto, non importa se effettivo o presunto.
Si configurerà, invece, il reato di violenza privata qualora chi agisce non sia sorretto dalla convinzione di esercitare un proprio diritto, ma semplicemente usi violenza per impedire al coniuge di entrare nella casa coniugale o, comunque, per metterlo nella condizione di andarsene pur contro la sua volontà.
La differenza tra i due reati è rilevante non solo con riferimento alla pena: se la violenza privata è procedibile d’ufficio, l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni può formare oggetto di procedimento penale solo a querela di parte.
La procedibilità d’ufficio del reato di violenza privata comporta che qualora i fatti penalmente rilevanti emergano nel corso di un’udienza del procedimento di separazione, il giudice, nella sua qualità di pubblico ufficiale, avrà il dovere di farne denuncia alla Procura della Repubblica, indipendentemente dalla volontà manifestata dall’altro coniuge.
Di recente, i giudici hanno precisato che. in mancanza di assegnazione della casa familiare da parte del giudice, la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, ha il diritto di tornarvi ed il marito che la esclude incorre in violenza privata.
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