Bossing a tutti i dipendenti: c’è risarcimento?
Mobbing e bossing: le condizioni per poter chiedere il risarcimento al datore di lavoro.
È possibile ottenere un risarcimento per bossing quando il superiore è burbero con tutti i lavoratori e non manifesta invece un accanimento nei confronti di uno solo di questi? Il semplice carattere autoritario e dispotico, le condotte prevaricatrici e gli atti vessatori indiscriminati potrebbero giustificare un’azione legale contro il capo? Chi si sente oppresso sul lavoro avrà più di una ragione per conoscere la risposta a tale domanda.
Più di una volta la Cassazione si è pronunciata sul tema e, in particolare, con la sentenza n. 2012/17 ha risposto alla seguente domanda: in presenza di bossing a tutti i dipednente, c’è risarcimento? Vediamo cosa è stato detto in questa occasione.
Cos’è il bossing?
Il termine “bossing” non è contenuto in alcuna legge: non esiste norma che definisca tale concetto. Ci hanno però pensato la giurisprudenza e la dottrina: viene detto “bossing” il mobbing proveniente dal datore di lavoro, per distinguerlo dal “mobbing orizzontale” (quello posto, ai danni del dipendente, dai suoi colleghi) e dal “mobbing verticale (quello posto invece dai suoi superiori gerarchici che non siano però il datore di lavoro).
Troviamo quindi nel mobbing la definizione anche di bossing: si deve trattare di un comportamento vessatorio e reiterato nei confronti del dipendente volto a mortificarlo, a lederne la dignità, ad isolarlo dall’ambiente di lavoro, con conseguente grave danno fisico, psicologico e alla carriera.
Il bossing/mobbing quindi richiede un elemento oggettivo, costituito da una serie di condotte ripetute nel tempo dal carattere oppressivo e vessatorio (anche se singolarmente prese possono essere lecite, come la negazione di ferie in un determinato periodo dell’anno), e da un elemento soggettivo, costituito invece dall’intenzione del datore di accanirsi contro lo specifico dipendente (questo fine deve essere l’elemento che accomuna tutti questi comportamenti).
Il bossing è quindi una serie di condotte ostili o aggressive sul luogo di lavoro che possono includere toni aggressivi, linguaggio scurrile, rimproveri e umiliazioni davanti ai colleghi, negazione di diritti, richieste di straordinari, ecc.
Quando il bossing dà diritto al risarcimento?
Il bossing può dare diritto a un risarcimento quando si tratta di un comportamento sistematico, intenzionale e mirato a danneggiare un singolo individuo o un gruppo di individui. Tuttavia è necessario che il dipendente fornisca delle prove tutt’altro che facili da raggiungere. Ossia:
- la reiterata serie di comportamenti vessatori;
- il fine che accomuna tutti questi comportamenti: mortificare il dipendente emarginandolo;
- il danno alla salute fisica e/o psichica e/o alla carriera.
Quando il bossing dà diritto al risarcimento?
Tuttavia, non tutte le condotte di un superiore burbero sono considerate bossing. Secondo una sentenza della Cassazione, se un superiore è riconosciuto come burbero o spigoloso con tutti e non solo con un singolo dipendente, la sua condotta non è considerata bossing e quindi non dà diritto a un risarcimento. Infatti l’indole caratteriale fa venir meno l’elemento soggettivo del bossing: ossia l’intento di emarginare, opprimere e vessare il dipendente che ne è vittima.
Se il comportamento del superiore, nonostante sia aggressivo, è rivolto a tutti i dipendenti e non tende ad isolare o vessare un individuo o un gruppo, non può essere considerato bossing. Inoltre, se nonostante il comportamento spigoloso, il superiore mantiene un comportamento professionale e responsabile sul lavoro, questo esclude la possibilità di un risarcimento per bossing.
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