Bollo su fatture: come funziona
Quando si applica e a quanto ammonta l’imposta sulle prestazioni non imponibili Iva; chi deve pagarla e cosa succede se manca la marca sul documento fiscale.
Imprenditori, professionisti e lavoratori autonomi sanno bene che in Italia esiste una sorta di tassa sulla tassa, un balzello che va ad incidere su chi pone in essere determinati adempimenti fiscali, e riguarda anche coloro che non sono soggetti Iva, in quanto svolgono solamente prestazioni occasionali.
Stiamo parlando dell’imposta di bollo sulle fatture e sulle ricevute dei compensi. In questo articolo ti spiegheremo tutto ciò che serve sapere al riguardo: quando si applica, come funziona e a quanto ammonta questa tassa, che normalmente è di importo esiguo ma che può diventare consistente se le prestazioni svolte sono numerose. E se non viene pagata, comporta seri problemi.
Oltretutto l’omissione è di facile rilevazione a cura dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate, perché basta constatare che su una determinata fattura o ricevuta la marca, in forma cartacea o virtuale, non è stata applicata e quindi l’imposta dovuta è stata evasa. Quindi le possibilità di contestazione sono molto scarse.
Quando va messo il bollo su fatture e ricevute?
L’imposta di bollo si applica sulle fatture e sulle ricevute dei compensi emesse in relazione a operazioni non soggette ad IVA quando il totale è di importo superiore a 77,47 euro (le vecchie 150mila lire).
Imposta di bollo su fatture: a quanto ammonta?
L’imposta di bollo sulle fatture e sulle ricevute che recano un totale superiore a 77,47 euro è di importo fisso ed ammonta sempre a 2 euro tondi.
Bollo su fatture: come si applica?
Per le fatture e le ricevute emesse e consegnate in formato cartaceo, la marca da bollo è costituita da un contrassegno telematico che si può acquistare dal tabaccaio e va applicato sul modello originale. Sulle eventuali copie del documento fiscale basta riportare la dicitura: «imposta di bollo assolta sull’originale».
Per le fatture elettroniche, l’imposta va assolta in modo virtuale, quindi senza necessità di un contrassegno fisico, e provvedendo al versamento con il modello F24, sul quale deve essere riportato il codice tributo 2521 se l’operazione avviene nel primo trimestre dell’anno, 2522 se si compie nel secondo, 2523 nel terzo e 2524 nel quarto.
Si può anche versare l’imposta mediante addebito diretto sul conto corrente intestato al contribuente che ha comunicato all’Agenzia delle Entrate il relativo codice Iban.
Bollo virtuale su fatture elettroniche
Inoltre, è possibile utilizzare il campo «bollo virtuale» in fase di inserimento della fattura elettronica nello Sdi (sistema di interscambio telematico dell’Agenzia Entrate) per indicare l’avvenuto assolvimento dell’imposta, quindi senza dover riportare di volta in volta e in maniera specifica l’importo del bollo.
In tal caso il calcolo viene operato, in automatico, direttamente dall’Agenzia Entrate, che indica il totale dovuto dal contribuente nell’area riservata del portale «Fatture e corrispettivi» entro il giorno 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre di riferimento.
Ritardato versamento imposta di bollo su fatture
In caso di ritardato versamento rispetto alle scadenze trimestrali previste, il sistema informatico dell’Agenzia Entrate calcola anche le sanzioni e gli interessi previsti per regolarizzare il dovuto mediante il ravvedimento operoso.
Se un soggetto Iva (compresi i contribuenti che operano in regime forfettario) ritiene che una determinata fattura elettronica non debba essere assoggettata all’imposta di bollo, può eliminare il relativo campo dall’integrazione sullo Sdi, purché sia in grado di fornire adeguate motivazioni in caso di verifiche e controlli da parte dell’Agenzia Entrate.
Chi paga il bollo sulle fatture?
La marca da bollo è a carico del debitore, dunque il costo viene sopportato dal cliente che riceve i beni o i servizi. Chi emette la fattura o la ricevuta, però, potrebbe decidere di sostenere egli stesso il costo dei due euro della marca, senza quindi addebitarlo al cliente.
Tuttavia, l’omesso versamento dell’imposta di bollo, così come le relative sanzioni, sono a carico di entrambe le parti, che ne rispondono in solido, cioè insieme e congiuntamente tra loro. Quindi anche il cliente potrebbe essere sanzionato dall’Agenzia delle Entrate se il fornitore o il professionista non ha adempiuto all’obbligo di imposta di bollo sulle fatture non imponibili Iva e di importo superiore a 77,47 euro.
Va precisato che quando l’imposta di bollo viene addebitata al cliente il relativo importo di 2 euro per ciascuna fattura o ricevuta, in base all’interpretazione della normativa tributaria fornita dall’Agenzia delle Entrate, rientra tra i ricavi, e dunque costituisce reddito imponibile; ciò non avviene se il bollo rimane a carico del fornitore o del professionista.
Bollo su fatture omesso: quali sanzioni?
L’omissione della marca da bollo sulle fatture, nei casi in cui essa è dovuta – così come l’apposizione posticcia, sul documento fiscale, di una marca recante una data successiva a quella della fattura stessa – è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra il doppio ed il quintuplo dell’imposta evasa.
Quindi la sanzione può arrivare sino al massimo di 10 euro per ogni marca non apposta o non valida. E se le omissioni sono multiple, le sanzioni si moltiplicano (ad esempio, 100 fatture irregolari comporteranno una sanzione da 200 a 1.000 euro).
Quando l’Agenzia rileva le violazioni, solitamente trasmette al contribuente una comunicazione di irregolarità, con possibilità di sanare il dovuto entro 30 giorni abbattendo le sanzioni minime fino ad un terzo, in modo da evitare l’avviso di accertamento.
Per il versamento delle sanzioni (definibili anch’esse tramite il ravvedimento operoso cui abbiamo accennato sopra, finché l’Agenzia non ha contestato la violazione) e degli interessi mediante modello F24 bisogna indicare, rispettivamente, i codici tributo 2525 e 2526.
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