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Bollo in fattura addebitato al cliente: cosa succede?

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(@paolo-remer)
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Quando i 2 euro diventano compenso e fanno reddito; quali sono gli adempimenti per i professionisti e lavoratori autonomi in regime forfettario.

Tutti i professionisti e lavoratori autonomi, specialmente quelli in regime forfettario, sanno bene che quando emettono una fattura di importo superiore a 77,47 euro (le vecchie 150mila lire) devono applicare il bollo, un contrassegno cartaceo o telematico del valore di 2 euro. I loro clienti lo sanno un po’ meno, e spesso sono stupiti quando si vedono richiedere il pagamento di questa cifra ulteriore rispetto al compenso concordato. Eppure il bollo in fattura addebitato al cliente è legittimo, ma con alcune precisazioni. Vediamo cosa succede quando chi emette la fattura decide di comprendere, nel totale che il cliente dovrà pagare, anche il costo della marca da bollo.

Chi ha l’obbligo di mettere il bollo in fattura?

L’obbligo di “mettere la marca”, come si diceva una volta, ovvero di applicare il contrassegno che si acquista dal tabaccaio (o quello telematico per le fatture elettroniche) sorge in capo al professionista, nel momento in cui emette il documento fiscale a seguito delle prestazioni fornite.

Tuttavia, è prevista dalla legge [1] una «solidarietà tributaria» tra il soggetto che emette la fattura e quello che la riceve, vale a dire il cliente: perciò, in caso di evasione dell’imposta di bollo dovuta, il Fisco potrà chiedere il pagamento ad entrambi.

Su quali fatture si paga il bollo?

Sono soggette all’imposta di bollo, pari a 2 euro, le fatture o altri documenti fiscali obbligatori (come le ricevute di compensi per prestazioni di lavoro occasionale) di importo complessivo superiore a 77,47 euro e riguardanti operazioni non assoggettate ad Iva, comprese quelle effettuate dai contribuenti forfettari.

Ti ricordiamo che anche sulle fatture elettroniche è dovuta l’imposta di bollo, proprio come per le fatture cartacee, con l’unica differenza che la marca da bollo è “virtuale“, non fisica, e il versamento viene fatto in modalità telematica, utilizzando la funzione «Fatture e corrispettivi» sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Sulla fattura elettronica deve essere apposta la dicitura: «imposta di bollo assolta ai sensi del D.M. 17 giugno 2014».

Chi paga la marca da bollo da 2 euro?

Anche se per il pagamento dell’imposta di bollo c’è l’obbligo solidale di entrambe le parti, il costo della marca da 2 euro è a carico del debitore della prestazione; fermo restando che l’obbligo di apporre il contrassegno è sempre a carico di chi emette la fattura, perché il tributo sorge al momento della formazione del documento fiscale. Quindi se chi riceve la fattura si accorge che è senza la prevista marca da bollo, deve regolarizzare il documento pagando l’imposta entro 15 giorni dal ricevimento, e l’Agenzia delle Entrate applicherà all’emittente la sanzione per il bollo omesso.

Con la progressiva estensione della fattura elettronica – che dal 1° luglio 2022 riguarda anche i contribuenti forfettari con ricavi o compensi superiori a 25mila euro annui – questo problema della mancata applicazione della marca da 2 euro, e del conseguente omesso pagamento del tributo, ha scarsa rilevanza pratica, perché, come abbiamo visto, c’è l’obbligo di contrassegno telematico e l’Agenzia delle Entrate può riscontrare automaticamente chi ha emesso fatture senza effettuare il previsto versamento dell’imposta di bollo.

Cosa succede se si addebita il bollo al cliente?

Qui viene il punto più interessante: se chi emette la fattura con bollo di 2 euro decide di addebitare al cliente questo costo – e abbiamo visto che lo può legittimamente fare – l’importo che riscuoterà diventerà parte integrante del suo compenso: una recente risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate [2] ha ribadito in modo perentorio questa severa posizione. La giustificazione sta nel fatto che in questi casi l’emittente fattura non addebita l’Iva in rivalsa, perché questo tipo di prestazioni fatturate e soggette al bollo (diversamente da quanto accade per le operazioni commerciali) è esente da imposta sul valore aggiunto.

Ciò significa che un professionista in regime forfettario che in un anno d’imposta ha emesso cento fatture di 100 euro ciascuna, e su tutte ha applicato l’imposta di bollo di 2 euro facendola pagare ai clienti, dovrà riportare in dichiarazione, come base imponibile, la cifra di 10.200 euro, anziché di 1.000, che è quella pari ai compensi netti delle sue prestazioni: deve aggiungere anche i 200 euro delle marche da bollo o dei contrassegni telematici sulle fatture elettroniche.

Bollo in fattura: quando fa reddito?

In sostanza, la marca da bollo diventa reddito quando il professionista decide di scaricarne il costo sul cliente al quale addebita i 2 euro oltre l’importo stabilito per il compenso della sua prestazione: in questo caso chi riscuote in pagamento 102 euro dovrà includere anche questi 2 euro nei propri ricavi.

Se, invece, il professionista appone il contrassegno sulla fattura ma non addebita il relativo importo al cliente – è una sua scelta, anch’essa legittima – potrà indicare tra i redditi imponibili solo il corrispettivo ricevuto, senza dover comprendere l’ulteriore importo della marca da bollo, che è rimasta un costo a suo carico.

Come capire se il bollo in fattura è imponibile

Come si fa a capire nella pratica, visionando una fattura emessa, se il bollo è stato addebitato al cliente o se invece è rimasto a carico del professionista? È molto semplice: basta consultare se nel totale da pagare compare o no la cifra relativa alla marca o contrassegno telematico.

Nel primo caso l’importo di 2 euro compare anche nel “corpo fattura”, cioè nella descrizione dei servizi forniti al destinatario, subito dopo l’indicazione del compenso e delle eventuali voci accessorie, e quindi il cliente dovrà pagare il bollo su fattura in aggiunta al corrispettivo fatturato; nel secondo caso, invece, viene riportato separatamente (rimanendo inalterata la prevista applicazione del contrassegno adesivo, se la fattura è cartacea, o l’apposizione del contrassegno telematico sulla fattura elettronica) e perciò non concorre alla sommatoria del totale richiesto al cliente che aveva commissionato la prestazione professionale; quindi il cliente salderà il corrispettivo dovuto, al netto dei 2 euro di bollo.

Bollo in fattura: qual è l’impatto fiscale?

C’è da dire che nella pratica l’impatto fiscale dovuto alla necessità di ricomprendere fra i ricavi anche gli introiti del bollo in fattura è “ammortizzato” dai coefficienti di abbattimento del reddito previsti per il regime forfettario, in base alla categoria di attività esercitata: ad esempio, anche applicando il coefficiente più elevato – quello del 78%, previsto per le attività professionali – l’incidenza dei bolli sui redditi viene diminuita di circa un quarto. E sull’importo risultante si paga l’imposta non con le ordinarie aliquote, bensì con la flat tax del 15% (che scende al 5% nei primi cinque anni di esercizio dell’attività).

Così, nell’esempio delle cento fatture emesse che abbiamo fatto nel paragrafo precedente, l’imposta effettiva sui redditi che un professionista in regime forfettario con aliquota del 15% dovrà pagare per i bolli sulle fatture addebitati ai clienti sarà di “soli” 23,40 euro. Chi, invece, non opera in regime forfettario, perché supera la soglia dei 65mila euro di ricavi e compensi annui, non beneficia di nessun abbattimento.

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Pubblicato : 27 Ottobre 2022 08:00