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Banca dati polizia: quando è legale consultarla?

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(@mariano-acquaviva)
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Che cos’è il Centro di Elaborazione Dati delle forze dell’ordine? Cosa rischia il carabiniere che effettua un controllo per motivi personali?

Le forze dell’ordine possono accedere a uno speciale registro in cui sono contenuti tutti gli illeciti commessi dai cittadini: non solo quelli penali, ma pure quelli amministrativi, nei quali rientrano anche le infrazioni stradali. Attraverso questo potentissimo strumento le autorità possono effettuare i dovuti controlli, ad esempio per verificare se il soggetto sorpreso a guidare senza patente sia recidivo. Quando è legale consultare la banca dati della polizia?

A questo quesito ha risposto la Corte di Cassazione con una sentenza piuttosto recente, stabilendo in quali casi le forze dell’ordine possono accedere al C.E.D., cioè al Centro di Elaborazione Dati in cui sono contenuti tutti i precedenti dei cittadini. Approfondiamo la questione.

Cos’è la banca dati della polizia?

Per “banca dati della polizia” si intende l’archivio digitale in cui confluiscono tutte le “schermaglie” che i cittadini hanno con la giustizia.

Il nome esatto è Centro di Elaborazione Dati (acronimo C.E.D.) e in esso sono riportate le informazioni acquisite nel corso delle attività amministrative e delle attività di prevenzione o repressione dei reati.

Quali informazioni ci sono nel C.E.D.?

Nella banca dati della polizia vengono inseriti non solo i precedenti penali veri e propri (cioè, le sentenze penali di condanna oramai irrevocabili), ma anche le denunce sporte, le indagini e i procedimenti in corso.

Al di là degli illeciti penali, poi, il C.E.D. conserva anche le altre violazioni di legge, di solito di tipo amministrativo. È il caso, ad esempio, delle infrazioni al Codice della strada, alla normativa urbanistica, a quella locale, ecc.

Di conseguenza, il poliziotto che, durante un controllo stradale di routine, acceda alla banca dati per verificare i “precedenti” della persona fermata alla guida, potrà vedere anche se in passato ha riportato altre multe, se è stato denunciato, ecc.

Chi aggiorna la C.E.D.?

Devono essere le stesse autorità ad aggiornare costantemente le informazioni contenute nella banca dati.

Secondo la legge [1], le forze dell’ordine devono far confluire senza ritardo nel Centro Elaborazione Dati le informazioni acquisite nel corso delle attività amministrative e delle attività di prevenzione o repressione dei reati.

Sulle stesse forze dell’ordine grava anche l’onere di aggiornare il C.E.D., avendo cura di cancellare o di modificare le informazioni non più attuali.

Chi può consultare la banca dati della polizia?

Il C.E.D. può essere consultato da tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine, anche da coloro che non hanno contribuito direttamente a inserire le informazioni all’interno della banca dati.

Ciò significa che, una volta che le notizie sono confluite nell’archivio digitale, le autorità di tutta Italia potranno accedervi per estrarre le informazioni di cui hanno bisogno.

Quando si può consultare la banca dati della polizia?

Quanto detto nel precedente paragrafo merita una precisazione. Secondo la legge, infatti, l’accesso alla banca dati è possibile solo al personale debitamente autorizzate dal funzionario responsabile, previa abilitazione di un apposito profilo, diversificato a seconda delle informazioni che occorre apprendere, in ragione delle mansioni da svolgere, avuto riguardo anche all’incarico ricoperto in seno alla propria forza di polizia.

In altre parole, quindi, l’accesso al C.E.D. non è libero ma sempre subordinato al ricorrere di specifiche esigenze. Ad esempio, in sede di rilascio del porto d’armi, la questura avrà interesse a verificare che il richiedente non sia pregiudicato oppure non abbia procedimenti penali pendenti.

Quando è reato consultare la C.E.D.?

Secondo la Corte di Cassazione [2], commette il reato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico il carabiniere che consulta la banca dati delle forze dell’ordine per effettuare delle interrogazioni non autorizzate e per finalità non istituzionali.

Per la Suprema Corte, infatti, è illecita la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pur essendo abilitato, violi le condizioni e i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, ovvero ponga in essere operazioni di natura diversa da quelle per le quali l’accesso è consentito.

È infatti pacifico come la banca dati in uso alla Polizia di Stato, contenente tutte le informazioni acquisite dalle forze dell’ordine nel corso di attività amministrative, di prevenzione o repressione dei reati, sia una banca dati riservata, contenente informazioni per le quali il divieto di comunicazione è imposto dalla legge.

Insomma: commette reato il carabiniere o il poliziotto che accede alla C.E.D. per scopi diversi da quelli istituzionali.

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Pubblicato : 8 Febbraio 2023 20:00