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Bambino si fa male al parco: c’è risarcimento?

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(@angelo-greco)
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Caduta di un bambino al parco giochi e risarcimento del danno: cosa dice la giurisprudenza.

Può sembrare strano e, per certi versi, assurdo. Ma è più facile ottenere il risarcimento quando cade e si fa male un adulto che un bambino. Questo perché nel primo caso l’evento è di norma dovuto a una asperità del terreno, a una insidia o comunque a un ostacolo non visibile. Nel secondo invece c’è molto spesso una imprudenza del minore che i genitori dovrebbero contrastare e prevenire.

Per comprendere meglio come funziona il risarcimento quando un bambino si fa male al parco giochi, a seguito di una caduta, dobbiamo riferirci a ciò che dice la giurisprudenza e, prima ancora, il codice civile.

La responsabilità del custode

La prima norma che viene in rilievo è l’articolo 2051 del codice civile che segna una sorta di responsabilità oggettiva in capo a chi ha in custodia un bene come può essere uno scivolo, un’altalena o qualsiasi altro oggetto. Se qualcuno si fa male a causa di esso, il titolare o chi ne ha la custodia deve risarcire il danneggiato: non solo i danni fisici ma anche quelli morali. E se la vittima ha meno di 18 anni, il risarcimento deve essere chiesto dai suoi genitori.

Questo significa che se un bambino si fa male a causa di un ferro che sbuca da una giostra, non segnalato e non messo in sicurezza, sicuramente il titolare del parco (che potrebbe ben essere il Comune se si tratta di area pubblica) è tenuto a risarcire i danni. Allo stesso modo, se il bambino cade in una fossa non segnalata, anche in questo caso i genitori hanno ben diritto a chiedere il risarcimento. E così dicasi per un’altalena non adeguatamente assicurata alla sbarra, che cede sul più bello.

Insomma, tutto ciò che è intrinsecamente pericoloso e inaspettato, fuori dagli ordinari canoni della prevedibilità, fa scattare un illecito in caso di danneggiamento. Sono le anomalie del parco giochi a dar diritto all’indennizzo.

Quando non c’è responsabilità

Nulla invece è dovuto se l’infortunio dipende da una imprudenza o disattenzione del danneggiato. È il cosiddetto caso fortuito che costituisce un esonero dalla responsabilità civile per il titolare dell’oggetto o per il suo custode.

Poniamo il caso di un bambino che si arrampica sulla ringhiera del parco e poi cade: i suoi genitori non avranno diritto a essere risarciti dal Comune perché avrebbero dovuto vigilare su una condotta a dir poco incauta del minore.

È, del resto, del tutto normale aspettarsi dai più piccoli condotte imprudenti e avventate. Qualsiasi genitore dotato di buon senso sta sempre vicino al proprio figlio, specie se in età prescolare, affinché non compia gesti pericolosi per lui e per gli altri.

Quindi se il papà o la mamma si distrae perché, proprio nel momento dell’infortunio, sta parlando con gli amici o spulcia il cellulare, non può poi chiedere il risarcimento al Comune per la caduta al parco giochi del figlio. Questo del resto è l’orientamento – del tutto condivisibile – sposato dalla Cassazione (vedi ordinanza n. 26088/2023).

In altri termini, la disattenzione dei genitori costituisce quel caso fortuito che, ai sensi del citato articolo 2051 del codice civile, costituisce causa di esonero di ogni responsabilità in capo al titolare o al custode della cosa da cui è scaturito l’infortunio. È del tutto prevedibile infatti che un bambino di pochi anni, se non adeguatamente vigilato, può farsi male, non percependo le situazioni di rischio e pericolo.

I precedenti della giurisprudenza

Come già chiarito dalla Cassazione (ord. n. 12549/2022), «l’utilizzo di strutture esistenti in un parco giochi – a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto – non si connota, di per sé, per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti. Questi ultimi, in un parco giochi, devono avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, l’esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolarepreventivamente».

In un altro precedente (sent. n. 14166/2020) la Cassazione ha detto che «in tema di danni da attrezzature di gioco per bambini, sussiste la responsabilità della pubblica amministrazione tutte le volte che le normative Uni En 1176 e 1177 sulla sicurezza per le attrezzature di gioco riservate ai bambini non siano rispettate (nella specie, l’attività istruttoria aveva evidenziato che alla base dei giochi dai quali era caduto il minore vi era una superficie di prato sintetico adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall’altezza massima di un metro; quindi, poiché il bambino era caduto da una panca ad un’altezza maggiore, il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che non c’era).

Ed ancora «L’utilizzo di un bene pubblico postula l’esistenza di un dovere di cautela da parte dell’utente o del soggetto gravato dell’obbligo di vigilanza sull’utente stesso. Ne consegue che non sussiste la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni sofferti da un bambino durante l’utilizzo del parco giochi comunale, qualora le attrezzature custodite siano conformi agli standard previsti dalle norme di sicurezza e non siano, pertanto, caratterizzate da un’accentuata attitudine lesiva, poiché costituisce dovere dell’accompagnatore la previsione dei normali rischi derivanti dall’attività ludica di un fanciullo, nonché la prevenzione delle eventuali conseguenze dannose inerenti a tale attività: la responsabilità, in tale caso, sarebbe ascrivibile esclusivamente alla violazione colposa del potere di sorveglianza da parte dell’accompagnatore» (Cass. sent. n. 18167/2014).

 
Pubblicato : 8 Settembre 2023 15:30