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Assegno mantenimento: quanto conta la dichiarazione dei redditi?

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(@paolo-remer)
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Quando c’è l’obbligo di esibire nella causa di separazione o di divorzio la propria dichiarazione dei redditi e cosa succede a chi non lo rispetta.

Nella separazione e nel divorzio, per determinare l’importo del mantenimento spettante all’ex coniuge economicamente più debole, bisogna esaminare il divario tra il reddito e il patrimonio di chi vorrebbe percepire questo emolumento e le sostanze dell’altro coniuge, cioè di colui che, in caso di accoglimento della domanda, sarà obbligato a versare l’assegno mensile. L’assegno serve proprio a ridurre questo squilibrio (la Cassazione parla di «funzione compensativa»).

Quindi sulla bilancia giudiziaria rileva sicuramente la differenza – e talvolta la vera e propria sproporzione – tra le rispettive ricchezze. Ecco perché il mantenimento può essere più o meno cospicuo o non spettare affatto. Il calcolo materiale, però, è complesso e deve tenere conto di numerosi fattori, lasciati all’apprezzamento del giudice in tutti i casi in cui i coniugi non riescono a raggiungere un accordo tra loro. Ma bisogna partire da alcuni dati oggettivi, e tra questi ha un sicuro rilievo la dichiarazione dei redditi: quanto conta ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento?

In effetti la legge prevede l’obbligo di produrla all’inizio della causa di separazione o di divorzio, ma la dichiarazione potrebbe essere incompleta o infedele, e dunque non veritiera; oppure la parte potrebbe sottrarsi all’obbligo di esibizione e allora si tratta di capire cosa accade e se sono previsti dei correttivi e dei poteri di intervento della controparte o del giudice; tutto ciò tenendo presente che, di solito, le mogli sanno quanto realmente guadagnano i mariti (e viceversa) mentre al tribunale bisogna spiegare e documentare queste situazioni di redditi in nero.

Obbligo di produzione della dichiarazione dei redditi

La legge [1] dispone espressamente che, nella causa di divorzio, «i coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria».

Un’ulteriore disposizione [2] precisa che «al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate». Una norma analoga vige nella fase della separazione dei coniugi [3]. Quindi i due coniugi che stanno divorziando devono subito mettere sul tavolo, sin dai primi atti introduttivi della causa, tutte le carte indicative della propria situazione economica e patrimoniale. È quella che gli specialisti chiamano, con terminologia anglosassone, disclosure, o discovery: è la scoperta anticipata e completa degli elementi sulla cui base si dovrà decidere per quantificare l’entità dell’assegno di mantenimento o divorzile. La riforma del processo civile, di prossima introduzione, estenderà la produzione delle dichiarazioni dei redditi agli ultimi tre anni.

Non c’è, però, una sanzione specifica per la violazione di questo obbligo, ma il comportamento della parte che omette di produrre nella propria dichiarazione gli altri elementi necessari a individuare il suo reddito e patrimonio potrebbe essere valutato negativamente dal giudice, come «argomento di prova» ai sensi dell’articolo 116 Cod. proc. civ. Fra poco vedremo quali sono le conseguenze pratiche di tale pronuncia.

Redditi in nero: come si accertano

Si sa che molti redditi vengono percepiti e intascati “in nero“, dunque non sono riportati nella dichiarazione. Questo succede a tutti i livelli: operai non regolarmente assunti, artigiani, commercianti e professionisti che non rilasciano fattura, manager che percepiscono compensi fuori busta, e gli esempi potrebbero continuare. Ma chi ha intascato quei soldi non dichiarati non può spacciarsi per “povero” e dunque non in grado di pagare il mantenimento dovuto: perciò la legge attribuisce al giudice il potere-dovere di richiedere, nei casi dubbi, le indagini di polizia tributaria, che vengono svolte attraverso gli opportuni accertamenti della Guardia di Finanza.

Anche la controparte in causa (di solito, chi intende ricevere il mantenimento da colui o colei che cerca di fingersi poco abbiente per non versarlo) può attivarsi autonomamente e formulare un’istanza di accesso ai dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate per ricostruire la situazione patrimoniale del coniuge, ad esempio per quanto riguarda il possesso di immobili e di quote di partecipazione societaria; per approfondire questi aspetti leggi “Separazione: come sapere quanto guadagna il coniuge” e “Mantenimento ex coniuge: come si provano i redditi?“.

Mancata presentazione della dichiarazione: conseguenze

Infine, c’è chi fa lo struzzo e cerca di sottrarsi all’obbligo non producendo nella causa di separazione o di divorzio la propria dichiarazione dei redditi, ma in quel caso le conseguenze sono pesanti, perché il giudice può desumere proprio da tale comportamento che esistano proventi non dichiarati, e dunque maturare il convincimento che uno dei due coniugi (l’obbligato al pagamento o anche il beneficiario) voglia nascondere la propria ricchezza, per cercare di non pagare l’assegno dovuto, oppure per percepire più di quanto gli spetterebbe.

La Corte di Cassazione [4] afferma che alle parti in causa nel procedimento di separazione giudiziale o di divorzio contenzioso si richiede un «comportamento di lealtà processuale particolarmente pregnante, che si manifesta con l’offerta degli elementi probatori utili a ricostruire le effettive condizioni economiche». Questo dovere di collaborazione reciproca per l’accertamento dei redditi veri «giunge fino a richiedere a ciascuna di esse di fornire al giudice elementi di prova contrari al proprio personale interesse»: in sostanza, al giudice e alla controparte non si può e non si deve nascondere nulla sull’entità effettiva delle proprie sostanze.

Redditi non dichiarati: contano ai fini del mantenimento?

Il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte è netto: «In tema di separazione giudiziale dei coniugi, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza dei coniugi a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo pertanto rilievo anche i redditi occultati al fisco, all’accertamento dei quali l’ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria».

In applicazione di tale principio, una recente sentenza del tribunale di Lamezia [5] ha rigettato la domanda di assegno divorzile avanzata da una moglie che aveva «mancato di produrre la documentazione completa afferente la reale consistenza delle proprie sostanze economiche e patrimoniali»: dalla ricostruzione era emerso che la donna aveva una importante partecipazione in una società e perciò i giudici lametini hanno ritenuto che i suoi redditi fossero ben «maggiori di quelli indicati, con conseguente esclusione di ogni possibile significativa sproporzione economica tra le parti». Possiamo, quindi, concludere che anche i redditi non dichiarati contano per il mantenimento.

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Pubblicato : 16 Dicembre 2022 10:15