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Assegno divorzile: quando spetta al marito?

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(@mariano-acquaviva)
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Quali sono le condizioni affinché il giudice possa imporre l’obbligo di pagare un contributo economico periodico all’ex coniuge?

Quando marito e moglie si separano non tutti gli obblighi vengono meno. A sopravvivere è soprattutto quello che impone al coniuge economicamente più forte di sostenere quello più debole, dapprima con un mantenimento periodico e, successivamente, con l’assegno divorzile.

Siamo abituati a credere che quest’ultimo sia un diritto esclusivo delle donne. In realtà, la legge non fa alcuna distinzione di sesso, per cui anche l’ex marito, se si trova in difficoltà economica a causa del contributo che ha dato per la costituzione del nucleo familiare, può maturare il diritto all’assegno divorzile. Quando? Scopriamolo insieme.

Cos’è l’assegno divorzile?

L’assegno divorzile è il contributo economico periodico che un coniuge deve all’altro a seguito dello scioglimento del vincolo matrimoniale.

Quando si paga l’assegno divorzile?

Secondo la legge [1], il giudice può imporre l’obbligo del pagamento dell’assegno divorzile a favore del coniuge che non gode di adeguati mezzi o che non può procurarseli per ragioni oggettive, solo se tiene in considerazione tutte le seguenti circostanze, rapportate alla durata del matrimonio:

  • le condizioni dei coniugi,
  • le ragioni della decisione,
  • il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;
  • il reddito di entrambi.

Insomma: l’attribuzione dell’assegno divorzile deve essere il frutto di una scelta ben ponderata del giudice, il quale deve prendere in considerazione una serie di circostanze a volte molto complesse.

Secondo la legge, infatti, la disparità economica tra i due ex coniugi non è motivo sufficiente per stabilire l’obbligo del pagamento: occorre infatti tenere conto del contributo, anche non economico, che ciascuno ha fornito per la costituzione e il mantenimento del nucleo familiare, contributo in ragione del quale, allo scioglimento dell’unione, uno dei due si sia trovato nella condizione di non potersi mantenere in modo autonomo.

È il classico caso della donna che, sacrificando il lavoro e la carriera per accudire e crescere i figli, dopo il divorzio si trova senza redditi e nell’impossibilità di inserirsi nel mercato del lavoro per via dell’età.

Insomma: l’assegno divorzile spetta ogni volta che è dimostrato uno squilibrio reddituale riconducibile alle scelte di vita matrimoniale, tale da giustificare una compensazione o perequazione.

Secondo la Cassazione [2], il riconoscimento dell’assegno divorzile richiede una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, che tenga conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

Assegno divorzile e mantenimento: differenza

Il mantenimento dovuto a seguito della separazione e l’assegno divorzile sembrano identici; in realtà, non lo sono: e infatti, lo scopo del mantenimento è quello di assicurare al coniuge meno abbiente un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

Al contrario, i criteri in base ai quali viene fissato l’assegno divorzile prescindono dalla conservazione del tenore di vita, in quanto detta circostanza confligge in modo evidente con la natura stessa del divorzio, il quale segna la fine definitiva del matrimonio [3].

Assegno divorzile: quando ne ha diritto il marito?

Secondo la Corte di Cassazione [4], è legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi di fare carriera.

L’apporto del marito alla conduzione della vita familiare, valutato in relazione alla durata del matrimonio, deve quindi essere considerato rilevante ai fini del riconoscimento di tale assegno, se le scelte dell’uomo hanno comportato un oggettivo sacrificio della vita professionale, da cui è derivato un rilevante squilibrio economico tra le condizioni patrimoniali e reddituali degli ex coniugi, una volta sciolto il vincolo del matrimonio.

Peraltro, come ha ricordato la Cassazione [5], la decisione sull’assegno divorzile non può incentrarsi solo sulla situazione economico-reddituale dei coniugi, considerato che la notevole sperequazione reddituale tra le parti si configura solo come uno dei requisiti.

In altre parole, il marito potrebbe avere diritto all’assegno divorzile anche se il suo reddito non è di molto inferiore a quello della moglie, ma in giudizio viene dimostrato l’importante contributo che l’uomo ha fornito alla formazione e al mantenimento della famiglia, di gran lunga superiore a quello fornito dalla donna.

Si pensi all’uomo che investe tutti i suoi soldi e il suo tempo lavorativo nella realizzazione della casa familiare in cui il nucleo ha vissuto per anni fino alla separazione e, poi, al divorzio.

 
Pubblicato : 1 Ottobre 2023 09:45