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Assegni circolari: cosa si rischia col Fisco

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(@paolo-remer)
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Attenzione al trucco per abbassare l’Isee: non sempre funziona, e se ci sono scopi fraudolenti si può essere incriminati penalmente.

Leggendo i report della Banca d’Italia si scopre che gli assegni circolari resistono molto bene rispetto ad altri sistemi di pagamento più moderni e pratici, come i bonifici e le carte: ogni anno ne vengono richiesti in grande quantità, e questa tendenza è stata confermata anche nel 2023. Una spiegazione plausibile è che gli assegni circolari vengano utilizzati per abbassare artificiosamente il saldo e la giacenza media del conto corrente, cioè uno dei principali indicatori di «patrimonio mobiliare» considerato ai fini del calcolo dell’Isee. Infatti emettere un assegno circolare significa togliere subito quell’importo dalla disponibilità presente sul conto; ma il titolo cartaceo potrebbe essere conservato in un cassetto, e poi annullato e rimborsato dalla banca, in modo da riottenere quando si vuole quei soldi che in realtà non erano mai usciti dalle proprie tasche.

Questo è certamente un uso improprio dell’assegno circolare, che dovrebbe costituire un mezzo di pagamento, e quindi non andrebbe utilizzato come stratagemma contabile per far sparire il denaro che si possiede, neanche al fine di abbassare artificiosamente l’Isee con un semplice trucchetto utile a occultare per un po’ di tempo una determinata somma di denaro; ma cosa si rischia con il Fisco e con le leggi dello Stato comportandosi in questa maniera? Vediamo: c’è da fare attenzione perché le conseguenze di questi fenomeni, apparentemente innocui e legali, possono essere molto pesanti e gravi.

Vedrai che ogni assegno circolare lascia una traccia, anche quando non passa di mano perché non viene consegnato a nessuno ma resta trattenuto e custodito per sé: la banca lo ha già registrato al momento dell’emissione, e sa a chi è intestato. Gli inquirenti possono apprendere facilmente queste informazioni e chiedere all’interessato perché quell’assegno circolare è rimasto lì, senza essere incassato dal beneficiario. Non è facile rispondere a tali domande se non si ha una ragione vera o almeno plausibile.

Assegno circolare: cos’è e come funziona

L’assegno circolare è un titolo di credito, emesso da una banca appositamente autorizzata (non tutte le banche italiane hanno questa facoltà), o da Poste Italiane, che contiene l’ordine di pagare una determinata somma di denaro al beneficiario: questo soggetto (persona fisica o giuridica, come una società), deve essere nominativamente indicato nell’assegno stesso. Non si possono, quindi, emettere assegni circolari «al portatore» – anzi,  tutti gli assegni superiori a 1.000 euro devono essere non trasferibili – ma si possono fare a se stessi, con la dicitura «me medesimo», abbreviata con la sigla M.M.. Ovviamente, gli assegni intestati a se stessi non possono circolare.

L’assegno circolare non può mai essere a vuoto: è sempre coperto in partenza.

A differenza del normale assegno bancario, l’assegno circolare richiede che i soldi siano già presenti e versati sul conto di traenza al momento dell’emissione, quindi, come si dice in gergo tecnico, deve essere sempre “coperto” in partenza e non può essere mai “a vuoto”, ossia risultare privo di provvista al momento dell’incasso. Insomma, i soldi per pagare un assegno circolare ci sono sempre: niente brutte sorprese. Questo riduce notevolmente i rischi per il prenditore del titolo, e lo rende uno strumento di pagamento molto affidabile e quasi sicuro (salvi i casi di falsificazioni materiali, sempre possibili ma difficili da realizzare perché la banca controlla sempre nei propri archivi la corrispondenza con i dati degli assegni circolari che essa stessa ha emesso e dunque impedisce l’incasso in caso di discordanze).

Assegno circolare: per cosa si usa e come si incassa

Ecco perché gli assegni circolari sono frequentemente utilizzati per pagamenti consistenti, che richiedono importi di notevole entità, come gli acquisti di immobili, autovetture e oggetti di lusso, anche se oggi per queste operazioni si preferisce il più pratico bonifico istantaneo, che accredita immediatamente la somma senza necessità di dover versare l’assegno in banca.

L’assegno circolare deve essere incassato, presentandolo presso la banca emittente o un altro istituto di credito di cui ci si avvale per le proprie operazioni, entro il termine, previsto a pena di decadenza, di tre anni dall’emissione, dopodiché scade, ma chi lo aveva emesso può richiedere fino a dieci anni (ossia, entro l’ordinario termine di prescrizione dei titoli di credito) il rimborso del controvalore restituendo il titolo alla banca emittente, e dunque ottenere facilmente il riaccredito dell’importo sul proprio conto.

In sostanza, chi emette un assegno circolare e lo conserva accuratamente, anziché consegnarlo al beneficiario indicato, non perde le somme di denaro in esso riportate, ma le mantiene sempre nella sua disponibilità. E questa peculiarità apre la strada al trucco che ora ti spieghiamo.

Assegni circolari per abbassare l’Isee: il metodo usato da molti italiani

Un metodo molto utilizzato per abbassare l’Isee è quello di emettere assegni circolari tratti dal proprio conto corrente: così facendo si decrementa sia il saldo sia la giacenza media, e dunque il valore del patrimonio mobiliare preso a base per il calcolo dell’Isee diminuisce (più o meno notevolmente, a seconda della cifra riportata nell’assegno circolare). L’importante è intestare l’assegno circolare a una persona diversa da se stessi e non appartenente al proprio nucleo familiare, altrimenti l’Isee non si abbasserebbe: così il beneficiario potrà essere, a propria scelta, un parente o un amico, e non è neppure necessario che sia una persona di fiducia, perché il titolo non gli verrà materialmente consegnato, ma sarà custodito in maniera riservata da chi lo ha emesso.

Ricordiamo che la giacenza media annuale del conto corrente, insieme agli altri valori che costituiscono patrimonio mobiliare (titoli di Stato, azioni, certificati di deposito, premi versati per polizze vita a scopo di investimento, ecc.) incide sul calcolo dell’Isee soltanto per il 20%, quindi un quinto dell’importo, mentre i redditi conseguiti nell’anno fanno somma piena e vengono considerati al 100%. Ma se gli importi depositati sul conto sono consistenti, un assegno circolare – che appena emesso sottrae immediatamente la somma dal saldo disponibile – può avere l’effetto di ridurre parecchio i valori Isee.

Ecco perché questo metodo, apparentemente legale e privo di rischi, è abbastanza diffuso. Con il bonifico tutto ciò non si può fare, perché i soldi vengono accreditati davvero al beneficiario; invece per incassare un assegno circolare bisogna portarlo in banca e versarlo o riscuotere la somma allo sportello, quindi è necessaria la presenza fisica dell’intestatario e la consegna materiale del titolo.

Abbattere Isee con assegni circolari: cosa si rischia?

Il trucco di abbattere l’Isee usando artificiosamente assegni circolari regolarmente emessi e tratti dal proprio conto corrente, ma poi non consegnati al beneficiario e dunque non incassati, può comportare problemi se un’indagine fiscale o finanziaria dovesse rivelare che l’operazione era priva di una reale giustificazione economica e dunque aveva esclusivamente uno scopo di truffa ai danni dello Stato o di altri Enti pubblici, ad esempio l’INPS per ottenere l’assegno unico di importo più elevato, o l’assegno di inclusione (che ha sostituito il Reddito di cittadinanza); ma per configurare tale reato occorre anche che con l’Isee basso siano state conseguite prestazioni e agevolazioni alle quali altrimenti non si avrebbe avuto diritto.

Il Fisco, cioè l’Agenzia delle Entrate – che tramite l’Anagrafe dei rapporti bancari dispone dei dati di tutti i contribuenti italiani – potrebbe chiedere spiegazioni sul perché un determinato contribuente ha emesso assegni circolari che poi non sono stati incassati, ed invece, guardacaso, sono stati annullati dal richiedente stesso, in modo da far confluire nuovamente sul conto corrente di traenza le somme in essi riportate.

Inoltre la banca che emette l’assegno circolare registra nei propri archivi anche il nominativo del beneficiario, che come abbiamo visto è obbligatorio indicare; quindi le indagini potrebbero essere estese anche a tale soggetto, e riscontrare perché mai non ha incassato – o neppure fisicamente ricevuto – quell’assegno intestato a suo nome. E se si scoprisse, invece, che l’assegno è intestato a se stessi si aprirebbe uno strano cortocircuito, che richiederebbe all’interessato di chiarire i motivi di ciò: i soldi sono molto più sicuri quando sono depositati in banca anziché affidati a un fragile foglio di carta che si può facilmente smarrire, andare distrutto o essere sottratto.

Anche la Guardia di Finanza, in occasione di accessi, ispezioni, verifiche e controlli eseguiti nei confronti di imprenditori, commercianti, artigiani e professionisti potrebbe scoprire assegni circolari emessi tempo addietro e tenuti nei cassetti: l’interessato dovrebbe spiegare perché non li ha consegnati al beneficiario, e chiarire a quale operazione economica, finanziaria o commerciale si riferivano quei titoli. Non è facile fornire queste giustificazioni, specialmente se non se ne hanno di valide.

A tutto ciò si aggiungono le penetranti indagini patrimoniali svolte a carico di soggetti indagati o comunque implicati e coinvolti in vicende criminose di vario genere, dall’usura al traffico di sostanze stupefacenti, per arrivare alle associazioni a delinquere di stampo mafioso: in tutti questi casi, se emergono assegni circolari emessi e giacenti da tempo senza essere stati incassati, gli inquirenti accenderebbero un faro su tale vicenda per esplorarla accuratamente.

Inoltre, anche se tutto va bene e non succede nulla, quando si annulleranno gli assegni circolari e si riverseranno le somme sul conto, l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedere spiegazioni sul motivo dell’improvviso accredito: vale il principio generale secondo cui ogni entrata finanziaria implica una presunzione di reddito imponibile, cioè soldi su cui vanno pagate le tasse, e per superarla il contribuente deve fornire precise giustificazioni, preferibilmente scritte e aventi data certa. Questi controlli fiscali possono scattare anche se il rientro della somma avviene a distanza di anni dall’emissione dei titoli (come abbiamo visto, ci sono 10 anni di tempo per rimborsare un assegno circolare): l’Agenzia ha termini più ristretti per compiere gli accertamenti sulle annualità più antiche, ma quello che conta è l’oggi, cioè la data in cui la somma diventa (o torna nuovamente) disponibile sul conto corrente: è questo il momento potenzialmente “incriminato”.

Uso fraudolento degli assegni circolari: quando è reato

A parte il caso dell’Isee, il trucco dell’emissione di assegni circolari per svuotare il conto potrebbe rilevare penalmente non solo nei confronti del Fisco e dello Stato in genere, ma anche nei rapporti tra privati: ad esempio, se lo si fa per risultare nullatenenti, e così evitare il pagamento dei debiti sfuggendo al pignoramento dei propri beni mobiliari e del denaro depositato sul conto corrente, si rischia un’incriminazione per il reato di insolvenza fraudolenta: «Chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora l’obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 516» [1]. Quindi l’emissione fraudolenta di un assegno circolare non salva dal pignoramento del conto e anzi aggrava le cose.

Non finisce qui, perché l’emissione di assegni circolari, se risulta fraudolenta e viene compiuta allo scopo di mascherare la provenienza illecita, la disponibilità, i movimenti e la vera destinazione delle somme di denaro in essi riportate, può comportare l’apertura di un procedimento penale per riciclaggio di denaro “sporco”, che è un delitto punibile anche nella forma del cosiddetto “autoriciclaggio“, ossia occultando proventi delittuosi che già appartengono a se stessi.

Ma al di là di questi casi limite l’uso fraudolento degli assegni circolari rientra più frequentemente nell’evasione fiscale, e qui si può ravvisare uno dei vari reati tributari esistenti, come la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, che scatta quando la somma fatta sparire alla riscossione erariale supera i 50mila euro. Ad esempio, di recente la Corte di Cassazione [2] ha ritenuto la sussistenza del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, realizzato mediante la «cartolarizzazione delle giacenze di conto corrente» tramite emissione di assegni circolari, perché in questo modo si compie un «atto idoneo a rappresentare ai terzi una realtà non corrispondente al vero, facendo apparire all’Erario che il bene sia effettivamente uscito dal patrimonio del debitore e rendendone impossibile o comunque difficoltoso il recupero».

Già in passato la Suprema Corte aveva precisato, con orientamento consolidato [2], che «nella nozione di ‘atti fraudolenti’ rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione». Quindi, in poche parole, l’uso indebito degli assegni circolari per svuotare il conto e fingersi nullatenenti è reato.

Quanto si usano gli assegni circolari in Italia e perché?

Le statistiche elaborate dalla Banca d’Italia sull’uso degli strumenti di pagamento dicono che ogni anno vengono emessi più di 10 milioni di assegni circolari, per un valore complessivo di oltre 100 miliardi di euro: nel primo semestre 2023 (i dati attualmente disponibili si fermano qui) sono stati 60 miliardi di euro, e nel 2022 il totale annuo era di 127 miliardi. Sono cifre enormi, ma analizzando la serie di dati si scopre che il valore è tendenzialmente stabile, ed anzi in leggera diminuzione nel corso del tempo: 5 anni fa, nel 2018, il conto totale degli assegni circolari era di 145 miliardi di euro.

In sostanza, oggi si fanno un po’ meno assegni circolari rispetto al passato, ma è interessante notare che questo strumento di pagamento tradizionale non è crollato, come invece è avvenuto per i classici assegni bancari, diventati ormai desueti e ridotti a una minima parte del totale degli scambi. Adesso i pagamenti elettronici hanno soppiantato i contanti e i titoli di credito cartacei (e infatti i dati Bankitalia riportano una costante crescita nell’uso di bonifici, addebiti automatici e bancomat), ma nonostante tutto l’assegno circolare resiste al tempo. Perché? Una spiegazione potrebbe essere proprio il ricorso ad essi per abbassare l’Isee, ma la stabilità degli importi degli assegni circolari emessi in Italia nel corso degli anni fa sospettare che ci siano altri e più profondi motivi, come la gestione del denaro “sommerso” o “sporco”. Dunque è fondato ritenere che molti assegni circolari servono, a seconda dei casi, per realizzare l’evasione fiscale ed anche il riciclaggio di cui abbiamo parlato: il “nero”, purtroppo, registra sempre cifre importanti, non solo nella criminalità organizzata ma anche nel mondo delle imprese e del lavoro autonomo, e non è stato ancora sconfitto dai pagamenti tracciabili.

 
Pubblicato : 18 Gennaio 2024 16:00