Arbitro Controversie Finanziarie: cosa fa e come fare ricorso
Come funziona l’ACF e a cosa serve: chi può rivolgersi ad esso per risolvere in breve tempo e gratis le controversie con banche o altri intermediari finanziari.
Moltissimi cittadini ormai conoscono bene l’ABF, l’Arbitro Bancario e Finanziario, ma pochi sanno cos’è l’ACF, ossia l’Arbitro per le Controversie Finanziarie: è un organo distinto dal primo, ma anch’esso serve per dirimere, in via stragiudiziale – cioè senza l’intervento del giudice – le controversie che riguardano i risparmiatori e gli investitori. La cosa interessante è che la competenza di questi due distinti organi è alternativa, non concomitante: vale a dire che non si può scegliere a propria discrezione il proprio arbitro “preferito”, bensì in determinati casi è possibile ricorrere all’ABF e in altri casi, invece, all’ACF.
In questo articolo ti spiegheremo cosa fa l’Arbitro Controversie Finanziarie e come fare ricorso, nella speranza di aiutarti a risolvere le tue vertenze senza necessità di affrontare una lunga, costosa e incerta causa in tribunale.
ACF: cos’è?
L’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) è un organismo pubblico, indipendente e imparziale, di risoluzione stragiudiziale delle controversie sorte tra investitori privati e i loro intermediari finanziari: quindi banche, Sim (Società di intermediazione mobiliare), compagnie di assicurazioni quando vendono prodotti a prevalente contenuto finanziario (come le polizze unit-linked) o promotori e consulenti di servizi di investimento.
L’Acf è stato istituito dalla Consob (Commissione nazionale sulle società e la borsa: è l’Autorità che, insieme alla Banca d’Italia, vigila sul corretto funzionamento dei mercati finanziari) nel 2016, ed è operativo in tutta Italia dal 2017.
Quale competenza ha l’ACF?
L’ACF ha competenza su tutti i servizi di investimento, comunque denominati, che vengono offerti e svolti in Italia. In particolare, l’ambito di competenze dell’ACF comprende le seguenti attività ed operazioni:
- negoziazione di titoli per conto proprio (si ha quando l’intermediario vende direttamente al cliente strumenti finanziari: ad esempio una banca propone l’acquisto di obbligazioni o di una linea di gestione patrimoniale curata dallo stesso gruppo cui essa appartiene);
- ricezione, trasmissione ed esecuzione di ordini provenienti dai clienti (è il caso tipico in cui l’intermediario riceve un ordine di acquisto, o di vendita, di strumenti finanziari, come i titoli azionari, i fondi comuni di investimento o gli ETF, e lo trasmette a un altro intermediario, come il broker incaricato di eseguire sul mercato di riferimento l’operazione disposta);
- gestione di portafogli individuali (l’intermediario gestisce, in modo personalizzato, il patrimonio del cliente, ma ciò deve avvenire nell’ambito di una politica di investimento resa preventivamente nota e concordata nelle linee essenziali);
- prestazione di servizi di consulenza in materia di investimenti;
- gestione collettiva del risparmio: è un servizio tipicamente offerto dalle Società di gestione del risparmio (SGR), che investono le somme dei clienti secondo una politica di investimento predeterminata.
C’è anche un limite temporale nella possibilità dell’ACF di esaminare le controversie: il comportamento dell’intermediario di cui il cliente si lamenta deve essersi verificato entro il decimo anno precedente alla presentazione del ricorso, sicché l’ACF non ha competenza per le violazioni compiute più di 10 anni prima.
Chi può ricorrere all’ACF?
Possono presentare ricorso all’ACF tutti gli investitori retail, ossia al dettaglio: si tratta dei consumatori privati che agiscono in qualità di risparmiatori, anche se operano come piccoli imprenditori e titolari di società (ad esempio, una Srl o una Snc). Non possono, invece, rivolgersi all’ACF coloro che rientrano nelle categorie degli investitori qualificati di diritto come tali o dei clienti professionali, come le banche, le compagnie di assicurazioni, gli enti locali e le grandi imprese.
La controparte del ricorso – cioè il soggetto nei cui confronti vengono lamentate le inadempienze – deve essere un intermediario finanziario qualificato, come le banche (comprese le Poste Italiane per i servizi di BancoPosta), le Sim (società di intermediazione mobiliare), i gestori dei fondi comuni di investimento, i portali di crowfunding e di investimenti online, le società di consulenza finanziaria o i consulenti e promotori finanziari autonomi e iscritti all’apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia.
La possibilità di ricorrere all’ACF per comportamenti di imprese di investimento estere è condizionata dalla presenza di loro sedi succursali in Italia: se non he hanno, l’ACF non può trattare il ricorso, ma può fornire aiuto tramite la rete Fin-Net dell’Unione Europea, creata per fornire assistenza ai cittadini degli Stati membri per le controversie finanziarie che li riguardano.
Quando ricorrere all’ACF?
Si può ricorrere all’ACF quando si ritiene di aver subito un danno a causa della violazione, da parte dell’intermediario, degli obblighi di diligenza, correttezza, trasparenza e informazione che deve rispettare nella prestazione ed esecuzione dei servizi di investimento previsti dal Testo Unico della Finanza (TUF), noto anche come “Legge Draghi” (D. Lgs. n. 53/1998 e s.m.i.). Facciamo un esempio pratico.
Durante la sottoscrizione per l’acquisto di un prodotto finanziario, l’intermediario (che può essere la tua banca, il tuo promotore o un sito di trading online) non ti ha fornito informazioni chiare e complete sulla natura e le caratteristiche dei titoli che compongono il portafoglio, oppure non ti ha profilato per stabilire, mediante la somministrazione di un questionario, la compatibilità di quel prodotto con il livello di rischio che sei disposto ad accettare e la capacità di sopportare eventuali perdite in conto capitale. Questi comportamenti costituiscono una grave violazione degli obblighi previsti dall’art. 21 e ss. del TUF e legittimano la proposizione di un ricorso all’ACF.
Il ricorso all’ACF può contenere una domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del comportamento illecito dell’operatore o intermediario finanziario, entro il limite massimo di 500.000 euro (oltre questa soglia, è necessario rivolgersi all’Autorità giudiziaria ordinaria), o, in alternativa, la richiesta volta ad ottenere l’adempimento di uno specifico obbligo posto a carico dell’intermediario, come la consegna di documenti contrattuali relativi al rapporto di investimento o dei rendiconti dei risultati ottenuti.
Quando bisogna ricorrere all’ABF anziché all’ACF
Non è possibile presentare ricorso all’ACF per le materie che rientrano nella specifica competenza dell’ABF, l’Arbitro Bancario e Finanziario. Si tratta, in particolare, delle controversie riguardanti i rapporti bancari: conti correnti, carte di credito, bancomat, prestiti, mutui , finanziamenti e cessioni del quinto dello stipendio. In tutti questi casi bisogna bisogna ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario e non all’ACF.
Quanto ai prodotti assicurativi, l’ACF è competente solo per quelli che hanno un contenuto finanziario – in cui, quindi, l’aspetto dell’investimento prevale su quello assicurativo – e sono stati distribuiti da banche: l’ACF, quindi, non può esaminare le normali polizze vita, infortuni, malattie e responsabilità civile.
Ricorso all’ACF: condizioni e termini
Il ricorso all’ACF si può presentare solo dopo aver proposto inutilmente reclamo all’intermediario interessato: la condizione di procedibilità da rispettare è che siano trascorsi 60 giorni senza aver ottenuto risposta, oppure di aver ricevuto un riscontro insoddisfacente al reclamo.
Inoltre il ricorso all’ACF deve essere presentato entro un anno dalla data del suddetto reclamo; se tale periodo è già trascorso non si decade (fermo restando il termine massimo decennale di cui abbiamo parlato, da non superare), ma è necessario presentare un altro reclamo prima di rivolgersi all’ACF.
Il ricorso può essere proposto solo se non sono già pendenti sulla stessa controversia altre procedure di risoluzione stragiudiziale, come la mediazione civile, la negoziazione assistita o l’arbitrato ordinario.
Come si presenta il ricorso all’ACF
Il ricorso all’ACF va presentato online collegandosi al sito istituzionale https://www.acf.consob.it/ e seguendo la procedura di compilazione guidata del modulo. Il ricorso all’ACF è totalmente gratuito (mentre quello all’ABF richiede il versamento di 20 euro per contributo spese di procedura).
Non è richiesta l’assistenza di un avvocato o di un altro professionista, anche se, nei casi più complessi, è consigliabile avvalersene. In ogni caso, se non si vuole o non si può presentare il ricorso direttamente, ci si può far assistere da un procuratore delegato (ad esempio, il proprio avvocato o commercialista di fiducia), o da un’associazione dei consumatori.
Quanto al contenuto, bisogna indicare il nome o la denominazione sociale dell’intermediario ed esporre con precisione e chiarezza i fatti accaduti. Se è stato chiesto un risarcimento in denaro, occorre quantificare la somma; altrimenti si deve specificare il comportamento richiesto all’intermediario. Si possono allegare documenti, caricandoli sul sito in formato pdf (è indispensabile produrre la copia di un documento d’identità del ricorrente e del reclamo presentato all’intermediario che, come abbiamo detto, è condizione di procedibilità per la proposizione del ricorso).
Decisione dell’ACF: quando arriva e come si esegue
Il ricorso viene trattato e deciso, di norma, entro 90 giorni dalla data di proposizione. La decisione dell’Arbitro viene messa a disposizione del ricorrente, e dell’intermediario controparte, (che può presentare le proprie osservazioni entro 30 giorni, estesi a 45 se si avvale di un’associazione di categoria), nell’area riservata del sito dell’ACF, al quale si accede con le proprie credenziali, già acquisite al momento di inserimento del ricorso.
La decisione dell’Arbitro, se è in accoglimento del ricorso, stabilisce il comportamento che l’intermediario dovrà tenere e il relativo termine per adempiere (che di norma è fissato in 30 giorni).
Il mancato adempimento dell’intermediario a quanto disposto dall’Arbitro viene reso noto con la pubblicazione sul sito dell’ACF per 5 anni e – a cura e spese dell’intermediario – su due quotidiani a diffusione nazionale, oltre che sulla homepage del sito dell’intermediario per 6 mesi.
C’è un’apposita sezione del sito dell’ACF, intitolata «intermediari inadempienti», che contiene l’elenco analitico e nominativo degli operatori che non hanno eseguito, in tutto o in parte, le decisioni dell’Arbitro (nel momento in cui scriviamo questo articolo, risultano presenti in questa black list 44 soggetti, molti dei quali sono stati oggetto di plurimi ricorsi presentati dalla clientela: addirittura 1.305 nel caso della ex BPB – Banca Popolare di Bari).
Pertanto, questa sanzione indiretta costituisce una forma di pubblicità negativa che incide sulla reputazione dell’operatore, inducendolo, in via di persuasione morale, all’adempimento delle decisioni arbitrali, che, purtroppo, non hanno valore di titolo esecutivo, cioè non possono essere fatte valere in via coattiva, con precetti, pignoramenti ed esecuzioni forzate sui beni. In ogni caso, qualunque sia stato l’esito della decisione adottata dall’ACF, rimane impregiudicato il diritto dell’investitore di rivolgersi all’Autorità giudiziaria ordinaria per far valere i propri diritti. Non vi è, quindi, nessun rischio di soccombenza nel rivolgersi all’ACF. Infine, va tenuto presente che il ricorso all’ACF soddisfa – per le materie di sua competenza [1] – la condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria che, notoriamente, va esperita prima di instaurare la causa giudiziaria, consentendo così un significativo risparmio di tempi e di costi.
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