Apprezzamenti sulla moglie: cosa rischia chi reagisce con violenza?
Stati emotivi e passionali: consentono di diminuire la pena? Aggravante dei motivi abietti o futili: cos’è e quando si applica?
La legge punisce ogni forma di violenza, non solo fisica ma anche morale. Si pensi, in quest’ultimo caso, alle vessazioni domestiche nei confronti del coniuge o del convivente. Quando l’aggressione è completamente ingiustificata, allora può scattare l’aggravante dei futili motivi, con conseguente aumento della pena. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: cosa rischia chi reagisce con violenza agli apprezzamenti rivolti alla propria moglie?
A questa domanda ha fornito risposto la Corte di Cassazione [1] affrontando il caso di un uomo che ha aggredito violentemente la persona che aveva fatto dei complimenti alla sua compagna. Secondo i Supremi giudici, la condotta merita una risposta sanzionatoria particolarmente severa. Vediamo perché.
Stati emotivi e passionali: cosa prevede la legge?
Secondo il Codice penale [2], gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità.
In pratica, secondo la legge chi commette un reato in preda a un forte sentimento, come ad esempio la rabbia o la gelosia, non può accampare alcuna scusa.
Detto ancora in altri termini, gli stati emotivi o passionali non sono equiparabili a una malattia mentale che rende il soggetto incapace di intendere e di volere.
Secondo la giurisprudenza [3], la gelosia quale stato passionale, in soggetti normali, si manifesta come idea generica portatrice di inquietudine, non diminuisce e tanto meno esclude la capacità di intendere e di volere del soggetto, salvo che essa derivi da un vero e proprio squilibrio psichico, il quale deve presupporre uno stato delirante tale da incidere sui processi di determinazione e di auto-inibizione.
Insomma: la capacità di controllo delle proprie azioni va quindi tenuta distinta dalla capacità di intendere e di volere [4].
Che cos’è la tempesta emotiva?
Qualche anno fa destò scalpore la sentenza con cui la Corte d’assise d’appello di Bologna [5] riconobbe a un omicida le attenuanti generiche per aver commesso il fatto in preda a una “tempesta emotiva e passionale” scaturita da un violento litigio con la vittima.
Questa decisione è stata poi annullata dalla Corte di Cassazione [6], sulla scorta appunto dell’irrilevanza degli stati emotivi e passionali non accompagnati da una comprovata alterazione psichica, cioè da una patologia vera e propria.
Cosa sono i motivi abietti e futili?
Secondo la legge [7], la pena va aumentata quando il responsabile ha agito per “motivi abietti o futili”.
Sono “abiette” le ragioni che inducono a commettere un crimine per pura malvagità. Si pensi a chi voglia sfigurare il viso di una persona solo per impedirle di mostrarsi in pubblico.
Sono “futili” i motivi che non costituiscono un motivo valido per agire, rappresentando più che altro un pretesto per poter scatenare la propria intenzione criminosa.
È il classico caso della gelosia. Secondo la Cassazione [8], la gelosia può ben integrare una spinta a delinquere futile in relazione al delitto di omicidio e, per estensione, a qualsiasi altro tipo di aggressione violenta perpetrata nei confronti della vittima.
In questo senso, è d’accordo anche la recente sentenza citata in apertura. Vediamo perché.
Cosa rischia chi reagisce con violenza per gelosia?
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione menzionata in premessa, scatta l’aggravante dei futili motivi a carico di chi picchia una persona per gelosia.
Nel caso di specie, l’aggravante è toccata al marito che aveva messo le mani addosso all’uomo che aveva rivolto degli apprezzamenti alla moglie.
La conseguenza non è soltanto l’aumento della pena ma anche l’esclusione dell’applicabilità della speciale tenuità del fatto che, in teoria, consentirebbe di “perdonare” l’autore di un reato quando si tratta di una condotta lieve, occasionale ed estemporanea.
Nelle motivazioni si legge infatti che “in tema di circostanze, la gelosia può integrare l’aggravante dei motivi abietti o futili, quando sia connotata non solo dall’abnormità dello stimolo possessivo verso la vittima o un terzo che appaia ad essa legata, ma anche nei casi in cui sia espressione di spirito punitivo, innescato da reazioni emotive aberranti a comportamenti della vittima percepiti dall’agente come atti di insubordinazione”.
Chi reagisce con violenza agli apprezzamenti rivolti alla propria moglie rischia pertanto una condanna la cui entità è aumentata per via del ricorrere dell’aggravante dei futili motivi.
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