Anatocismo bancario: quali prove deve fornire il correntista?
Quando un correntista desidera contestare l’anatocismo bancario e chiedere la restituzione degli importi indebitamente addebitati, è importante sapere quali prove devono essere fornite per sostenere la propria posizione.
L’anatocismo bancario è una pratica adottata di frequente dalle banche che consiste nella “capitalizzazione degli interessi” su un prestito o sullo scoperto di un conto corrente affidato. In pratica gli interessi di mora vengono calcolati non solo sul capitale finanziato ma anche sul debito già maturato (ad esempio sulle rate del mutuo già scadute e non corrisposte). Sicché più aumenta il debito, più aumentano gli interessi. Gli interessi crescono così esponenzialmente esponendo il debitore a un gravoso onere.
Per dimostrare che la banca ha praticato l’anatocismo, di norma, è necessaria una perizia. Ma la perizia è un documento di parte che redige, di regola, un commercialista pagato dal debitore. Ecco perché è bene chiedersi quali prove deve fornire il correntista per dimostrare l’anatocismo. Ed a riguardo, per fornire una valida risposta, dovremo attenerci alle indicazioni offerte dalla Cassazione.
L’anatocismo è legale?
La legge ammette l’anatocismo solo se calcolato una volta all’anno, sugli interessi di mora, e a patto che sia stato espressamente accettato all’atto dal cliente al momento della sottoscrizione del contratto di finanziamento. Se mancano questi presupposti l’anatocismo è illegittimo.
Inoltre, a seguito di un importante chiarimento offerto dalle Sezioni Unite della Cassazione nell’aprile del 2013, quando il cliente è un consumatore, l’eventuale illegittimità dell’anatocismo può essere fatta valere in qualsiasi momento, anche una volta iniziato il pignoramento immobiliare.
Detto ciò vediamo quali prove deve fornire il correntista per dimostrare l’anatocismo bancario. Lo faremo sulla base delle indicazioni offerte dalla giurisprudenza della Cassazione.
Come può il correntista dimostrare l’esistenza dell’anatocismo bancario?
Quando un correntista intende contestare l’anatocismo bancario, è fondamentale presentare prove solide per sostenere la propria affermazione. Una prova essenziale è rappresentata dagli estratti conto, i quali devono essere prodotti fin dall’inizio del rapporto contrattuale con l’istituto di credito.
Gli estratti conto mostreranno l’evoluzione del saldo e gli interessi addebitati nel corso del tempo. È importante conservare in modo accurato tutti gli estratti conto per dimostrare le variazioni del saldo e gli addebiti degli interessi nel corso del rapporto bancario.
Gli estratti conto rappresentano la principale fonte di prova in questo caso: essi infatti evidenzino l’accumulo degli interessi sul saldo. Mostreranno gli importi degli interessi addebitati e come questi sono stati sommati al capitale originale, generando nuovi interessi. Inoltre, il correntista può allegare altri documenti rilevanti, come contratti o comunicazioni inviate dalla banca, che dimostrino l’applicazione dell’anatocismo.
La CTU
Chiaramente, il giudice necessiterà di nominare un perito, il cosiddetto CTU (ossia il consulente tecnico d’ufficio) che effettui i calcoli e confermi la perizia di parte eventualmente depositata dal debitore.
Tuttavia è bene evidenziare che la CTU non è un elemento di prova che si può chiedere per accertare qualcosa che non è stato già provato. Quindi il debitore non può limitarsi a depositare gli estratti conto e a chiedere al giudice la nomina di un consulente d’ufficio. Dovrà egli stesso provvedere a una prima elaborazione per rendere plausibile la propria tesi al giudice.
Cosa accade se il correntista non può fornire tutti gli estratti conto dal saldo zero?
È importante che il correntista fornisca tutti gli estratti conto dal saldo zero per consentire al giudice di ricostruire il rapporto di dare e avere intercorso fra le parti. Tuttavia, potrebbe verificarsi la situazione in cui il correntista non sia in grado di presentare tutti gli estratti conto richiesti. In tal caso, il primo estratto conto prodotto in senso cronologico può essere utilizzato come punto di partenza per il calcolo del credito del correntista. È essenziale, quindi, cercare di ottenere il maggior numero possibile di estratti conto per sostenere la propria posizione.
Si tenga comunque conto che la banca è tenuta a fornire al cliente la documentazione da questi richiesta, anche se serve per la causa in corso.
Come ricorda la giurisprudenza, il diritto del titolare di un conto corrente bancario ad avere copia dei relativi estratti è limitato al periodo degli ultimi dieci anni.
Esempi pratici
Per comprendere meglio il concetto di prova dell’anatocismo bancario, consideriamo un esempio pratico. Immaginiamo di avere un correntista che desidera contestare gli interessi capitalizzati sul proprio conto corrente. Egli conserva diligentemente tutti gli estratti conto fin dal momento in cui ha aperto il conto e per quelli che ha smarrito ne chiede copia alla banca. Attraverso l’analisi degli estratti conto, il correntista nota che gli interessi addebitati sembrano aumentare in modo sproporzionato nel tempo. Deciso a ottenere un rimborso per gli interessi indebitamente addebitati, il correntista consegna tutti gli estratti conto al proprio commercialista e gli chiede la redazione di una perizia di parte affinché verifichi, dati alla mano, se c’è stato anatocismo. Dopodiché, con l’aiuto di un avvocato specializzato, fa causa alla banca oppure, se è già stata la banca ad agire contro di lui, si costituisce eccependo – con una domanda riconvenzionale – la restituzione delle somme pagate in più. Durante il processo, il giudice nomina un CTU per verificare se le osservazioni del debitore sono corrette.
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