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All’ex spetta la casa coniugale se ne possiede già altre?

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(@angelo-greco)
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Assegnazione della casa coniugale anche se il genitore collocatario dei figli possiede un immobile di proprietà che è sfitto.

Ipotizziamo il caso di una coppia che si separi. Il giudice colloca i figli presso la madre. Quest’ultima vorrebbe anche l’assegnazione della casa familiare benché sia già titolare di un proprio immobile, peraltro sfitto e inutilizzato. L’uomo chiaramente si oppone a una soluzione del genere. La coppia finisce così in tribunale. Come deciderà il giudice un caso del genere? All’ex spetta la casa coniugale se ne possiede già altre?

La questione ha già trovato soluzione nei precedenti della giurisprudenza. Ecco cosa è stato deciso in casi del tutto simili.

A chi va la casa familiare?

L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che il giudice può adottare solo quando la coppia ha dei figli minori, portatori di grave handicap o maggiorenni ma non ancora autosufficienti (e purché con meno di 30 anni).

In pratica il genitore presso cui i figli vengono collocati (ossia con cui vanno a vivere abitualmente) ottiene dal giudice il diritto di abitazione in quella che prima era la casa ove la famiglia dimorava abitualmente. Tale diritto permane finché i figli restano insieme al genitore o finché non perdono il diritto al mantenimento.

Il provvedimento di assegnazione della casa non costituisce una forma di sostegno al reddito del genitore beneficiario ma è piuttosto una forma di tutela per i figli, al fine di evitare loro il trauma del trasferimento oltre a quello della disgregazione del nucleo familiare. Questo significa che esso viene emesso anche in presenza di un genitore benestante e indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia stato ritenuto responsabile per la separazione. Quindi anche in caso di addebito, il giudice accorda il diritto di abitazione se il soggetto in questione è quello collocatario dei figli.

A chi va a finire la casa dopo la separazione?

Abbiamo appena visto che la casa familiare – quella cioè ove si svolgeva gran parte della vita familiare – viene assegnata al genitore collocatario, quello cioè presso cui i figli vengono collocati in via prevalente.

Tale provvedimento può scattare anche in presenza di una coppia di fatto, ossia non sposata. Essendo tale provvedimento rivolto alla tutela dei figli è del tutto indifferente il tipo di legame giuridico sussistente tra i genitori.

Non solo. Il giudice riconosce il diritto di abitazione anche sulla casa in affitto (con conseguente “voltura” della titolarità del contratto) o sulla casa in comodato, ricevuta cioè in prestito da terzi (ad esempio i genitori dell’ex).

Cosa succede se l’ex ha una casa?

Se è vero che scopo del diritto di abitazione è tutelare i figli e non il genitore con cui questi vanno a vivere, è altresì vero che il giudice deve attribuire tale diritto al genitore che già dispone di un proprio immobile, pur potendolo abitare in quanto sfitto e non messo a reddito.

Così, nell’esempio da cui siamo partiti, l’ex moglie (o l’ex convivente) a cui il giudice affida i figli può ottenere anche il diritto di abitazione nella casa dell’ex coniuge o partner anche se ha già un appartamento dove vivere e questo è disabitato.

Come si tutela la casa familiare?

Per tutelare la casa familiare ed evitare che vada all’ex ci sono due strade:

  • intestare l’immobile a un familiare e farsela attribuire in comodato, firmando un contratto scritto e soprattutto apponendo una specifica data di scadenza al comodato;
  • vivere in affitto e non nella propria casa di proprietà (magari mettendo quest’ultima a reddito con un contratto di locazione). Difatti il giudice può assegnare il diritto di abitazione solo nella casa ove la famiglia dimorava e non in un’altra.
 
Pubblicato : 8 Febbraio 2024 07:45