Allarme magistrati: ecco quanti ne mancano in Italia
In base ai dati presentati dal presidente della Cassazione Curzio, in Italia mancano 1.458 magistrati e il 25,11% dell’organico delle cancellerie.
Quando si parla di carenza di organico nell’ambito della magistratura non è disfattista né esagerato parlare di allarme. I dati parlano chiaro e lasciano ben poco spazio alla fantasia: a fronte di un organico di 10.558 unità risulta scoperto il 13.7% dei posti. Ciò significa che mancano 1.458 magistrati. Un dato che non sorprende di certo, considerato il percorso ad ostacoli lungo anni che bisogna affrontare per riuscire a prendere la toga. Ma la carenza di organico non riguarda solo i magistrati.
«Il problema delle risorse è cruciale. Non bisogna essere esperti di scienza delle organizzazioni per comprendere che senza risorse umane, strumentali e finanziarie adeguate non si possono ottenere buoni risultati. Per molti anni si è praticata una linea di intervento sulla giustizia affidato a riforme a costo zero. Per decenni le assunzioni di personale sono rimaste bloccate, non vi è stato turn over e l’età media del personale è progressivamente cresciuta. Di recente vi è stata una inversione di tendenza che si è consolidata con il Pnrr». Così il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio nel suo intervento in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario.
«Ciò malgrado, allo stato la scopertura di organico delle cancellerie è del 25,11% ed è in crescita rispetto all’anno precedente, dato l’alto tasso di pensionamenti. L’assunzione di più di 8.000 addetti all’Ufficio per il processo è un fatto sicuramente inedito e positivo di cui bisognerà cogliere e sviluppare tutte le potenzialità. Si tratta tuttavia di assunzioni a tempo determinato, il che sta dando luogo a molte dimissioni man mano che questi nostri giovani collaboratori trovano lavori con migliori prospettive di durata. Ancora più gravi sono i problemi di carenza dei magistrati. A fronte di un organico di 10.558 unità risulta scoperto il 13.7% dei posti, percentuale anch’essa in crescita rispetto allo scorso anno. In sostanza oggi mancano 1.458 magistrati. Anche qui si riscontra un elemento positivo costituito dall’eliminazione, in sede di riforma dell’ordinamento giudiziario, di una serie di passaggi obbligatori tra la laurea ed il concorso, che allungavano i tempi di accesso alle prove, determinando un innalzamento dell’età implicante di fatto una selezione per censo, senza migliorare il percorso formativo, anzi forse dando luogo a forme di dispersione della continuità e concentrazione nello studio», sottolinea.
«Come si è già più volte rilevato, la qualità della preparazione del giurista si fonda sulla solidità delle basi poste negli studi universitari ed è su di esse e su di un calibrato raccordo tra studi e professione che bisognerebbe intervenire per migliorare la situazione. Peraltro, i possibili vantaggi delle modifiche concorsuali matureranno solo tra alcuni anni, mentre allo stato l’inadeguatezza del numero dei magistrati è determinante per l’efficacia del sistema. Dal rapporto della Cepej (Commissione europea per l’efficienza della giustizia) del 2022 (su dati 2020) si desume che nei 47 paesi europei che aderiscono al Consiglio d’Europa, in media vi sono 22,2 giudici togati ogni 100.000 abitanti, mentre in Italia sono solo 11,9. Particolarmente indicativo è il confronto con la Germania dove operano 25 giudici togati ogni 100.000 abitanti, numero quindi più che doppio rispetto all’Italia. Un ausilio al sistema viene dalla magistratura onoraria, il cui composito ruolo da tempo ha perso le connotazioni di mera sussidiarietà. Ma si sconta l’inadeguatezza della disciplina che regola attualmente il rapporto, oltre che una pesante scopertura dell’organico, pari al 20,8%, che in alcune sedi giunge al 70-80%», evidenzia Curzio.
«Si impone comunque un’ulteriore considerazione. Le risorse umane e finanziarie sono importanti, tuttavia non sono in sé risolutive se non vengono impiegate nel modo più razionale ed efficace. Una ricerca della Banca d’Italia sulla giustizia civile – ricorda Curzio – mostra come la produttività degli uffici dipenda dall’incrocio di una molteplicità di fattori, comprese le capacità organizzative o le competenze informatiche dei componenti dell’ufficio o ancora il tipo di affari o il tasso di mobilità dei giudici spesso da porre in relazione alle condizioni di lavoro. Queste diversità qualitative spiegano perché vi sono uffici che con meno giudici e personale ottengono migliori risultati di altri più dotati. La variabile, che in senso lato potremmo definire culturale, ha una forte incidenza, tanto più quando bisogna far fronte a nuovi problemi e innovazioni legislative».
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