Affitto negozio: l’indennità per perdita dell’avviamento
Che cos’è tenuto a pagare il proprietario all’inquilino in caso di disdetta anticipata o di mancato rinnovo alla prima scadenza.
La disdetta anticipata di un contratto di locazione può comportare delle conseguenze economiche per la parte che ha deciso il recesso in modo unilaterale. Se a chiederlo fosse l’inquilino senza gravi motivi o con un preavviso inferiore a sei mesi, egli potrebbe trovarsi obbligato a pagare i canoni non corrisposti durante i mesi in cui avrebbe dovuto essere ancora sotto contratto. Se, invece, fosse il proprietario ad interrompere anzitempo l’affitto del negozio, l’indennità per perdita dell’avviamento da corrispondere al conduttore potrebbe essere inevitabile.
Tale indennità è dovuta solo se l’immobile dato in locazione è destinato ad attività commerciale, industriale, artigianale oppure di interesse turistico. Non viene pagata, insomma, per il recesso anticipato di un contratto di affitto di un’immobile ad uso abitativo. Deve trattarsi di un negozio ma anche del laboratorio di un artigiano, dello studio di un professionista, del capannone di un’impresa, ecc.
Vediamo in che cosa consiste l’indennità per perdita dell’avviamento e quando è dovuta.
Indennità perdita avviamento: che cos’è?
Chi ha preso un negozio in affitto o un immobile per una qualsiasi attività economica deve rispettare a durata del contratto, così come la deve rispettare anche il locatore. Se ciò non succede per volontà di quest’ultimo, l’inquilino ha diritto a ricevere l’indennità per perdita dell’avviamento. Si tratta di una somma che va corrisposta per il solo fatto che il proprietario abbia deciso di non proseguire la locazione e, nello specifico:
- indipendentemente da qualsiasi accertamento relativo alla perdita e al danno concretamente derivante dal rilascio: significa che l’inquilino ne ha diritto anche se continua ad esercitare la stessa attività in un altro locale dello stesso immobile;
- anche nel caso in cui svolga un’attività rivolta ad altri imprenditori commerciali che acquistano i beni o i servizi per destinarli all’esercizio della loro attività d’impresa;
- se, successivamente alla disdetta o al recesso, il conduttore cessa di svolgere la sua attività.
Se l’inquilino non accetta il rinnovo del contratto al doppio del canone di locazione e di cauzione, il contratto di affitto commerciale cessa non per fatto del conduttore: significa che quest’ultimo mantiene il diritto all’indennità per perdita dell’avviamento. Il non aderire alle nuove condizioni economiche cui il locatore abbia condizionato la prosecuzione del rapporto locatizio non integra, infatti, un’ipotesi di recesso da parte del conduttore.
Indennità perdita avviamento: quando va pagata?
L’indennità, quindi, ha lo scopo di ripristinare l’equilibrio economico e sociale messo a repentaglio dalla cessazione della locazione per volontà del proprietario dell’immobile.
In estrema sintesi, ecco quando va pagata l’indennità per perdita dell’avviamento:
- diniego di rinnovo da parte del locatore alla prima scadenza;
- disdetta del locatore alle scadenze successive.
L’indennità, invece, non va pagata in caso di:
- disdetta dell’inquilino alle scadenze successive alla prima;
- recesso del curatore durante il fallimento del conduttore;
- recesso dell’inquilino nel corso della locazione;
- risoluzione del contratto per inadempimento dell’inquilino;
- trasferimento dell’immobile se non opponibile al compratore;
- distruzione dell’immobile;
- provvedimenti della Pubblica amministrazione.
L’importo dell’indennità è fissato in 18 mensilità dell’ultimo canone di locazione corrisposto. Il conduttore può esigere il pagamento dal momento della cessazione del rapporto. Tale diritto si prescrive nel termine ordinario di dieci anni.
Solo dopo il pagamento dell’indennità, il proprietario può procedere all’azione esecutiva di rilascio dell’immobile per finita locazione.
Indennità perdita avviamento: l’inquilino può rifiutarla?
Non è legittimo chiedere all’inquilino di rinunciare in partenza all’indennità per la perdita dell’avviamento, cioè di inserire una clausola a tale scopo nel contratto di affitto commerciale: il patto sarebbe nullo.
La clausola è nulla anche se il suo inserimento nel contratto prevede una riduzione del canone per compensare tale rinuncia.
L’inquilino può rifiutare l’indennità solo successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in una posizione di debolezza. In ogni caso, il rifiuto è equiparato all’avvenuta corresponsione ai fini della procedibilità dell’esecuzione di rilascio dell’immobile. Significa che l’inquilino che esercita tale diritto è tenuto a pagare il canone di affitto durante il periodo in cui rimane nell’immobile.
Se, prima che sia decorso un anno dalla cessazione del contratto, il locatore o un terzo riutilizza l’immobile per esercitare la stessa attività o un’attività affine a quella già esercitata dall’inquilino, quest’ultimo ha diritto ad un’ulteriore indennità a titolo di risarcimento di importo uguale a quella per la perdita dell’avviamento (quindi 18 mensilità dell’ultimo canone pagato). Il pagamento può essere richiesto dal momento in cui ha inizio il nuovo utilizzo dell’immobile.
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