Affittacamere in condominio: è lecita la maggiorazione delle spese?
Si può far pagare di più di condominio chi ha b&b e affittacamere? Come si dividono le spese condominiali?
Si può aumentare la quota delle spese condominiali a carico di uno dei condomini se questi svolge attività di affittacamere? Può il via vai dei clienti giustificare l’attribuzione di un onere superiore per via del maggior uso dei servizi comuni (l’ascensore innanzitutto) e della sporcizia sulle scale o nell’androne?
La questione è stata più volte al centro di accese discussioni in assemblea. Così più di una volta la giurisprudenza è stata chiamata a rispondere al seguente quesito: è lecita la maggiorazione delle spese per l’affittacamere in condominio. In questo articolo vedremo quali sono state le risposte fornite dai giudici.
Può l’assemblea di condominio decidere un diverso criterio di ripartizione delle spese condominiali?
Le spese condominiali, ai sensi dell’articolo 1123 del codice civile, vanno sempre ripartite in base ai millesimi di proprietà. Solo un più intenso uso da parte di uno o più condomini dei servizi condominiali può – ai sensi del secondo comma del predetto art. 1123 – giustificare una diversa ripartizione, in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Questo maggior uso è però legato alla condotta del condomino e non certo dei suoi ospiti, in quanto estranei al condominio (così ha deciso il tribunale di Roma con sent. n. 19388/16).
In ragione di ciò la legge esclude che l’assemblea possa mutare i criteri di ripartizione delle spese condominiali, derogando al principio dei millesimi e attribuendo una quota superiore a un condomino rispetto agli altri. Ciò sarebbe possibile solo se ci fosse l’unanimità.
La delibera presa a semplice maggioranza è da considerarsi nulla e, come tale, impugnabile senza limiti di tempo (quindi ben oltre il termine di 30 giorni previsto per la contestazione delle decisioni dell’assemblea).
Ripartizione delle spese condominiali in caso di affittacamere e B&B
Secondo L’esercizio dell’attività di affittacamere o di B&B non modifica la destinazione d’uso a civile abitazione degli appartamenti in cui è condotta. Pertanto, come chiarito dal tribunale di Catania (sent. n. 3179/2020), in tema di ripartizione delle spese condominiali, l’obbligo di concorrere alle spese comuni in proporzione ai millesimi di proprietà prescinde dall’uso effettivo che il condomino faccia delle parti comuni dell’edificio. Al contrario bisogna far riferimento all’uso potenziale e non a quello concreto.
Il criterio di ripartizione, quindi, non può essere alterato per via dell’esercizio dell’attività di B&B, ma resta quello di un normale appartamento adibito a uso residenziale, come tutti gli altri.
I divieti
Il divieto di svolgere attività di affittacamere può essere contenuto solo in un regolamento “contrattuale” ossia approvato all’unanimità in assemblea o allegato ai singoli atti di compravendita.
Il divieto contenuto nel regolamento condominiale di adibire le abitazioni ad attività commercialiimpedisce l’esercizio dell’attività di affittacamere. Ciò anche se nell’elencazione delle attività vietate, non compare, in modo esplicito, l’affitto degli appartamenti come “casa vacanza” (Cass. ord. n. 21562/2020).
Al contrario, qualora il regolamento vieti ai condomini di esercitare attività di affittacamere, non è in contrasto con la norma condominiale la stipula di locazioni brevi, ossia quei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online (Trib. Milano, sent. n. 7128/2021).
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