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Acquisizione cittadinanza italiana: ultime sentenze

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Scopri le ultime sentenze su: concessione della cittadinanza italiana; acquisizione automatica della cittadinanza; requisito del giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi; trascrizione del decreto presidenziale di concessione della cittadinanza; mancata acquisizione della cittadinanza.

Quali sono i presupposti necessari ai fini della concessione della cittadinanza italiana? Quando si configura il reato di ingresso e di soggiorno illegale nel territorio dello Stato? Per conoscere le risposte a queste domande e saperne di più sull’acquisizione della cittadinanza italiana, leggi le ultime sentenze.

Diniego della cittadinanza italiana

Per il particolare rigore che caratterizza la concessione della cittadinanza, in quanto con essa si determina l’acquisizione in via definitiva del nuovo status, grava sull’Amministrazione l’obbligo di una completa rappresentazione della realtà mediante una accurata ed estesa istruttoria, di cui la motivazione del provvedimento deve dare contezza, con trasparenza, coerenza, logicità e comprensibilità, al fine di consentire il sindacato di legittimità sull’esercizio della discrezionalità stessa, che, per quanto ampia, non può sconfinare in arbitrio.

Pertanto, è illegittimo il provvedimento di diniego della cittadinanza adottato senza che l’Amministrazione abbia valutato la documentazione integrativa fornita dallo straniero, a seguito della ricezione del preavviso di rigetto, e riguardante la titolarità dei redditi idonei alla concessione della cittadinanza stessa.

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 02/05/2022, n.5350

Procedimento di concessione della cittadinanza

Nel procedimento di concessione della cittadinanza occorre valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica.

Il provvedimento di concessione della cittadinanza si inserisce nel novero degli “atti di alta amministrazione”, che sottendono una valutazione di opportunità politico -amministrativa caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento, a cui si contrappone il ristretto potere di controllo del giudice, che deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, con preclusione di una autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto, oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cittadino.

(Fattispecie relativa al diniego della concessione della cittadinanza italiana ad un cittadino straniero, per avere commesso i reati di cui agli artt. 81 e 483 c.p.: secondo il Ministero dell’Interno la condotta del richiedente costituiva indice di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile da un complesso di situazioni e comportamenti, posti in essere nel corso della permanenza nel territorio nazionale).

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. V, 11/04/2022, n.4280

Pericolo per la sicurezza dello Stato

L’ampia discrezionalità alla base del provvedimento di concessione della cittadinanza, irrevocabile una volta concessa, non rende irragionevole il diniego fondato sul sospetto di appartenenza ad organizzazioni eversive ovvero su di un pericolo per la sicurezza dello Stato, dal momento che lo stesso non potrebbe poi essere più espulso: non si tratta, infatti, di limitare diritti fondamentali della persona garantiti a livello costituzionale e comunitario, bensì della negazione di un beneficio la cui concessione è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale, rispetto alla quale la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione a pieno titolo, da parte dello stesso, dei diritti e dei doveri che competono ai suoi membri, tra i quali quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità che lo Stato persegue.

Consiglio di Stato sez. III, 08/10/2021, n.6720

Cittadinanza italiana: il giuramento

Il giuramento di cui all’art. 10, l. n 91 del 1992 costituisce, per lo straniero che voglia acquisire la cittadinanza italiana, corollario dell’art. 54, comma 1, Cost., che impone al cittadino il dovere di fedeltà alla Repubblica, osservandone la Costituzione e le leggi. Il giuramento è un atto personale, che attiene direttamente al diritto costituzionale, in ragione dei valori incorporati nella sua prestazione; atto che costituisce integrazione dell’efficacia del provvedimento del Presidente della Repubblica.

Gli effetti conseguenti al giuramento sono stabiliti dalla legge. A fronte, dunque, della situazione giuridica di diritto soggettivo, non viene in rilievo alcun tratto di esercizio di pubblico potere, essendo il giuramento un atto della parte privata rispetto al quale l’ufficiale dello stato civile esegue adempimenti materiali preordinati a registrare il fatto cui la legge (e non l’Amministrazione) connette l’acquisizione di efficacia del provvedimento di riconoscimento della cittadinanza, e la conseguente iscrizione nei registri dello stato civile.

La disciplina in questione, dunque, è regolata da norme di relazione cui corrispondono rapporti intersoggettivi, senza alcun potere per l’Amministrazione di degradare i diritti soggettivi attribuiti ai singoli individui, con conseguente devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del G.O. (nel caso la controversie riguardava la richiesta del ricorrente di essere riammesso a prestare il giuramento, per non avere corrisposto alla prima convocazione a causa dell’assunta irregolarità del relativo avviso).

T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 18/11/2019, n.2429

Istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana

Il termine biennale previsto dall’art. 8, comma 2, l. n. 91 del 1992 circoscrive l’esercizio del potere di diniego motivato da ragioni di ordine pubblico, ma non vale a sanare l’assenza radicale dei presupposti necessari ai fini della concessione della cittadinanza; una diversa interpretazione attribuirebbe alla comma 2 dell’art. 8 la valenza di viatico all’acquisizione automatica della cittadinanza — anche in assenza degli elementi costitutivi della fattispecie — di cui non solo non si colgono elementi sintomatici nel testo legislativo, ma il cui impatto giuridico e pratico richiederebbe ben altra base di argomenti e dati fondanti.

Consiglio di Stato sez. III, 21/02/2019, n.1211

Accertamento della condizione di disabilità dello straniero

Ritenuto che, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, lo straniero che acquisisca la cittadinanza italiana è esentato dalla prestazione del giuramento previsto dalla legge qualora, a causa di grave ed accertata condizione di disabilità, non sia in grado di adempiere siffatto obbligo, rientra tra le competenze del giudice tutelare valutare la fondatezza, o meno, della richiesta di esenzione presentata dall’amministratore di sostegno dell’interessato ed accertare, quindi, la sussistenza della predetta disabilità, dovendosi escludere l’automaticità dell’esenzione.

Nel compiere l’accertamento de quo il giudice tutelare non è obbligato a disporre l’audizione dell’interessato, potendo essere sufficienti gli elementi già acquisiti, con particolare riferimento a quanto constatato in sede di nomina dell’amministratore di sostegno.

Tribunale Modena sez. II, 12/01/2018

Giuramento persona incapace

È costituzionalmente illegittimo l’art. 10 l. 5 febbraio 1992, n. 91, nella parte in cui non prevede che sia esonerata dal giuramento la persona incapace di soddisfare tale adempimento in ragione di grave e accertata condizione di disabilità. La norma impugnata, in seguito alla concessione allo straniero della cittadinanza italiana, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica, ne subordina la trascrizione nei registri dello stato civile alla prestazione del giuramento di esseri fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. L’acquisizione dello status di cittadino non risulta possibile, perciò, nel caso in cui la persona non sia in grado di prestare detto giuramento a causa di grave disabilità psichica.

La necessità del giuramento, e la mancata acquisizione della cittadinanza che, in sua assenza, ne consegue, si pone in contrasto con gli artt. 2 e 3, comma 2, Cost., in quanto può determinare una forma di emarginazione sociale che irragionevolmente esclude il portatore di gravi disabilità dal godimento della cittadinanza, intesa quale condizione generale di appartenenza alla comunità nazionale.

Resta fermo il potere del Procuratore della Repubblica di impugnare gli atti, le omissioni e i rifiuti dell’ufficiale di stato civile, ai sensi dell’art. 95, comma 2, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, in caso di distorta  applicazione della disciplina sull’esonero dal giuramento (sentt. nn. 120 del 1967, 215 del 1987, 167 del 1999, 80 del 2010, 36, 275 del 2016)

Corte Costituzionale, 07/12/2017, n.258

Reato di ingresso illegale

La configurabilità del reato di cui all’art. 10 bis d.lg. n. 286 del 1998 (ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato) non è esclusa per il solo fatto che il soggetto sia nato in Italia (non comportando ciò l’automatica acquisizione della cittadinanza italiana), né presuppone che si tratti di soggetto che abbia fatto ingresso illegalmente nel territorio nazionale, trovando la norma applicazione anche nei confronti di chi, essendo entrato legalmente, si sia poi trattenuto nel medesimo territorio successivamente alla scadenza del permesso di soggiorno.

Cassazione penale sez. I, 19/04/2017, n.39211

Controversia in tema di diniego di cittadinanza

Nel caso di mancato riconoscimento della cittadinanza italiana, risulta palese il difetto di giurisdizione del g.a. in quanto l’eventuale controversia verte in materia di un possibile diritto soggettivo ad acquisirla, il cui accertamento non implica alcuna valutazione discrezionale da parte della p.a.

Nel sistema della l. 5 febbraio 1992 n. 91, vi sono casi in cui la concessione della cittadinanza italiana è configurabile quale potere discrezionale, che implica l’accertamento di un interesse pubblico, ed in queste ipotesi sussiste una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo; diverso è il caso dell’acquisizione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5 l. 5 febbraio 1992 n. 91, ove deve ritenersi che il coniuge del cittadino sia titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all’emanazione del decreto, che affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell’esercizio, da parte della P.A., del potere discrezionale di valutare l’esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a tale acquisto.

Dunque, relativamente all’acquisto della cittadinanza italiana, l’unica causa preclusiva demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione è quella di cui all’art. 6 comma 1, lett. c), l. 5 febbraio 1992 n. 91, ossia i “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica“. Soltanto in tale evenienza, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita ad interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo, ma affinché tale affievolimento possa operare la potestà di diniego deve essere esercitata entro il termine perentorio previsto dalla legge di due anni dalla presentazione dell’istanza.

In tutti gli altri casi, come quello di specie in cui la cittadinanza è stata negata sulla base dell’art. 6 comma 1, lett. b), l. n. 91 del 1992, la vertenza va riassunta dinanzi al giudice civile, con salvezza – in applicazione della cd. “translatio iudicii” – degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 11 comma 2, c. proc. amm.

T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 16/07/2014, n.376

Riconoscimento dei titoli di studio

Il d.m. 16 luglio 1986, pur avendo ad oggetto il “Riconoscimento di titoli abilitanti all’esercizio elle professioni sanitarie ausiliarie, delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie tecniche per le quali non sia richiesta la laurea” si riferisce esclusivamente, così come la l. n. 752 del 1984, di cui esso costituisce attuazione, ai “cittadini italiani”, che hanno conseguito all’estero uno dei predetti titoli.

E tale esclusivo riferimento vale dunque per il comma 2 dell’art. 2 del decreto stesso (in cui si prevede che l’equipollenza del titolo conseguito all’estero con quello italiano “va accertata con riferimento alla normativa vigente in Italia all’epoca in cui il titolo è stato rilasciato”) nonché per il primo periodo dell’articolo unico della l. n. 752 del 1984 (che abilita gli interessati a chiedere il riconoscimento dei titoli “anche se conseguiti prima dell’acquisizione della cittadinanza”).

Per l’operatività di tale normativa, dunque, la cittadinanza italiana deve essere posseduta al momento della domanda e del relativo provvedimento di riscontro da parte dell’Amministrazione e non rileva, pertanto, il conferimento successivo, potendo quest’ultimo semmai giustificare una reiterazione della richiesta.

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 09/09/2013, n.8159

Status di cittadino

La concessione della cittadinanza italiana è configurabile quale potere, ampiamente discrezionale, che implica l’accertamento di un interesse pubblico da valutarsi in relazione ai fini della società nazionale, e non già il semplice riconoscimento dell’interesse privato di chi si risolve a chiedere la cittadinanza per comodità di carriera, di professione o di vita; di conseguenza il possesso dei requisiti richiesti costituisce un presupposto necessario, ma non sufficiente ai fini del rilascio del provvedimento concessorio, in quanto la determinazione finale è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale, rispetto alla quale la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione, a pieno titolo, da parte dello stesso dei diritti e dei doveri che competono ai suoi membri, tra i quali quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità che lo Stato persegue.

T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 13/12/2012, n.1336

Redditi sufficienti al sostentamento proprio e della propria famiglia

Presupposto imprescindibile per fruire del provvedimento attributivo della cittadinanza italiana — in base alla normativa di settore — è indubbiamente quello di avere redditi sufficienti al sostentamento proprio e della propria famiglia. L’acquisizione di tale nuovo importante status, infatti, si deve tradurre non già solo in un beneficio per l’interessato, ma anche nella possibilità materiale, per il nuovo cittadino, di adempiere i doveri di solidarietà sociale (e in primis il dovere di contribuire alle spese pubbliche, mercè l’imposizione tributaria), nella misura minima determinata dal legislatore.

Consiglio di Stato sez. VI, 16/02/2011, n.974

Acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio

Sussiste il difetto di giurisdizione del g.a. nel caso di impugnazione del provvedimento con il quale il Prefetto, richiamate le istruzioni impartite dal ministero dell’Interno con circolare del 6 agosto 2009, abbia dichiarato inammissibile una istanza per l’acquisizione della cittadinanza italiana per matrimonio in quanto non ancora decorso il termine biennale (in luogo di quello previgente di sei mesi) previsto dall’art. 1, comma 11, l. 15 luglio 2009 n. 94 (che ha sostituito l’art. 5, l. 5 febbraio 1992 n. 91): in tema di acquisizione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5 l. n. 91 cit., l’unica causa preclusiva che risulta essere demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione, è quella di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), l. n. 91 cit., ossia la sussistenza di “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica“: soltanto in tale evenienza, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo, mentre le altre cause preclusive non richiedono invece valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione.

T.A.R. Venezia, (Veneto) sez. III, 03/11/2010, n.5906

Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o sulle qualità personali

Va respinta, per mancanza del presupposto di residenza, domicilio o dimora nell’ambito della provincia di pertinenza della Questura procedente, la domanda di rilascio di passaporto inoltrata a detto ufficio non dal soggetto interessato e fondata su dichiarazioni sostitutive, rese davanti ad un dipendente comunale, non rispondenti al vero e fatte oggetto di indagine penale nei confronti di più persone, tanto più ove la stessa parte interessata abbia svelato a verbale le modalità, del tutto anomale, di acquisizione della residenza e della cittadinanza presso l’anagrafe del comune di cui si tratti, presso cui sia rimasta iscritta per soli diciotto giorni (nel corso dei quali abbia ottenuto la residenza, la cittadinanza e la carta d’identità ed abbia pure richiesto il rilascio del passaporto), con successiva cancellazione e correlativa sua iscrizione negli archivi dell’A.I.R.E., quale persona fornita di cittadinanza italiana ma residente all’estero.

T.A.R. Parma, (Emilia-Romagna) sez. I, 19/07/2010, n.395

Accesso agli impieghi civili dello Stato

È legittimo l’operato dell’Amministrazione che non riconosce ad un docente di nazionalità extracomunitaria (poi divenuto cittadino italiano, come tale regolarmente inserito nelle graduatorie per l’insegnamento) il punteggio per titoli di servizio relativi a supplenze ottenute prima dell’acquisizione della cittadinanza italiana. La regola fondamentale in materia di accesso al lavoro pubblico, contenuta nell’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 3/1957 (ribadito dall’art. 38 del d.lgs. n. 165/2001), che espressamente prevede come`requisito generale” per accedere agli “impieghi civili dello stato”, il possesso della cittadinanza italiana, regola derogata in base all’art. 2 del d.P.R. n. 487/1994 con riferimento ai soggetti appartenenti all’Unione europea, impone di considerare come prestazione di mero fatto, che non può dar titolo ad alcun punteggio valutabile, l’attività di insegnamento svolta prima dell’acquisizione della cittadinanza, legittima o meno sia stata l’attribuzione delle supplenze di cui si chiede il riconoscimento.

T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 13/10/2008, n.599

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Pubblicato : 14 Ottobre 2022 03:00