Acqua non potabile: le bollette vanno restituite?
Se l’acqua del rubinetto non si può bere perché non ci sono depuratori, il cliente ha diritto a chiedere i rimborsi sulle bollette pagate negli ultimi 10 anni.
Nel tuo Comune tutti sanno che l’acqua del rubinetto non si può bere: i depuratori non funzionano correttamente e, spesso, esce terra. Nonostante ciò, hai sempre pagato le bollette per intero, con tutte le maggiorazioni previste dalla tariffa del servizio idrico integrato, ivi comprese quelle per l’uso dell’acqua a fini alimentari. Ti chiedi se, attesa l’assenza del servizio ed avendo in casa solo acqua non potabile, le bollette vanno restituite.
La risposta è affermativa per i seguenti motivi.
Una vecchia legge del 1994 [1] stabiliva che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi». Ma, secondo una sentenza della Corte costituzionale [2], questa norma è stata dichiarata contraria alla Costituzione.
In seguito, il Governo ha adottato un decreto ministeriale [3] in cui formalizza il diritto al rimborso sulle bollette dell’acqua. Il provvedimento individua i criteri e i parametri per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione. In particolare, sono stati individuati:
- i gruppi di utenti;
- le modalità di richiesta;
- i termini prescrizionali relativi all’ottenimento del rimborso.
È stata, inoltre, abrogata nel 2006 [4] la disposizione secondo cui la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».
Secondo giurisprudenza consolidata, la tariffa del servizio idrico integrato è corrispettivo di una prestazione complessa e «trova fonte, per una quota determinata dalla legge, nel contratto di utenza». Ne deriva che la quota per il servizio di depurazione non è dovuta nell’ipotesi di mancato funzionamento dell’impianto per fatto non imputabile all’utente. Qualora l’utente l’abbia pagata indebitamente, egli ha diritto alla ripetizione dell’indebito. E questo in virtù del principio generale in base al quale ad ogni utente spetta il diritto al rimborso nell’ipotesi di mancato funzionamento del servizio per fatti a lui non imputabili.
Per il Consiglio di Stato [5] è irragionevole imporre all’utente di pagare la quota riferita al servizio di depurazione anche in mancanza della controprestazione. Deve sempre sussistere un nesso di corrispettività tra tutte le voci della tariffa ed i servizi resi su una base contrattuale.
Il Parlamento, tuttavia, prendendo atto delle conclusioni della Corte, ha legiferato che la quota depurazione, «costituendo gli oneri relativi all’attività di progettazione e di realizzazione degli impianti una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato», continua ad essere dovuta dall’utenza nei casi in cui manchino i depuratori o questi siano inattivi, ma a decorrere dall’avvio della procedura amministrativa volta alla realizzazione degli impianti.
Prescrizione del diritto al rimborso sulle bollette dell’acqua
Qualora l’utente abbia pagato le bollette dell’acqua per intero e la sua zona non è servita da acqua potabile per via del mancato funzionamento dei depuratori, egli ha diritto alla restituzione delle relative quote indebitamente versate.
Come noto, la prescrizione della bolletta dell’acqua – ossia del debito a carico dell’utente – è di due anni. Diverso è, invece, il discorso dal lato opposto ossia la prescrizione del credito dell’utente a recuperare le somme non dovute per il rimborso dovuto all’assenza dei depuratori. Se anche la legge stabilisce una prescrizione quinquennale, secondo la Cassazione invece, [6], la prescrizione è di dieci anni. Quindi, l’utente può far valere il diritto alla restituzione delle somme indebitamente versate nell’ultimo decennio.
Questo perché la prescrizione quinquennale può essere fatta valere solo per le prestazioni periodiche, che vanno cioè eseguite ogni anno o in frazioni più brevi. Ebbene, il diritto al rimborso dei canoni per il servizio idrico integrato indebitamente pagati non ha carattere periodico per cui è soggetto al termine di prescrizione di dieci anni che decorre dalle date dei singoli pagamenti.
È vero che i canoni dovuti al Comune dall’utente per il servizio di deputazione hanno carattere periodico, dovendosi pagare periodicamente anno per anno, e sono, pertanto, soggetti al termine di prescrizione quinquennale, ma qui il caso è diverso. Infatti, oggetto della controversia non è il debito dell’utente verso il Comune, ma quello del Comune verso l’utente per il rimborso di quanto indebitamente percepito nel corso degli anni. Questa obbligazione non ha carattere periodico perché il Comune è tenuto a restituire le somme indebitamente percepite in un’unica soluzione e non a rate. Pertanto, il diritto dell’utente alla ripetizione dell’indebito è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale.
Acqua senza depuratori: la grave situazione italiana
Capita spesso di sentir parlare di acquedotti colabrodo, dimenticando che la vera emergenza italiana riguarda la fognatura e la depurazione. Al 15% dei cittadini mancano le fognature e a quasi il 30% i depuratori, con alcuni scostamenti da Regione a Regione. Gli interventi sono costosi, ma soprattutto sono necessari, perché la Commissione europea non sarà tenera con il nostro Paese, quando richiederà a che punto siamo con gli standard del servizio.
Le Regioni che stanno peggio sono:
- Sicilia, con una copertura del 53,9%;
- Toscana (62,7%);
- Campania (67%);
- Sardegna (68%);
- Marche (69,9%).
Le coperture migliori sono:
- Molise con l’84,5%;
- Piemonte, con l’82,5%.
Per quanto riguarda la rete fognaria, le situazioni più critiche riguardano:
- Sardegna e Liguria (entrambe 75%);
- Umbria (77,1%);
- Veneto (78,1%);
- Sicilia (78,8%).
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