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Account su Telegram: rischio qualcosa?

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(@paolo-remer)
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I pericoli del sistema di messaggistica e scambio file: dal revenge porn alla pirateria digitale. È coinvolto anche chi fruisce dei contenuti illeciti.

Creare un account su Telegram è molto facile ma in seguito può comportare dei gravi rischi, analoghi e forse superiori a quelli di altre piattaforme di messaggistica, come WhatsApp.

Non ci riferiamo tanto ai consueti rischi per la privacy, come il furto dell’account o la diffusione non autorizzata delle chat, quanto a pericoli più gravi e profondi, che potrebbero portare ad un’incriminazione penale.

Insomma, Telegram non è sicuro come sembra e può provocare gravi danni a chi lo utilizza in maniera disinvolta o inconsapevole. Prosegui la lettura e scoprirai perché.

Cosa si può fare con Telegram?

Telegram è stato progettato non soltanto per la messaggistica “one to one“, cioè quella da e verso soggetti singoli, ma anche – e forse soprattutto, secondo le intenzioni degli sviluppatori – per creare gruppi che possono contenere fino a 200mila partecipanti, o canali tematici, ad esempio per promuovere offerte commerciali di determinati prodotti.

Questo consente di diffondere e scambiare messaggi con un pubblico praticamente illimitato. Per fare un confronto, basti pensare che su WhatsApp il numero di partecipanti arriva fino a 1.024 persone. Quindi già da questo puoi comprendere che la possibilità di ricevere contenuti illegali tramite Telegram è superiore a quella di altre piattaforme di messaggistica.

La forza di Telegram sta nel fatto che si possono inviare, oltre ai semplici messaggi di testo, documenti di ogni tipo e formato, come foto, video, musica e allegati compressi o “zippati”. E, come abbiamo visto, se i contenuti vengono inseriti in un gruppo o canale, raggiungono istantaneamente tutti i destinatari che vi sono iscritti.

Pedopornografia su Telegram

Dalle caratteristiche di Telegram si intravedono i potenziali rischi: alcuni di questi contenuti, infatti, potrebbero essere illeciti, come quelli pedopornografici che ritraggono minori degli anni 18 in atti sessuali o in esibizione delle parti intime. Il solo fatto di partecipare a gruppi dove compaiono tali immagini o video comporta la possibilità di essere coinvolti in inchieste sulla diffusione, scambio o procacciamento di materiale pedopornografico.

Numerose indagini recenti, anche a livello internazionale, hanno sgominato organizzazioni dedite a questi traffici illeciti, e i fruitori di quei contenuti sono stati indagati. E a quel punto non è facile difendersi sostenendo di aver ricevuto sul proprio dispositivo immagini e video non cercati e non voluti.

Revenge porn su Telegram

Uno dei fenomeni più comuni su Internet è il revenge porn, vale a dire la diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti. Dal 2019 il revenge porn è diventato reato da “codice rosso“, insieme allo stalking, ai maltrattamenti e alla violenza sessuale: la procedura investigativa è più celere.

Intanto Telegram è diventato uno dei luoghi dove si commettono frequentemente legati al sesso. Lo dimostrano molti recenti episodi di cronaca: la Polizia postale ha individuato alcuni gruppi e canali utilizzati da chi, per vendetta, pubblicava immagini di donne e ragazze – in alcuni casi anche minorenni – in pose erotiche o impegnate nel compimento di atti sessuali.

La gratuità dei contenuti offerti non deve ingannare: qui lo scopo dei diffusori non è il lucro (gli scatti e i video hot non vengono venduti a pagamento agli utenti), bensì la volontà di denigrare, umiliare e svilire il soggetto delle immagini porno divulgate al pubblico in tutte le forme possibili. Telegram rende più facili le cose, consentendo di raggiungere con un clic di invio migliaia di destinatari.

Qui, il rischio non è solo per chi diffonde illecitamente queste foto o video – il revenge porn è un reato punito con la reclusione fino a 6 anni – ma anche per chi prende parte alla chat inserendo commenti offensivi sulla vittima, che non ha fornito il consenso alla pubblicazione delle sue immagini intime. In questo modo anche lo “spettatore” se partecipa a queste chat di gruppo contribuisce a una sorta di stupro virtuale, al quale talvolta partecipano centinaia o migliaia di persone nascoste dietro il fragile schermo dell’anonimato informatico.

Sextortion su Telegram

Un’appendice del revenge porn è il fenomeno chiamato sextortion, cioè i video ricatti. Funziona così: l’estortore si procura foto o filmati che ritraggono la vittima in atteggiamenti sessuali espliciti e dunque “compromettenti”, specialmente se è sposata e ha famiglia. A quel punto contatta la (o il) protagonista delle scene hot o hard e minaccia di diffondere quel materiale su Telegram o altre piattaforme e siti; per non farlo chiede denaro.

Una variante di questo reato prevede la richiesta di fornire altri video “personalizzati” in favore dell’estortore, in cambio del suo silenzio. Così la vittima viene costretta a compiere, o a subire, atti sessuali, inviando poi i video al criminale (o trasmettendoli in diretta, con webcam), e si configura il delitto di violenza sessuale.

Come si scoprono i reati su Telegram

Lo scudo del nickname, un nome di fantasia al posto del vero nome, è un fragile scudo che non garantisce l’anonimato, così come la criptazione del contenuto delle chat non garantisce la segretezza delle conversazioni.

Per gli inquirenti specializzati, a partire dalla Polizia Postale che indaga sui crimini informatici come quelli che abbiamo descritto, è abbastanza facile risalire all’identità del soggetto: gli amministratori dei gruppi e i partecipanti sono individuabili sia grazie al numero di telefono comunicato al momento della registrazione sia attraverso l’indirizzo IP che consente di risalire al dispositivo utilizzato e da qui al proprietario.

Oggi esiste anche la perquisizione informatica [1] che permette di controllare a distanza tutte le attività svolte su smartphone e computer. In questo modo gli inquirenti riescono a prendere contezza dei reati “in diretta”, proprio nel momento dello scambio telematico dei dati, o comunque a distanza di poco tempo dalla loro commissione.

Un’inchiesta giornalistica di Wired ha rivelato che il fenomeno è in crescita ed esistono moltissimi canali tematici dedicati alla pornografia, dove si scambiano decine di migliaia di messaggi al giorno e il numero di iscritti è in crescita. Proprio qui si annida il fenomeno del revenge porn e c’è il rischio di imbattersi in foto e video di atti sessuali pubblicati senza il consenso dell’interessato, spesso da parte di chi vuole svilire e denigrare il proprio ex partner.

Nel momento in cui quelle pose iniziano a circolare in rete la diffusione diventa incontrollata e il “branco virtuale” di chi fruisce di questi contenuti si estende ledendo la privacy, la reputazione e la dignità delle vittime in modo talvolta irrimediabile. Così le conversazioni e i commenti offensivi non hanno freni. Alcune ragazze sono arrivate a suicidarsi: il caso più celebre è quello di Tiziana Cantone, la ragazza napoletana che non ha sopportato la gogna sul web avvenuta nei suoi confronti nel 2016, in un’epoca in cui Telegram ancora non esisteva; ma i fenomeni proseguono e questa app li rende molto più invasivi e pericolosi rispetto al passato.

Come capire se i contenuti su Telegram sono illeciti

Per l’utente è difficile, se non impossibile, capire quando la diffusione delle immagini sessualmente esplicite è avvenuta all’insaputa della vittima o contro la sua volontà: un indizio sta nell’incitazione ai partecipanti ad insultare la persona, da parte di chi ha inserito le foto o i video e si qualifica come fidanzato, compagno o marito. Un altro campanello d’allarme è l’invito di questo sedicente partner a spostarsi in una chat privata per discutere delle vicende erotiche della protagonista in maniera più libera.

Un ulteriore problema sta nel fatto che i gruppi di Telegram sono sia aperti sia chiusi: quelli aperti possono essere ricercati per nome, come si fa con Google, mentre quelli chiusi richiedono un invito, che arriva sotto forma di link. Accettandolo, si entra automaticamente nel canale riservato; si diventa membri e si possono vedere tutti i contenuti presenti e interagire con gli altri partecipanti. Ma, come abbiamo visto, la scatola non è affatto chiusa per gli inquirenti, che possono penetrarvi e accertare i reati commessi.

Altri reati su Telegram

Non c’è solo il porno: sui canali Telegram prosperano anche la vendita di prodotti illeciti, come armi e sostanze stupefacenti, ed il terrorismo. Alcune indagini svolte dai servizi segreti e di sicurezza dimostrano che, a livello mondiale, la piattaforma è uno dei luoghi preferiti per scambiare dati e informazioni sensibili, come la programmazione di attentati, come è avvenuto con le organizzazioni dell’Isis e Al Qaeda.

Lo scambio è agevolato dalla crittografiaend-to-end” di Telegram, un sistema di cifratura dei messaggi (di cui dispone anche WhatsApp) che impedisce di intercettare il contenuto e, nelle chat segrete, consente l’autodistruzione del contenuto a breve distanza di tempo da quando è stato visualizzato sul dispositivo del ricevente. Ma, come abbiamo visto, lo stratagemma è inutile se l’account o il dispositivo è monitorato e sottoposto a perquisizione informatica, che consente di accertare i reati in tempo reale.

Pirateria digitale su Telegram

Telegram viene frequentemente utilizzato anche per la pirateria digitale. Ad esempio, la Guardia di Finanza ha bloccato 200 canali Telegram che diffondevano illecitamente brani musicali, giornali, riviste ed opere letterarie coperti dal diritto d’autore. In questo caso la Procura di Bari, che ha diretto le indagini, ha specificato che non solo i responsabili di questi canali, ma anche gli utilizzatori, si rendono responsabili del reato di ricettazione per il solo fatto di divulgare a terzi le copie pirata.

Insomma: basta cioè ricevere e leggere la copia in pdf di un giornale quotidiano o il file mp3 del brano musicale e girarla ad un amico, attraverso Telegram o in altri modi, per commettere questo reato: la consapevolezza che si tratta di opere protette si presuppone evidente.

Autori ed editori non ci stanno a perdere i giusti profitti che ricavano dalle opere del loro ingegno e così hanno messo a punto un sofisticato sistema di watermark, cioè un codice segreto inserito come una filigrana nel documento protetto che smaschera i responsabili dell’illecita diffusione, come nel caso in cui tu abbia un abbonamento regolare ad una rivista e ne approfitti per distribuire a terzi le copie: con questo marchio digitale sarà possibile risalire all’esatta provenienza del documento.

Infine, come esempio degli ulteriori illeciti in cui si può incappare su Telegram, c’è stato il caso degli oltre 160mila abbonamenti illegali a servizi radiotelevisivi ed eventi sportivi, come le partire di calcio visibili in Tv internet: qui si è scoperta l’esistenza di due canali Telegram che facilitavano le cose. Ora con la nuova legge “anti pezzotto” varata nel 2023 dal Governo e approvata dal Parlamento c’è stata una stretta contro la pirateria digitale in ambito sportivo: i controlli sono stati potenziati e i fruitori rischiano multe salatissime, fino a 5.000 euro.

 
Pubblicato : 17 Luglio 2023 11:54