Accettazione dell’eredità: cosa bisogna sapere
Accettazione espressa, tacita o con beneficio d’inventario: differenze, peculiarità, convenienza. Cosa succede se il defunto ha lasciato debiti.
Ricevere un’eredità non è facile come sembra, neanche nei casi in cui il patrimonio del defunto era esiguo e i beni lasciati agli eredi sono pochi e di modesto valore: infatti l’acquisizione dell’eredità non avviene in automatico, ma ci sono dei passaggi da seguire, anche se è possibile ottenere il risultato per comportamenti concludenti, cioè semplicemente disponendo dei beni ereditari.
In ogni caso, l’accettazione dell’eredità comporta delle conseguenze, perché si è chiamati a rispondere anche dei debiti, privati o anche pubblici (ad esempio, quelli fiscali) che il de cuius aveva contratto ed ha lasciato insoluti prima della sua scomparsa. Vediamo, quindi, cosa bisogna sapere per decidere se accettare l’eredità e in che modo farlo, oppure quando conviene rinunciare.
Come si diventa eredi?
L’erede è colui che, alla morte di una persona (detta “de cuius”, con terminologia latina ormai entrata nel linguaggio comune), subentra nella totalità del patrimonio, se è erede unico, oppure, se è coerede, in una sua parte predefinita dalle quote di legittima o dalla volontà testamentaria: è comunque una quota ideale, che cade in comunione, e dovrà essere assegnata mediante un’operazione di divisione ereditaria (consensuale se compiuta con l’accordo delle parti, o altrimenti giudiziale, cioè all’esito di un’apposita causa civile).
L’assunzione della qualità di erede non è immediata a partire dalla morte del dante causa, bensì è subordinata ad accettazione che può essere:
- espressa, quando avviene con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale;
- tacita, se si compie mediante alcune azioni e comportamenti materiali che presuppongono la qualità di erede e dai quali si desume la volontà di accettare l’eredità: ad esempio, la vendita di un bene, l’incasso di canoni di locazione, i prelievi dai conti correnti bancari.
Accettazione con beneficio di inventario
L’accettazione di eredità può essere di due tipi: pura e semplice, se è diretta ed incondizionata, oppure con beneficio di inventario. Se l’erede non vuole arrivare a pagare di tasca sua i debiti lasciati dal defunto, può fare i conti prima, ed accettare l’eredità ricevuta con “beneficio di inventario“: ci sono dei precisi termini e adempimenti per farlo, ma il risultato è che in questo modo l’erede beneficiato potrà contenere la responsabilità debitoria entro i limiti di quanto ha ereditato.
Se si teme che l’eredità sia gravata da debiti, si può optare per l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. In sostanza, prima di accettare definitivamente si fa un elenco completo delle attività e delle passività gravanti sul patrimonio del defunto; questo consente di decidere consapevolmente se accettare definitivamente l’eredità o rifiutarla. Inoltre, grazie a questo sistema, l’erede rischia il pignoramento dei soli beni ereditati e non di quelli personali: la sua responsabilità per il pagamento dei debiti lasciati dal defunto è circoscritta al valore dell’attivo ricevuto in successione.
Esaminiamo meglio questo importante aspetto.
Come decidere se accettare l’eredità?
Il patrimonio ereditato non comprende solo i rapporti attivi (conti correnti e altri depositi bancari, beni mobili e immobili, titoli e quote societarie, crediti da riscuotere, ecc.) ma anche quelli passivi, quindi le obbligazioni che il defunto aveva assunto mentre era in vita (tranne quelle personalissime, ad esempio dipingere un quadro) ed anche i debiti, che con la successione si trasferiscono a coloro – i cosiddetti chiamati – che accettano l’eredità.
La responsabilità per i debiti ereditari scatta a partire dall’accettazione dell’eredità, e non prima: quindi, incide molto sulle possibili scelte che che chi non ha ancora deciso se accettare o meno l’eredità – ed è soltanto un erede potenziale- deve compiere, per valutare la convenienza o meno dell’operazione. Ricorda che non si ereditano le sanzioni penali e amministrative e neppure i debiti ormai caduti in prescrizione: per maggiori dettagli, leggi quali debiti non si trasferiscono agli eredi.
Accettazione tacita dell’eredità: cosa comporta?
L’accettazione dell’eredità, o la rinuncia, deve intervenire entro 10 anni dall’apertura della successione (quindi dalla morte del de cuius). Chi però possedeva già i beni del defunto (ad esempio, un familiare convivente: un figlio che ha continuato a vivere nell’abitazione dei genitori deceduti) ha tempi più stretti: deve fare, entro 3 mesi, l’inventario di tali beni e nei 40 giorni successivi dichiarare se accettare o meno l’eredità.
Inoltre l’art. 476 del Codice civile dispone che «l’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede». Capita spesso che un familiare si immette nel possesso dei beni ereditari – appartamenti, mobili, autovetture, conti correnti – disponendone come se fossero suoi: e a quel punto scatta l’accettazione in forma tacita dell’eredità, che negli effetti è equivalente a quella compiuta in forma esplicita, con un’apposita dichiarazione.
L’accettazione tacita dell’eredità – che, come abbiamo visto, avviene quando si compiono atti corrispondenti al potere che spetterebbe al proprietario dei beni ereditari, e incompatibili con la volontà di rinunciare – comporta il subentro automatico in tutti i debiti del defunto: i suoi creditori, quindi, potranno chiederne il pagamento non solo agli eredi che hanno accettato esplicitamente, ma anche a coloro che lo hanno fatto in modo tacito, ossia con dei comportamenti concludenti, e tra questi sono compresi atti come la voltura catastale dei beni immobili (ma non la dichiarazione di successione, che è un adempimento meramente fiscale).
Rinuncia all’eredità: termini e condizioni
Chi accetta l’eredità non può più rinunciarvi, e quindi non gli sarà possibile evitare il pagamento dei debiti del defunto. Anche per questo bisogna sapere quando è opportuno rinunciare all’eredità: si può fare con una dichiarazione, resa al notaio o al cancelliere del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, in cui si manifesta la volontà di non voler ricevere il patrimonio lasciato dal defunto, o la quota di esso spettante. Questo consente di liberarsi in partenza dalla responsabilità per il pagamento dei debiti gravanti sul patrimonio ereditario, che potrebbero superare il valore dell’attivo ricevuto: chi ha rinunciato all’eredità non può essere chiamato dai creditori a rispondere dei debiti lasciati dal defunto.
Quanto ai termini, mentre la facoltà di rinunciare all’eredità si prescrive normalmente in 10 anni, così come avviene per il diritto di accettare (lo stabilisce l’art. 480 del Codice civile), chi era nel possesso dei beni ereditari – perché, ad esempio, conviveva con il defunto o ha utilizzato i suoi immobili – per accettare o rinunciare ha i termini più ristretti previsti dall’art. 485 del Codice civile, che sono gli stessi previsti per il beneficio d’inventario: 3 mesi di tempo dalla data di morte per redigerlo, più 40 giorni.
Coloro che hanno sottratto o nascosto i beni ereditari decadono dal diritto di rinunciare all’eredità e – come dispone l’art. 527 del Codice civile, si considerano «eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia», che, pertanto, in tal caso non ha nessun valore.
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