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Abuso contratto a termine: ultime sentenze

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Risarcimento del danno da perdita di chance; onere probatorio; diritto a un’indennità risarcitoria; trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.

Abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine

Nel regime speciale di assunzione a tempo determinato dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla l. n. 186 del 2003, costituisce abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico, o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest’ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità, sorgendo, in tutte le menzionate ipotesi di abuso, il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravità del pregiudizio, dei parametri di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 (poi, art. 28, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato.

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2022, n.18698

Supplenze e abuso del ricorso a contratti a tempo determinato

In tema di supplenze di docenti, in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione, il dipendente che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego (prima dell’entrata in vigore della l. 13 luglio 2015, n. 10), ha diritto al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misure e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, legge 4 novembre 2010 n. 183 e quindi nella misura pari ad una indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 legge 15 luglio 1966 n. 604.

Il quantum del risarcimento va commisurato a quanto stabilito dall’art. 32, comma 5, l. 183/2010, alla luce del numero di reiterazioni (eccedenti il triennio di legittima apposizione del termine) dedotte e provate dal ricorrente, dell’arco temporale interessato dall’avvicendamento dei contratti a termine.

Tribunale Vibo Valentia sez. lav., 08/06/2022, n.611

Comparto scuola: accertamento dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine

Nel comparto scuola, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato, la successiva immissione in ruolo del docente costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’abuso, cancellando quindi l’abuso solo se sia ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di causa-effetto, il che si verifica quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del personale precario vittima dell’abuso ovvero attraverso percorsi riservati a detto personale.

Dunque occorre che l’immissione in ruolo sia stata da determinata dalla successione dei contratti a termine, circostanza ravvisabile quando l’assunzione in ruolo si verifichi per effetto automatico della reiterazione dei contratti a termine o all’esito di procedure riservate ai dipendenti reiteratamente assunti a termine e bandite allo specifico fine di superare il precariato, che offrano già una ragionevole certezza di stabilizzazione.

Corte appello Torino sez. lav., 24/05/2022, n.230

Abuso del contratto a tempo determinato da parte di una PA

In caso di abuso del contratto a tempo determinato da parte di una p.a., il dipendente che abbia subito l’illegittima precarizzazione del rapporto di impiego ha diritto al risarcimento del danno con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti dell’indennità di cui alla l. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, poiché il danno presunto, qualificabile come “danno comunitario”, non ha ad oggetto la nullità del termine dei singoli contratti bensì la loro abusiva reiterazione. Non ha diritto, invece, all’assunzione a tempo indeterminato.

Cassazione civile sez. lav., 16/05/2022, n.15595

Pubblico impiego: rinnovo abusivo dei contratti a termine degli insegnanti di religione

L’immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito rinnovo dei contratti a termine nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dall’amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente; tale correlazione richiede che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e che sia effetto immediato e diretto dell’abuso. L’assunzione a tempo indeterminato che avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, non può ritenersi effetto immediato e diretto dell’abuso.

Corte appello Catania sez. lav., 25/02/2022, n.153

Abuso di dipendenza economica

n tema di contratto di fornitura, l’abuso di dipendenza economica, di cui all’articolo 9 della legge n. 192 del 1998, norma che, ponendo un divieto applicabile ai contratti di subfornitura, si estende anche ad altri contratti di durata, è nozione indeterminata il cui accertamento postula l’enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, secondo un criterio teleologico di valutazione, in via di fatto, della liceità dell’interesse in vista del quale il comportamento è stato tenuto; nell’applicazione della norma è pertanto necessario: a) quanto alla sussistenza della situazione di “dipendenza economica”, indagare se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia “eccessivo”, essendo il contraente che lo subisce privo di reali alternative economiche sul mercato (ad esempio, perché impossibilitato a differenziare agevolmente la propria attività o per avere adeguato l’organizzazione e gli investimenti in vista di quel rapporto); b) quanto all'”abuso”, indagare la condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero l’intenzionalità di una vessazione perpetrata sull’altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell’impresa dominante (quale, ad esempio, modificare le proprie strategie di espansione, adattare il tipo o la quantità di prodotto, o anche spuntare migliori condizioni), mirando la condotta soltanto ad appropriarsi del margine di profitto altrui.

(Nel caso di specie, relativo ad contratto di servizi con il quale la società attrice si era impegnata in favore della società convenuta a svolgere, fino alla data di scadenza contrattuale, attività di gestione logistica ed amministrativa del deposito fiscale locale nonché di ricevimento, immagazzinamento, deposito, fatturazione, consegna ed ulteriori attività connesse in relazione a prodotti di tabacco ed ulteriori, il giudice adito, a fronte del rifiuto opposto dalla società convenuta di proseguire il rapporto oltre il termine convenuto, ha rigettato la domanda attorea di risarcimento danni, in quanto i rapporti instaurati tra le parti non erano risultati caratterizzati da subordinazione verticale, né erano emerse in giudizio posizioni di squilibrio eccessivo tra i reciproci diritti ed obblighi assunti contrattualmente).

Tribunale Roma sez. XVII, 11/02/2022, n.2393

Abusiva reiterazione dei contratti a termine: può mai dar luogo a stabilizzazione?

E’ illegittima la reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 della legge n. 124 del 1999, prima dell’entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario. Tuttavia in tali casi la conseguenza dell’abuso non può essere la conversione del rapporto, posto l’espresso divieto di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 in forza delle previsioni dell’art. 97 Cost. in tema di accesso nei ruoli delle Pubbliche Amministrazioni. Resta però possibile il risarcimento di eventuali danni ulteriori e diversi ove allegati e provati, dovendosi comunque escludere il danno da mancata conversione e ciò anche qualora l’immissione in ruolo sia avvenuta in forza di previgenti regole sul reclutamento.

Tribunale Varese sez. II, 12/10/2021, n.106

Abusiva successione di contratti a termine e immissione in ruolo

In tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito a condizione che essa avvenga nei ruoli dell’ente che ha commesso l’abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine, ma occorrendo che sia stata da essa determinata, costituendo l’esito di misure specificamente volte a superare il precariato, che offrano già “ex ante” una ragionevole certezza di stabilizzazione, sia pure attraverso blande procedure selettive; ne consegue che – anche alla luce di Corte giust. U.E. 19 marzo 2020, C-103/18 e C-429/18 – non possiede tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l’abuso opera come mero antecedente remoto dell’assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice “chance” di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria.

(Nella fattispecie, la S.C. ha affermato il principio di cui in massima in relazione alla procedura di reclutamento, per titoli ed esami, prevista per gli operatori dei servizi scolastici dall’art. 4, comma 6, del d.l. n. 101 del 2013, conv., con modif., dalla l. n. 125 del 2013).

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2021, n.14815

Efficacia riparatoria dell’illecito

Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente. Detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto ed immediato dell’abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine.

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2021, n.14815

Blocco delle assunzioni: non giustifica l’abuso di contratti a termine

L’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 consente, in via del tutto eccezionale, il ricorso alla contrattazione a tempo determinato nell’ambito del pubblico impiego solo per far fronte a esigenze di natura temporanea. Le carenze di organico croniche e strutturali nelle PP.AA. non sono idonee a giustificare l’assunzione a termine ed in particolare la disciplina del blocco delle assunzioni, determinato dal divieto regionale del turn over non è altrettanto idonea a conferire legittimità alle reiterate assunzioni a termine dei lavoratori.

Tribunale Lanusei sez. lav., 30/03/2021, n.27

Accordo quadro sul lavoro a termine

La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che, quando si è verificato un utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, ai sensi di tale disposizione, l’obbligo per il giudice del rinvio di effettuare, il più possibile, un’interpretazione e un’applicazione di tutte le pertinenti disposizioni del diritto interno, idonee a sanzionare debitamente tale abuso e ad eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, include la valutazione della questione se le disposizioni di una normativa nazionale anteriore, ancora in vigore, che consente di convertire in un contratto di lavoro a tempo indeterminato la successione di contratti a tempo determinato, possano, eventualmente, applicarsi ai fini di tale interpretazione conforme, sebbene disposizioni nazionali di natura costituzionale vietino in modo assoluto, nel settore pubblico, una siffatta conversione.

Corte giustizia UE sez. VII, 11/02/2021, n.760

Risarcimento danni

Nel lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del contratto a tempo determinato da parte di una P.A., il dipendente, che abbia subito l’illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti dell’indennità di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010; poiché il danno presunto, qualificabile come “danno comunitario”, non ha ad oggetto la nullità del termine dei singoli contratti bensì la loro abusiva reiterazione, in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE, sentenza 7 maggio 2018, in C-494/16, tale indennità va liquidata una sola volta e non in riferimento ad ogni contratto di cui venga accertata l’illegittimità.

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2021, n.2175

Precarizzazione del rapporto di impiego

Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, comma 5, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, e quindi nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8.

Tribunale Reggio Calabria sez. lav., 16/12/2020, n.1521

Abuso di contratti a termine nella scuola

Per il personale del comparto scuola, la natura tendenzialmente eccezionale dei contratti di lavoro a termine impone di ritenere che, a fronte di una reiterazione continuativa e di una durata notevole, il legislatore nazionale non abbia il potere di autorizzare ciò che a questo punto diventa un vero e proprio abuso di fatto, dovendosi ritenere che a questo punto la posizione lavorativa sia oggettivamente stabile.

Quindi l’illegittimità della reiterazione dei contratti di lavoro a termine comporta la declaratoria di nullità delle clausole di apposizione del termine finale e, per l’effetto, la condanna del Ministero al risarcimento di tutti i danni subiti, da quantificarsi eventualmente anche in via equitativa ai sensi dell’art. 36 dlgs. 165/01.

Tribunale Lucca sez. lav., 29/10/2020, n.396

Abuso di contratti a termine nel pubblico impiego: i diritti del dipendente

Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dall’art. 36, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, legge 4 novembre 2010, n. 183, e quindi nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 legge 15 luglio 1966, n. 604.

Corte appello Bari sez. lav., 07/01/2020, n.2326

Contratti a termine nell’istruzione pubblica e conversione in contratti a tempo indeterminato

Per effetto delle disposizioni che regolano l’assunzione dei lavoratori nel settore dell’istruzione pubblica viene assicurato ai lavoratori il bene della vita maggiormente prezioso, vale a dire lo stabile posto di lavoro e ciò senza necessità di sottoposizione ad ulteriori selezioni dall’esito incerto. Quest’ultimo rilievo (e, cioè, la possibilità dei lavoratori in questione di essere immessi in ruolo senza necessità di superare un concorso, come pure richiesto, in via generale e salvo eccezioni stabilite per legge, dall’art. 97 Cost.) vale largamente a compensare il “pregiudizio” costituito dalla decorrenza solo dal settembre 2015 dell’assunzione a tempo indeterminato per effetto della L. n. 107/2015. Il perfezionamento del sistema già in vigore da anni nel settore della scuola operato dal legislatore del 2015 consente dunque di escludere che le ripetute assunzioni a tempo determinato verificatesi prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 possano essere considerate illegittime perché disposte in esecuzione di una normativa confliggente con il diritto sovranazionale o con l’ordinamento costituzionale. Non è corretto, poi, pervenire a conclusione diversa sulla base della considerazione che, essendo i contratti stati conclusi prima dell’entrata in vigore della L. n. 107, la loro validità dovrebbe essere verificata senza prendere in considerazione la normativa recata da quella legge. In effetti, in base al modello delineato dal legislatore già prima della L. n. 107 del 2015, i docenti destinatari di assunzioni a termine erano destinatari del diritto ad essere assunti in pianta stabile man mano che si fossero rese disponibili le cattedre e, nel frattempo, continuavano ad essere utilizzati con incarichi di supplenza. Si trattava di un percorso, per così dire, “protetto”, proprio perché, da un lato, la chiusura definitiva delle graduatorie impediva che alle assunzioni a termine potessero aspirare anche soggetti che non avessero già lavorato a tempo determinato con l’Amministrazione e, dall’altro, era certo (anche se solamente nell’an, non pure nel quando) che sarebbero stati destinatari di una futura assunzione a tempo indeterminato. Peraltro, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto che l’incertezza circa il tempo in cui si sarebbe verificata l’assunzione in pianta stabile rendesse il sistema censurabile sotto il profilo dell’idoneità a costituire un efficace deterrente contro il ricorso abusivo alle assunzioni a tempo determinato.

Ma ormai tale segmento del sistema è stato modificato in maniera sicuramente idonea a soddisfare i requisiti di certezza pretesi dai giudici comunitari (è certa, perché inderogabilmente stabilita dalla legge, la data della decorrenza delle immissioni in ruolo); e ciò è avvenuto con efficacia per così dire “retroattiva”, poiché la “sanzione” dell’immissione in ruolo riguarda non i contratti a termine conclusi dopo l’entrata in vigore della legge che l’ha introdotta nell’ordinamento, bensì proprio i contratti a tempo determinato stipulati in epoca precedente.

Si può dunque concludere che, volendo accedere alla tesi secondo cui i contratti a termine succedutisi prima del 2015 nel settore della scuola fossero stati stipulati per far fronte ad esigenze permanenti della parte datoriale, l’ordinamento prevede, per quel supposto abuso, un rimedio conforme ai principi dettati dalla normativa comunitaria, vale a dire l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore (senza necessità del superamento di un concorso, come stabilito in generale per l’accesso ai pubblici uffici dall’art. 97 Cost.) con decorrenza giuridica dal settembre 2015.

Tribunale Foggia sez. lav., 02/12/2019, n.4961

Abuso di contratti a termine nel pubblico impiego

Nel sistema italiano vige il divieto di conversione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego nel caso si reiterazione abusiva del contratto a termine, ritenendo che in tal caso debba essere risarcito il danno prodotto al lavoratore, che può essere inteso quale danno da perdita di chance nel senso che, se la p.a. avesse operato legittimamente emanando un bando di concorso egli avrebbe potuto parteciparvi, e quindi danno da perdita di una migliore occupazione.

Circa la risarcibilità di tale danno, va escusa l’applicabilità delle norme in materia di licenziamento illegittimo, perchè in quel caso il danno è derivante dalla illegittima interruzione del rapporto di lavoro, mentre nel caso in questione non vi è un licenziamento in quanto il posto di lavoro a tempo indeterminato non è mai stato ottenuto dal lavoratore; ritiene, invece, che possa essere utilizzato quale parametro per il risarcimento quello previsto dall’art. 32, comma 5, del D.Lgs. n. 183/2010, secondo cui il giudice condanna al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Tale misura risarcitoria, mentre nel settore privato, dove è conseguente alla conversione del contratto di lavoro, funge da limite al danno risarcibile, nel pubblico impiego invece essa agevola l’onere probatorio del lavoratore, nel senso che quest’ultimo non deve provare l’ammontare esatto del danno subito a causa della reiterata stipulazione di contratti a termine, non escludendosi tuttavia che egli possa provare di aver subito un danno maggiore.

Tribunale Trani sez. lav., 15/03/2018, n.586

L’indennità risarcitoria onnicomprensiva

In tema di uso o abuso dei contratti a tempo determinato nel pubblico impiego, nel sistema italiano vige il divieto di conversione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego nel caso si reiterazione abusiva del contratto a termine, ritenendo che in tal caso debba essere risarcito il danno prodotto al lavoratore, che può essere inteso quale danno da perdita di chance nel senso che, se la P.A. avesse operato legittimamente emanando un bando di concorso egli avrebbe potuto parteciparvi, e quindi danno da perdita di una migliore occupazione.

Circa la risarcibilità di tale danno, va esclusa l’applicabilità delle norme in materia di licenziamento illegittimo, perché in quel caso il danno è derivante dalla illegittima interruzione del rapporto di lavoro, mentre nel caso in questione non vi è un licenziamento in quanto il posto di lavoro a tempo indeterminato non è mai stato ottenuto dal lavoratore; ritiene, invece, che possa essere utilizzato quale parametro per il risarcimento quello previsto dall’art. 32, comma 5, del D.Lgs. n. 183 del 2010, secondo cui il giudice condanna al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Tribunale Trani sez. lav., 01/03/2018, n.460

Abuso dell’utilizzo del contratto a termine: cosa comporta?

Nel lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del contratto a tempo determinato da parte di una P.A., il dipendente, che abbia subito l’illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato di cui all’art. 36 del D. Lgs. n. 165 del 2001, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, della L. n. 183 del 2010 e, quindi, nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 8 della L. n. 604 del 1966.

Tribunale Bari sez. lav., 01/02/2018, n.6052

Illegittimità del contratto a termine

Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dall’art. 36, comma 5, D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, legge 4 novembre 2010, n. 183, e quindi nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 legge 15 luglio 1966, n. 604.

Corte appello Bari sez. lav., 14/11/2017, n.2554

La stabilizzazione del lavoratore

Nel caso in cui la Pubblica Amministrazione violi le disposizioni imperative riguardanti l’assunzione ricorrendo in modo abusivo al contratto a tempo determinato il lavoratore non potrà ottenere la conversione del rapporto ma solo un risarcimento del “danno da perdita di chance” inteso quale perdita della possibilità di reperire una occupazione alternativa migliore. Ove, però, nelle more del giudizio, il lavoratore dovesse ottenere la stabilizzazione del suo rapporto non potrà ritenersi sussistente alcun danno da risarcire in termini di perdita di chance.

Corte appello Genova sez. lav., 20/01/2017, n.16

Successione di contratti a termine e intento fraudolento

L’indicazione della durata contrattuale con la formula “max giorni …” non viola la norma di cui all’art. 332, n. 4, c. nav., ma, pur in presenza di una norma astrattamente idonea a prevenire l’abuso, non può escludersi in concreto che possa ritenersi configurabile, nel ricorso al contratto a termine, un comportamento in frode alla legge sanzionabile ex art. 1344 c.c. Tale intento fraudolento va escluso quindi tenuto conto della sporadicità degli incarichi, della breve durata e dell’ampio lasso di tempo intercorso fra la conclusione di ciascuno di essi e la stipula del successivo.

L’arco temporale complessivo in cui si siano succeduti i contratti, con intervallo superiore a sessanta giorni tra una assunzione e l’altra, è manifestazione della mancanza di una valida programmazione dell’attività da parte del datore di lavoro con l’intento di frantumare un unico reale rapporto in plurimi contratti a tempo determinato.

Corte appello Messina sez. lav., 27/03/2015, n.108

Contratto a termine prorogato in vista della stabilizzazione

A seguito della pronuncia (n. 42/2011) di illegittimità costituzionale dell’art. 3 co. 40° della L.R. Puglia 2007/40, il ricorso al contratto a termine, prorogato proprio in vista della c.d. stabilizzazione, non ha costituito un abuso commesso nei confronti della ricorrente, ma un beneficio concessole dalla citata normativa regionale: procedure selettive riservate, che riducano irragionevolmente o escludano la possibilità di accesso dall’esterno, violano il “carattere pubblico” del concorso e, conseguentemente, i principi di imparzialità e buon andamento, che esso assicura.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 ha sicuramente riconosciuto la praticabilità del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico, valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva: nello stesso tempo ha però segnato una innegabile e chiara differenza tra il lavoro pubblico e il lavoro privato per quanto attiene al contratto a termine, sì da configurasi come norma speciale, – volta in quanto tale ad escludere la conversione in contratto a tempo indeterminato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 – in ragione di un proprio e specifico regime sanzionatorio, configurandosi, pertanto, come alternativo a quello disciplinato dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5. Si aggiunga che se l’art. 10 al co. 4 D.Lgs. 2001/368 fissa in cinque anni il limite temporale massimo di durata dei contratti a termine con i dirigenti, dispone che tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione dello stesso decreto legislativo, salvo per quanto concerne le previsioni di cui agli articoli da 6 a 8.

Tribunale Foggia sez. lav., 23/01/2014, n.729

Abuso dei contratti a termine e misure sanzionatone

Con riferimento ai contratti a termine nel settore scuola, qualora la Corte ritenga che le norme nazionali di detto settore non configurino una misura equivalente per la prevenzione degli abusi ai sensi della clausola 5 direttiva 1999/70/Ce occorre porre alla Corte di giustizia europea i seguenti ulteriori quesiti.

Dato atto che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, in ipotesi di abuso dei contratti a termine è possibile prevedere misure sanzionatone diverse per il settore pubblico e privato, cosa debba intendersi per settore pubblico.

Dato atto che secondo altre fonti comunitarie di diritto derivato (direttiva 2000/78 Ce e direttiva 2006/54 Ce) le modalità di cessazione del rapporto rientrano tra le “condizioni di impiego”, se il divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato di cui alla clausola 4 della direttiva 1999/70 non comporti che le conseguenze della cessazione della prestazione per gli uni e per gli altri (e dunque le conseguenze del licenziamento illegittimo o della cessazione del rapporto per scadenza di un termine illegittimo) debbano essere le medesime.

Appurato che in un precedente giudizio avanti la Corte di giustizia lo Stato italiano ha prospettato alla Corte una ricostruzione del diritto interno non rispondente al vero inducendola con ciò a decidere nel senso della conformità alla direttiva, se il Giudice, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno egualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Ue, sia tenuto a interpretare il diritto interno, ove possibile, conformemente alla interpretazione offerta dallo Stato.

Se tra le informazioni essenziali del contratto o del rapporto di lavoro che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore mediante il documento di assunzione ai sensi della direttiva 91/533/Cee rientrino anche le ipotesi in cui un contratto a termine si può trasformare in contratto a tempo indeterminato; e se, in caso di risposta positiva, una modifica con efficacia retroattiva del quadro normativo che (come quella di cui all’art. 4 bis d.lg. 6 settembre 2001 n. 368) non garantisca il rispetto delle condizioni indicate nel documento di assunzione debba ritenersi in contrasto con la direttiva 91/533.

Tribunale Napoli, 15/01/2013

Reiterazione dei contratti a termine nel sistema scolastico

Nella reiterazione dei contratti a termine nel sistema scolastico non è configurabile quell’abuso di diritto ritenuto sanzionabile dalla direttiva e dalla giurisprudenza comunitaria, in quanto le ragioni che stanno alla base dei contratti a termine assumono un’oggettiva portata per riguardare situazioni fattuali rispetto alle quali non è lasciata alcuna discrezionalità alle autorità scolastiche, le quali non possono esimersi dall’individuare i soggetti destinatari di tali contratti nel rispetto della normativa regolante la materia; per cui non essendo configurabile alcun abuso del contratto a termine, va esclusa la possibilità di far luogo alla conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro degli insegnanti, conversione che, nell’ambito del lavoro privato, consegue alla ritenuta nullità del termine apposto, in base ai principi generali in materia di nullità parziale e di eterointegrazione della fonte contrattuale, ostandosi l’art. 36, comma 6, d.lg. 165/2001.

Tribunale Trieste sez. lav., 03/10/2012

Continua ripetizione dei contratti a termine

Il contratto a tempo indeterminato rimane il tipo contrattuale “generale” dell’ordinamento italiano a cui può far deroga lo “speciale” contratto a tempo determinato, ma a determinate e precise condizioni. Dinanzi ad una continua ripetizione di contratti a termine, tutti volti a coprire carenze di personale in assenza di qualsiasi concorso o assunzioni regolari, l’unico punto realmente controverso risulta essere la sanzione applicabile.

L’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, che esclude la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato in caso di violazione di norme imperative, essendo precedente all’emanazione del d.lgs. n. 368/2001, che ridisegna la disciplina del contratto a termine, potrebbe essere ritenuto implicitamente abrogato. Poiché tutta la normativa va letta alla luce del rispetto dell’ordinamento comunitario, che in caso di abuso nella reiterazione dei contratti a termine individua nella effettività e dissuasività le caratteristiche per valutare la sanzione applicabile, anche al lavoratore pubblico deve essere riconosciuta la conversione del rapporto di lavoro.

Tribunale Livorno, 26/11/2010

Abuso del contratto a termine: quando non sussiste?

In tema di rapporto di lavoro del personale docente delle scuole, è legittima la reiterazione di più contratti a tempo determinato, in quanto la normativa di settore ha carattere speciale rispetto a quella generale del d. lgs. n. 165 del 2001 e del d. lgs. n. 368 del 2001 e la successione di più assunzioni temporanee non può ritenersi un abuso nell’utilizzazione del contratto a termine secondo le indicazioni dell’ordinamento europeo.

Tribunale Vicenza sez. lav., 13/09/2010

Abuso di contratti a termine: l’adeguatezza della sanzione

Le norme “speciali” dettate per le particolari esigenze del comparto Scuola non possono considerarsi deroghe efficaci alle regole “generali” relative al rapporto a tempo determinato di cui al d.lgs. 368/2001, come richiamato dal d.lgs. 165/2001, nell’interpretazione coerente con il diritto comunitario. Il ricorso sistematico al contratto a termine con una sequenza reiterata operata dal Ministero della pubblica istruzione deve pertanto ritenersi illegittimo. Pur tuttavia, la sanzione nell’ipotesi di abuso del contratto a termine non può essere la conversione dei rapporti di lavoro, bensì il risarcimento del danno, come stabilito dall’art. 36 del d.lgs. 165/2001.

L’art. 36 del d.lgs. 165/2001, secondo l’orientamento della Corte di Giustizia, non può considerarsi di per sé in contrasto con la direttiva 99/70/CE sui contratti a termine. Il contrasto, tuttavia, si configurerebbe nel caso in cui la sanzione prevista dall’ordinamento interno sia ritenuta inadeguata. Tale sarebbe una sanzione che non costituisse un deterrente sufficiente a dissuadere la pubblica amministrazione a stipulare contratti a termine sequenziali, di fatto utilizzandoli per instaurare un vero e proprio rapporto a tempo indeterminato. La valutazione in ordine all’adeguatezza della sanzione viene rimessa dalla Corte di Giustizia al giudice nazionale.

Corte appello Brescia, 08/07/2010, n.370

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Pubblicato : 11 Ottobre 2022 05:00